Racconti / Inedito_11: La principessa Valentina (1^ parte)

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Una fiaba classica rivista in chiave moderna.

La principessa Valentina Valeria aveva deciso che il 14 febbraio, giorno di San Valentino, in cui ella faceva l’onomastico, ma anche il compleanno, avrebbe scelto il suo principe azzurro. E così, come regalo per il suo sedicesimo compleanno, chiese a suo padre, Re del piccolo regno di Valentinopoli, di organizzarle una magnifica festa, a cui invitare tutti i principi ed i nobili dei paesi vicini.

         Partirono così i messaggeri del Re alla volta di tutti i castelli ed i palazzi nobiliari del circondario per recapitare gli inviti per la festa di compleanno della principessa Valentina Valeria. Il giorno della festa, tutti gli invitati si presentarono puntualmente al palazzo del Re, indossando i loro migliori jeans (alcuni vistosamente sdruciti o rattoppati secondo l’ultima moda) e le felpe più fantasiose che si potessero trovare sulle bancarelle o nei negozi cinesi dei vicoletti delle loro città d’origine. La principessa Valentina Valeria, da parte sua, dopo essersi fatta attendere per un bel po’ di tempo come si conviene alla persone importanti, fece il suo ingresso nel salone delle feste sfoggiando una meravigliosa minigonna color fucsia sopra un paio di calze nere a rete e degli stivaletti verdi di camoscio a mezza gamba, ed un favoloso giubbotto di pile color panna metallizzato con zip rossa su cui spiccava una scritta dorata che diceva “Miss Piru”. “Piru” era infatti il soprannome con cui veniva comunemente chiamata dal popolo la famiglia reale, a cominciare dal Re in persona, che era da tutti inteso confidenzialmente ed affettuosamente “Mpari Piru”. Questo stupendo e regale abbigliamento metteva in risalto tutto lo splendore dei sedici anni della principessa Valentina Valeria, unitamente ai suoi occhi scuri e profondi, ai suoi denti bianchissimi sempre visibili per il meraviglioso sorriso che le illuminava costantemente il viso ed ai capelli neri ondulati che le ricadevano amabilmente ai lati della faccia, trattenuti sul capo da una fascia elastica rossa su cui era riprodotto lo stemma reale. Inoltre ella sfoggiava due splendidi orecchini a goccia d’oro bianco ed una stupenda stellina di diamante nel secondo buco dell’orecchio destro che si era appena fatta fare. Alla vista della principessa, tutti quei ragazzotti dal sangue blu rimasero estasiati, e non poterono fare a meno di manifestare la loro ammirazione con degli “oooooooooh” di meraviglia e con dei sonori fischi di apprezzamento.

         Con l’accompagnamento del complessino rock che animava la festa, la principessa, accompagnata dalle sue migliori amiche, si scatenò nelle danze più sfrenate insieme con i suoi invitati, ed al momento del buffet ci fu il parapiglia perché tutti erano impazienti di assaggiare le specialità della casa reale approntate per l’occasione. Tutti urlavano per la gioia e si spingevano l’un l’altro per l’istinto irrefrenabile di gustare le varie prelibatezze di cui traboccavano le tavole imbandite. Ci fu anche chi si infilò sotto i tavoli per potere arraffare interi vassoi di pizzette, paté e bombette, oppure si vide qualcuno che non sapendo più dove mettersi le tartine che si era accaparrato, se le infilò nella felpa, nei jeans, negli stivaletti ed in tutti i buchi disponibili che aveva addosso, compresi quelli del naso e delle orecchie. In quel clima di godimento generale, furono anche rovesciati alcuni tavoli ricolmi di piatti e vassoi e mandati a gambe all’aria numerosi impassibili camerieri. Per non parlare di quello che successe con le bevande, dal momento che aranciate, sprite  e coca-cola arrivarono dappertutto: sui pavimenti, sugli specchi, sui divani, addosso ai suonatori, e perfino sui baffi del Re e sulla parrucca della Regina. Alla fine tutti i presenti erano unti come tanti maialini e inzuppati come pulcini. Al colmo della gioia per l’ottima riuscita della festa, la principessa Valentina Valeria fece portare infine una grandiosa torta che misurava un paio di metri di diametro, ma prima ancora che potesse soffiare sulle sedici candeline per spegnerle, prese un grande scivolone per via di tutta l’aranciata e la coca-cola che c’erano sparse sul pavimento ed andò ad atterrare in pieno, lunga lunga distesa, proprio sulla torta, riempiendosi di crema e di panna dalla testa ai piedi. A quel punto, in segno d’allegria e per non fare uno sgarbo alla principessa, tutti gli invitati cominciarono a tirarsi addosso pezzi di torta, in modo da potere essere anche loro coperti di crema e panna come lei.

         Tra tutte queste belle cose che avevano animato la festa, mentre le amiche della principessa si davano da fare per accaparrarsi il ragazzo di loro gradimento dando fondo a tutte le loro arti seduttorie per farsi corteggiare, Valentina Valeria aveva cercato di conoscere meglio tutti i suoi invitati allo scopo, come si era prefissa, di scegliere il suo principe azzurro, ma nessuno dei nobili presenti aveva suscitato in lei alcuna particolare emozione.

         Poiché la principessa Valentina Valeria era ancora minorenne, il Re suo padre aveva preteso che la festa non andasse oltre la mezzanotte, e così, allo scoccare dell’ora fatidica, la musica aveva smesso di suonare e la principessa, seguita a malincuore dalle sue amiche, si era ritirata, stanca ma felice e desiderosa, prima di andare a letto, di farsi una bella doccia ed un magnifico shampoo per liberarsi di tutte le porcherie che le erano rimaste attaccate addosso. Gli ospiti erano stati quindi invitati ad andarsene pure loro, ed i più riottosi erano stati buttati fuori a calci nel sedere dalle guardie del Re. Nella confusione che ne era derivata, qualcuno aveva pure perso qualche scarpa, e le guardie le avevano coscienziosamente conservate tutte in una cassa metallica a tenuta stagna per preservarne i meravigliosi odori che esse emanavano.

         L’indomani, dopo una bella e lunga dormita, la principessa Valentina Valeria, verso mezzogiorno, finalmente si svegliò, stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente. Fece colazione con gli avanzi della sera precedente, visto che comunque, nonostante tutto e nonostante il robusto appetito degli invitati, qualche cosa era rimasta, anzi era rimasta tantissima roba, perché suo padre aveva fatto male i calcoli ed aveva fatto preparare cibi e bevande in quantità più che doppia rispetto al fabbisogno. Dopo volle andare a dare un’occhiata al salone in cui si era svolta la festa del suo compleanno, e dove l’impresa di pulizie stava ancora lavorando per rimettere tutto in ordine. In un angolo vide la cassa dove le guardie avevano conservato le scarpe perse dagli invitati e, spinta dalla curiosità, volle aprirla. Appena la aprì, ebbe come un mancamento per il forte aroma che ne fuoriuscì, ma subito dopo, coprendosi il naso con un fazzolettino, riuscì a vederne il contenuto: c’erano una decina di calzature delle più svariate fogge, dagli stivaletti a punta con borchie metalliche alle Nike, Freddy e Adidas più moderne e fantasiose, ma tutte rigorosamente spaiate e di misure enormi, dalla 44 in su. In fondo alla cassa c’era pure una scarpa di pelle e cuoio, di foggia classica e di misura più piccola rispetto alle altre (sarà stata una 40), che attirò l’attenzione della principessa. Era un tipo di scarpa che non si vedeva più tanto facilmente in giro, specie tra i giovani. Valentina Valeria cercò di ricordare chi potesse essere il proprietario di quella scarpa tra i presenti alla festa del giorno prima, ma non le venne in mente nessuno in particolare.

         Nei giorni seguenti, si presentarono ad uno ad uno i vari principi e nobili che avevano partecipato alla festa, accompagnati dai loro servitori, per pretendere la restituzione delle scarpe smarrite. Erano tutti inviperiti perché sostenevano di essere stati trattati malissimo, di avere subìto un grave danno alla loro immagine, di non avere ricevuto l’accoglienza che si conveniva al loro rango, e simili amenità. Inoltre dichiararono tutti che non avrebbero mai più rimesso piede in quel posto, anche perché la principessina Valentina Valeria non era poi la gran bellezza che se ne diceva e non era per niente simpatica e cordiale. Dapprima la principessa ci restò un po’ male, ma poi se ne fece una ragione, perché con il loro modo di comportarsi tutti quei nobili signori avevano dimostrato la loro tirchieria e pidocchiosità, poiché in fondo le scarpe che avevano perso non erano poi così preziose e costose come essi affermavano nel chiederne la restituzione. Inoltre avevano dimostrato anche il loro grado di buona educazione e di conoscenza delle buone maniere (ma tutto ciò si era già visto ampiamente pure durante la festa), e tutta la loro alterigia, tipica dei figli di papà viziati e pieni di sé.

         Così a poco a poco la scatola delle scarpe si svuotò, finché rimase in fondo solo quella in pelle e cuoio di foggia classica, che nessuno era venuto a richiedere. Valentina Valeria la prese in mano più volte girandola e rigirandola, nella speranza di riuscire a collegarla ad un paio di piedi e, naturalmente, ad un corpo e ad una faccia. Ma non c’era nulla da fare, non le veniva in mente assolutamente nulla. (Continua)

Nino De Maria

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