Racconti d’estate per “La Voce”. 4^ puntata: La famiglia dei Toscani

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Il nostro quarto racconto estivo ci fa conoscere la storia di una famiglia particolare. Buona lettura!

famiglia_6In un piccolo centro della Sicilia, arrivò un giorno un professore di origine toscana, che era voluto tornare alle sue origini, perché i suoi nonni erano siciliani. Senza far tanto caso a come effettivamente egli si chiamasse, tutti cominciarono a chiamarlo, in paese, il “Toscano”, appellativo che venne quasi subito tramutato in “Toscanaccio”, per via del fatto che egli amava fumare sigari toscani, impestando con il loro fumo ed il loro odore tutti i luoghi in cui si trovava, ed inoltre perché aveva un carattere piuttosto scorbutico. La moglie invece, con cui si era sposato da poco, era una giovane bella, simpatica, gentile e cordiale con tutti. I paesani la chiamavano, per analogia, la “Toscana”, semplicemente così.

A scuola però il “Toscanaccio”, nonostante i suoi sigari puzzolenti (che a scuola non poteva naturalmente fumare) e nonostante il suo caratteraccio, era un bravissimo docente di italiano e latino, preparato, che sapeva come insegnare e far apprezzare le sue materie, e che sapeva anche come trattare gli alunni. Ed infatti i suoi allievi nutrivano molta stima nei suoi confronti.

Dopo circa un anno dal suo arrivo in paese, la moglie diede alla luce un bambino, un bel maschietto. Non si sa come lo abbiano chiamato, ma tutti, in paese, lo chiamarono subito il “Toscanino”. Passato qualche anno ancora, la coppia ebbe un altro figlio, un altro maschio, e questo diventò il “Toscanello”. I due bimbi crescevano tranquillamente e senza nessun problema, anzi, da quando era diventato papà, anche il professore aveva un po’ mitigato il suo carattere.

Quando il “Toscanino” aveva già cominciato ad andare a scuola, si sparse la voce in paese che la moglie del “Toscanaccio”, la “Toscana”, aspettava un terzo figlio. Stavolta tutti erano pronti a scommettere che sarebbe nata una femmina, ed avevano già pronto anche il soprannome. Pure i genitori, sicuramente, ci speravano, ma anche stavolta nacque un maschio. Come chiamarlo adesso, quando tutti erano pronti ad accogliere una “Toscanina”? Presto detto: il “Toscanotto”.

E così, man mano che i tre figli crescevano, la famiglia dei Toscani, quando usciva di casa compatta, sembrava una scala: per primo usciva il “Toscanaccio”, poi si metteva alla sua destra la moglie, la “Toscana”, e successivamente, a scalare, il “Toscanino”, il “Toscanello” e infine il “Toscanotto”.

Il tempo passava e i figli crescevano e si facevano sempre più alti, ma almeno una volta la settimana, la domenica per andare a messa, la famiglia dei Toscani usciva tutta insieme, con i componenti sempre nello stesso ordine scalare, ed anche in chiesa si sedevano tutti in un banco, e sempre in quell’ordine.

* * * * *

Erano trascorsi più di trent’anni dall’arrivo della famiglia dei Toscani in paese. Il professore, il “Toscanaccio”, era ormai andato in pensione e non fumava più tanti sigari toscani come una volta, i figli si erano fatti grandi, si erano laureati e avevano intrapreso varie attività lavorative, ma erano rimasti tutti a vivere nella stessa casa insieme con i loro genitori, e nonostante il tempo trascorso, avevano mantenuto inalterata l’abitudine di uscire tutti insieme per andare a messa la domenica. “Toscanino”, “Toscanello” e “Toscanotto” erano ora più alti dei loro genitori, ma la loro crescita in altezza era stata inversamente proporzionale alla loro età, per cui il più giovane dei fratelli era anche il più alto dei tre. Invece il professore, con gli acciacchi dell’età, si era un tantino incurvito e appesantito, e per camminare si faceva sostenere dalla moglie, che per questo motivo non camminava più alla sua destra, ma alla sua sinistra. Pertanto adesso l’ordine di marcia cominciava dalla moglie, la “Toscana”, proseguiva con il “Toscanaccio” e andava avanti con i figli sempre in ordine d’età, ma la scala adesso non andava più a scendere, ma a salire, dal momento che adesso il “Toscanotto” era il più alto della famiglia.

Ed anche in chiesa, sempre seduti tutti insieme nello stesso banco, mantenevano l’ordine scalare, ma dal più basso al più alto.

Nino De Maria

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