Anche noi, nella nostra piccolezza, capimmo subito, quella sera del 13 marzo di quattro anni fa, che c’era qualcosa di diverso in quel Papa, appena eletto, che veniva “dalla fine del mondo”.
Già il modo di presentarsi non era quello usuale per un nuovo Papa: non portava la mantellina rossa e la stola damascata, ma solo la talare bianca; e quella semplice croce pettorale scura, quasi nera (forse di bronzo), che risaltava sul bianco della veste, non era certo quella d’oro e tempestata di pietre preziose preparata per l’occasione. E poi quel nome, Francesco, usato per la prima volta da un Papa. Ma fu quando aprì bocca per parlare, che tutti avvertirono uno stile diverso nel modo di rapportarsi con i fedeli e con il mondo intero: nessun Papa si era mai rivolto al popolo dicendo “buonasera”. E nessun Papa, prima di impartire la benedizione, aveva mai chiesto, in precedenza, di pregare perché Dio benedicesse lui: una situazione assolutamente inedita, imprevista, che aveva fatto scendere il silenzio sulla piazza San Pietro piena di gente fino all’inverosimile, perché tutti, in silenzio, avevano pregato per lui, ma lo avevano sicuramente fatto anche tutti quelli che, in tutto il mondo, stavano seguendo attraverso la televisione.
Era un Papa che riuniva in sé vari primati, a cominciare dal nome scelto; ma era anche il primo Papa proveniente dal continente americano, il primo gesuita, il primo – a memoria d’uomo – che conviveva con il suo predecessore. Ma i primati non si sono fermati là, perché ha da subito manifestato uno stile di vita molto semplice e spartano, come il rifiuto di utilizzare l’alloggio pontificio per restare nella Casa Santa Marta dove aveva alloggiato durante il Conclave, con ciò replicando quello che aveva già fatto a Bienos Aires (la sua sede vescovile), dove aveva rifiutato l’alloggio a lui riservato in curia per andare ad abitare in una residenza più semplice in un quartiere popolare. E che dire delle sue uscite con un’auto anonima, senza scorta, per andare dall’oculista o dal calzolaio, e in chi sa quali altri posti in incognito.
Questo stile molto semplice, confidenziale, nel rapportarsi con gli altri, ha cominciato ad emergere in maniera molto evidente in occasione della sua visita a Lampedusa, quattro mesi dopo la sua elezione, l’8 luglio 2013. Niente sfarzo, niente autorità (c’erano solo il sindaco ed il prefetto, oltre al vescovo di Agrigento), ma c’erano tutti gli immigrati, con cui si è a lungo intrattenuto. E la messa l’ha celebrata all’aperto, su un altare ricavato da una vecchia barca naufragata.
In questi quattro anni trascorsi con Papa Francesco, i segni “nuovi” di attenzione ai miseri, agli umili, ai sofferenti, agli emarginati, ai derelitti, sono all’ordine del giorno, ma continuano a sorprenderci ed a stupirci, perché, anche se a Lampedusa Papa Francesco condannò la “globalizzazione dell’indifferenza”, l’indifferenza e l’assuefazione continuano a far parte della nostra vita di tutti i giorni. Ed è proprio su questo che Papa Francesco è riuscito ad incidere fortemente, anche creando malumori e insofferenze, ed è per questo che continua a sorprenderci giorno dopo giorno, con il suo sorriso, con il suo fare bonario ma deciso, con i suoi richiami continui al Vangelo ed alla vita di Gesù.
Ed oggi, quarto anniversario della sua elezione, vogliamo unire, alle tante autorevoli che oggi si sono levate, anche la nostra piccola voce, di un semplice cronista dilettante, di una semplice testata locale, per complimentarci e ringraziare Papa Francesco per il suo operato di questi quattro anni di pontificato e per augurargli di poter continuare per tanto tempo ancora in questa sua opera di costante presenza e di continuo intervento in tutte le situazioni del mondo in cui c’è da valorizzare la dignità umana e la dignità del creato, sempre con il Vangelo in mano come se fosse il cellulare, come ha detto lui stesso durante l’Angelus del 5 marzo scorso.
Nino De Maria