Cara Quaresima,
quest’anno, anziché parlare di te, ho deciso di parlare direttamente con te. E, per farlo, ho scelto una foto del Deserto rosso di Dubai, che un amico mi ha inviato l’anno scorso. Apparentemente la foto mostra qualcosa di arido, inabitato che a molti sembrerebbe quasi spettrale. Ma è proprio tutto questo, che mi induce a leggervi uno spazio simbolico dove entrare e cercare di trovare le coordinate della mia esistenza, per un vero rinnovamento spirituale che mi conduce alla Pasqua del Signore Gesù.
Il deserto è il luogo dell’essenziale, non ha bisogno di un grande bagaglio per soggiornarvi, anzi – per la fatica di dover camminare – richiede qualcosa di leggero e poco ingombrante. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di essenzialità. “Abbiamo bisogno di tornare all’essenziale, di non smarrirci in tante cose secondarie, con il rischio di perdere di vista la purezza semplice del Vangelo” (Papa Francesco, 18 Maggio 2022).
Il deserto è il luogo del silenzio. Per noi parolai, il silenzio è inquietante. Siamo chiamati, invece, a riscoprire il valore del silenzio. “Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo” (Paolo VI, discorso a Nazareth, 5.1.1964). Il silenzio è la prerogativa fondamentale per metterci in ascolto di Dio che, conducendoci nel deserto, parla al nostro cuore (Os 2,16).
Il deserto è scuola di preghiera. Non è necessario andare negli Emirati arabi, per entrare nel deserto. Occorre crearlo – come scriveva qualche decennio fa Carlo Carretto – nelle nostre Città. E, come ci suggerisce Gesù, “entrando nella nostra stanza, nel nostro segreto” (Mt 6,6).
Il deserto è il luogo della prova. “Il tentatore è subdolo: non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i bisogni primari. In questo modo, Dio diventa secondario, si riduce a un mezzo, in definitiva diventa irreale, non conta più, svanisce. In ultima analisi, nelle tentazioni è in gioco la fede, perché è in gioco Dio. Nei momenti decisivi della vita, ma, a ben vedere, in ogni momento, siamo di fronte a un bivio: vogliamo seguire l’io o Dio?” (Benedetto XVI, Angelus, 17.2.2013). Un duro combattimento quotidiano che siamo chiamati a vincere, non fidandoci delle nostre forze, ma della Grazia che viene dall’Alto.
Il deserto è il luogo della felicità. “Da soli davanti a questo deserto accecante, avvertiamo una sensazione che non può che essere felicità, e pienezza, perché questo siamo: un tutt’uno con la terra che ci ha partoriti. E stare qui in silenzio davanti al nulla è arrivare vicinissimi alla sensazione di essere parte di un tutto che non ha bisogno regole. Che non richiede null’altro che la nostra intima disponibilità per essere percepito. E goduto.“ (Antonella Baccaro).
Ecco, cara Quaresima, come vorrei vivere i tuoi santi giorni. Più che il digiuno di cibo (che il più delle volte aiuta la dieta, anziché la mortificazione), vorrei digiunare da ciò che mi impedisce di essere essenziale e mi rende frenetico, triste e scontento. Vorrei che fosse un tempo permeato di un silenzio orante. Un silenzio che mi faccia mettere in ascolto di Dio e della storia, in un dialogo costante con Lui. Vorrei che fossero giorni di lotta per vincere quella malsana convinzione che mi sono costruito di superuomo superbo e orgoglioso e, invece, scoprirmi piccolo, debole e bisognoso.
Prendimi per mano, sorella carissima, inoltrami nel deserto e mostrami, sin da oggi, quello che la foto non mostra. Cioè “l’oltre”, ovvero il mattino luminoso di Pasqua a cui tu conduci, dopo averci fatto camminare in questo luogo.
“O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia. A te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua” (Sl 62,2).
Don Roberto Strano