Racconti / Inedito_17: Il prode Micheletto, re del pedale e del fischietto (2^ parte)

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Una storia fantastica, ispirata ad un personaggio vero.

         (Continuazione 2) Al mare Micheletto si rilassava completamente, perché si dedicava al riposo, alle sue letture preferite (La Gazzetta dello Sport), alle passeggiate in bicicletta… ed alla sua seconda passione: fischiare il più forte possibile dovunque fosse. Il suo fischio modulato e cadenzato – fììììì, fifììììì, fifì-fifì-fifììììì – si poteva sentire in tutto il paese, anzi faceva da segnale per annunciare a tutti il suo arrivo in paese. Ed ogni volta che Micheletto stava arrivando in un posto, prima si sentiva il suo fischio – fììììì, fifììììì, fifì-fifì-fifììììì – e poi si intravedeva la sua pancia. Nel tardo pomeriggio poi, prima di scendere in strada o di andare al mare, si affacciava dal balcone e faceva un piccolo concertino per richiamare gli amici.

Micheletto infatti andava a fare il bagno in mare tutti giorni in tarda mattinata e nel pomeriggio (quando non era fuori con la bicicletta). Per scendere in acqua, utilizzava una piattaforma in legno montata sulla riva del mare, fornita di scaletta, sedili e tettoia incannucciata, volgarmente detta “passerella”. Qui dopo il bagno, una lunga nuotata e, talvolta, pure qualche palleggio in acqua (ricordando i suoi gloriosi trascorsi di giocatore di pallanuoto), si intratteneva con gli amici che frequentavano la stessa  località di mare e che ogni estate ritrovava puntualmente. C’era l’avvocato, il medico, il vecchio compagno di scuola, l’imprenditore romano che tornava in Sicilia per le vacanze estive, il bancario, il pensionato, l’impiegato, il funzionario di una grossa azienda petrolifera, il professore, l’artista, il commerciante, e tanti altri ancora… Ciascuno con mogli, figli e nipoti al seguito, che di anno in anno variavano di numero, sia perché i figli e i nipoti aumentavano o diminuivano a seconda dell’età (qualche bimbo andava nascendo tra un’estate e l’altra o qualche figlio più grande si sposava e partiva per altri lidi), sia perché anche le mogli e le compagne a volte arrivavano, se ne andavano o cambiavano.

Micheletto si intratteneva amabilmente con loro chiacchierando, sparando fesserie (tipica quella dell’una e mezza), fischiando e… suonando la pancia. Già, perché il suo ventre ampio e turgido, che egli aveva a portata di mano quando si trovava in costume da bagno, gli serviva da tamburo di accompagnamento per le sue fischiettate. E così i suoi concerti per pancia e fischietto erano diventati la principale attrattiva per i frequentatori della passerella.

Tra gli “amici del mare”, con i quali Micheletto s’incontrava, saltuariamente, pure in città nel corso dell’anno, c’era anche un commerciante di opere d’arte che per Natale gli aveva regalato una cornice dicendogli: «Guarda che questo è l’ultimo regalo che ti faccio, perché dopo le feste parto. Ma tu, stai attento, non sprecare il tesoro che esso contiene». «Parti – aveva obiettato Micheletto – ma poi torni». «Parto, parto», aveva ribattuto seccamente l’amico, con il tono deciso e che non ammetteva repliche che era solito usare quando aveva preso una decisione definitiva. Micheletto era rimasto perplesso a guardare la bellissima cornice in legno lavorato che gli aveva regalato l’amico, ma lì per lì non riusciva a capire quale tesoro essa potesse contenere.

Quell’anno Micheletto tornando al mare si fece la solita rimpatriata con i vecchi amici a suon di battutacce e pacche sulle spalle, ma non trovò il commerciante di opere d’arte – che tra l’altro era uno tra i più simpatici e cordiali della compagnia – che per Natale gli aveva regalato la cornice. Chiese a tutti gli altri se ne avessero notizie, ma nessuno lo aveva più visto da diversi mesi e nessuno ne sapeva niente. Evidentemente era proprio partito, come aveva detto a Micheletto, ma per dove?

Tra un bagno e l’altro, tra una pedalata e l’altra, tra una fischiettata e l’altra, la stagione estiva anche quest’anno procedeva bene, grazie anche al tempo splendido che l’anticiclone delle Azzorre, posizionatosi quest’anno stabilmente, riusciva a mantenere.

Una mattina la figlia più grande di Micheletto, Bianca, passeggiando sul lungomare con un’amica, trovò tre gattini piccolissimi dentro una scatola di cartone posta dietro il muretto che divideva la strada dalla spiaggia. Bianca, che amava tanto gli animali, subito li prese delicatamente in braccio e si mise ad accarezzarli ad uno ad uno. I gattini avevano chiaramente fame (chissà da quanto tempo erano lì abbandonati!). Allora Bianca, senza perdere tempo, lasciò lì l’amica a fare la guardia, e corse a casa per cercare del latte, dell’acqua e qualche altra cosa da mangiare. Correndo come una matta, arrivò a casa, salì i gradini delle scale a tre a tre, entrò senza guardare in faccia nessuno, raggiunse il frigorifero, arraffò una busta di latte e una bottiglia d’acqua. Poi si mise a rovistare dentro gli armadietti della cucina alla ricerca di un pacco di biscotti, di un piatto di plastica e di una ciotola. Trovato tutto quello che cercava, ritornò indietro scendendo le scale a rotta di collo mentre sua madre le gridava dietro qualcosa che lei nemmeno capì, tornò in strada e rifece a gran velocità il percorso inverso fino al punto della spiaggia in cui aveva trovato i gattini. Si fermò con il fiatone e senza nemmeno poter parlare consegnò tutto quello che aveva portato alla sua amica. Insieme misero un po’ di latte nel piatto di plastica e un po’ d’acqua nella ciotola. Aggiunsero al latte qualche biscotto sbriciolato e accostarono i tre gattini al piatto. I gattini cominciarono a leccare il latte avidamente e a tirar su i pezzetti di biscotto rammolliti. Nella foga del mangiare, entrarono direttamente nel piatto e mangiando mangiando cominciarono a darsi delle testate tra di loro, finché non ebbero pulito alla perfezione il piatto di tutto quello che c’era dentro. Dopo di che si diressero alla ciotola dell’acqua e si fecero una grandissima bevuta. Finalmente sazi, si distesero quindi a riposare uno accanto all’altro. Bianca pensò che bisognava fare qualcosa per quei poveri gattini, perché non poteva di sicuro lasciarli lì abbandonati. Di portarli a casa sua non se parlava nemmeno, perché sua madre avrebbe buttato giù dal balcone lei ed i gattini. La sua amica non poteva nemmeno, anche perché aveva già in casa dei gatti ed un grosso cane. Allora Bianca pensò di passare la voce a tutte le sue amiche e di organizzarsi tutte insieme per accudire e nutrire i tre gattini. E così fece. Per prima cosa spostò la scatola con in gattini in un posto più riparato della spiaggia, in modo che non fossero visibili dalla strada. E poi iniziò la gara di solidarietà, con tutte le amiche di Bianca che portavano latte, acqua e biscotti per i gattini e si intrattenevano fino a tarda sera a giocare a turno con loro ed a proteggerli. Solo durante la notte li lasciavano soli, ben nascosti in un sottopassaggio che scendeva al mare. Ma di prima mattina ricominciava tutto.

Mancavano pochi giorni a Ferragosto e Micheletto si stava organizzando per la notte della vigilia, in cui era solito ritrovarsi in passerella insieme con tutti gli amici del mare per fare festa e consumare tutti insieme un lauto ed abbondante pasto sotto la luna con tutti i più raffinati manicaretti che essi stessi portavano. Per Micheletto era l’occasione per poter mangiare tutti in una volta i piatti che gli piacevano maggiormente: dai maccheroni col ragù alla parmigiana, dal risotto ai funghi alle cotolette di maiale, dalla salsiccia alla caponata, dalle polpettine arrostite sulle foglie di limone ai peperoni ripieni; e poi ci aggiungeva due o tre fette di melone, un paio di grappoli d’uva bianca e nera, più qualche pera e pesca tanto per gradire. Per concludere con i dolci e i gelati più raffinati: cannoli di ricotta, cassata siciliana, tiramisù, salame turco, pasticcini mignon al gelato, torte varie alla frutta, alla crema ed alla nutella. E non potevano mancare infine il limoncello e la vodka ghiacciata al melone o alla pesca.

Nell’organizzazione Micheletto aveva il compito di logista, per cui era addetto al reperimento di tavoli, tavolini e sedie, nonché all’acquisto di tovaglie, tovaglioli, piatti, bicchieri e posate di plastica; si occupava anche dell’illuminazione della passerella, a cui provvedeva con numerosi lumi a gas. Egli si occupava inoltre dei collegamenti tra i vari gruppi familiari dei partecipanti alla serata, curando la compilazione del menù e facendo in modo che non ci fossero doppioni nei vari piatti. Tutta l’organizzazione cominciava un paio di settimane prima, proseguiva sempre più frenetica col passare dei giorni e diventava assolutamente coinvolgente negli ultimi due giorni. Il tutto era molto stressante per Micheletto e lo impegnava tantissimo, fino al punto che in questo periodo riduceva ad una sola le sue uscite settimanali in bicicletta. Però non mancava di scandire tutte le varie fasi dell’organizzazione con sonore e frequenti fischiate – fììììì, fifììììì, fifì-fifì-fifììììì – e pure con qualche sonata di pancia. (Continua 2)

Nino De Maria