I primi giochi olimpionici in Sudamerica (che inizieranno a Rio de Janeiro in Brasile il 5 agosto e si concluderanno il 23), oltre a vestire i colori del Brasile sono macchiati da casse vuote, costi lievitati per impianti e villaggi sportivi, potenziamento per l’anti-terrorismo, insicurezza degli impianti e dal rischio di contagio del virus Zika. Insomma, la situazione non è una “samba”. Lo slogan “Rio, un mondo nuovo” posizionato un po’ ovunque in una metropoli già militarizzata da 85mila forze dell’ordine (due volte quelle di Londra) fa a pugni con il disagio sociale che da sempre attanaglia la città dove la maggioranza della popolazione vive nelle favelas e su cui, a partire dal 2015, si scagliò la furia cieca della polizia per ripulire la città in vista proprio delle imminenti Olimpiadi, uccidendo tramite esecuzioni sommarie bambini inermi. Su questi fatti il Comitato per i diritti dell’infanzia dell’Onu lanciò un durissimo attacco condannando e denunciando le autorità poliziesche di Rio. Oggi, a distanza di poco meno di una settimana dall’apertura, i nodi sembrano venire al pettine. La gente si chiede quanto siano sicuri gli impianti dopo il crollo della ciclovia a Vidigal e le conseguenze giudiziarie della tangentopoli scaturita dallo scandalo Lava Jato il 17 marzo 2014, che rimane tutt’oggi la più grande operazione anti-corruzione in Brasile. Se diamo uno sguardo ai numeri di Rio 2016, si noterà un forte discrasia tra sprechi, povertà, ritardi. Nel 2009 quando vennero assegnati i giochi a Rio i costi previsti ammontavano a 4,2 miliardi: oggi le spese superano i 7,4 miliardi. Su parte dei finanziamenti stanziati il 75% di essi sono stati intercettati dalle imprese edili coinvolte nello scandalo Lava Jato. Nonostante gli sforzi per portare sicurezza nelle favelas, nella città insistono numerose guerre tra bande della criminalità locale e continuano (pare) azioni di pulizia sommaria di bambini eseguite dalla polizia. E poi, l’ambizioso quanto necessario obiettivo della fame zero è diventato oramai un miraggio: la crescita economica si è arenata già nel 2014 e oggi il Brasile è entrato in recessione. Beh, proprio un mondo nuovo non è. Speriamo almeno che gli occhi del mondo vedranno e ammireranno del sano sport, nonostante tutto. E speriamo ancor di più che in questo angolo di mondo già martoriato non si abbatta l’orrore jihadista.
Domenico Strano