Randazzo/ Festa in memoria di Santa Rita. Don Nino Imbiscuso: “Imitarla non solo con la rosa ma con i gesti”

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Randazzo si è svegliata stamani accompagnata dal suono delle campane, che come ogni 22 maggio, 11297047_904260982950174_1521905784_o ricorda ai fedeli la festa di Santa Rita. Si presentava gremitissima come sempre la chiesa di San Nicola della cittadina medievale, tra l’altro la più grande del paese, nella quale si venera la santa di Cascia. A celebrare le messe padre Nino Imbiscuso che ha raccontato la vita della monaca agostiniana, mettendo in evidenza la sofferenza di Rita, al secolo Margherita Lotti, e di come seppe affrontare e nobilitare quanto di avverso la vita le presentò. -“La santa di Roccaporena, nata nel 1381, località nei pressi di Cascia in provincia di Perugia, – ha ricordato don Nino- fu destinata giovinetta al matrimonio con Paolo Mancini, un uomo irruento di cui ebbe l’abilità di mitigarne il carattere e condurlo sulla retta via, facendogli persino abbandonare le armi. Ebbe due figli e, dopo diciotto anni di matrimonio, rimase vedova perchè il marito venne ucciso. Rita non serbò rancore verso gli assassini, anzi pregò affinchè i figli non cercassero vendetta. Passò poco tempo e i due giovani figli vennero colpiti da una malattia e morirono. Rimasta sola, Rita si ritirò sempre più in preghiera e decise di prendere i voti nonostante il noviziato le venne per più volte negato;ma la profonda sua fede e la intensa preghiera alla fine trionfarono. Durante i quarant’anni di vita conventuale, Rita si dedicò non solo alla preghiera ma anche al servizio degli 11287480_904264669616472_353724476_o (1)ammalati, dei bisognosi.

Correva l’anno 1432, quando una sera, ritiratasi in preghiera dinanzi a una raffigurazione della passione di Gesù (era la sera del  Venerdì Santo) avrebbe ricevuto in fronte una spina della corona del Crocifisso. In seguito, colpita da malattia fu costretta a rimanere a letto e così, in una notte d’inverno molto fredda, l’”avvocata dei casi impossibili” chiese a una cugina di andare nel suo orto e raccogliere una rosa rossa e dei fichi; si pensò al delirio, dato che nel periodo invernale non fioriscono rose e non maturano fichi; ma la donna, recatasi sul posto, vi  trovò quando richiesto da Rita.11327932_904260912950181_2001420557_o

Si spense, inferma e costretta a letto, nella notte del 22 maggio. La devozione popolare – ha ricordato ancora il predicatore- iniziò subito dopo la morte, ma la beatificazione avvenne molto più tardi, nel 1900 con il pontificato di Urbano VIII. Da ciò si spiega, nel giorno della sua festa, la benedizione delle rose, che stanno ad indicare salvezza e purezza, così come quella dei bambini, affinchè i genitori sappiano guidarli con l’intercessione di Rita ed ancora la spartizione dei pani, per non dimenticare l’aiuto della santa a quanti chiedevano sostegno”. Prima della benedizione padre Nino ci lascia una consegna: “Imitiamo Santa Rita, non esclusivamente con la rosa, con quanto vi è di materiale, ma con i gesti”.

Maria Pia Risa

 

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