Nella gremitissima sala consiliare di Randazzo (intitolata ai giudici Falcone e Borsellino) si è tenuto ieri l’incontro progettato dalla Federazione delle Associazioni Antiusura e Antiracket (presieduta da Tano Grasso), per ricordare, come ha detto il sindaco Ernesto Del Campo, “la mattanza senza precedenti, che un ventennio fa colpì la comunità randazzese”.
E questo – ha continuato il primo cittadino – deve “servire da esempio per i giovani, affinché abbiano fiducia nella giustizia, senza avere timore di denunciare, lasciando l’omertà quale lontano miraggio, perché è solo così che si possono cambiare i modi sbagliati del vivere comune.” A ciò si è ricollegato pure Tano Grasso, che ha reso noto come esista una gran numero di vittime di mafia di cui si ignora l’esistenza, proprio perché non tutti trovano il coraggio degli Spartà. E indica Rita Spartà quale personaggio chiave, perché è solo grazie a lei se questo fatto è stato reso noto e ancora, dopo questi lunghi venti anni, lei continua a lottare affinché venga fatta giustizia. Grasso ricorda pure, enfatizzandola, la figura di Antonio Spartà, proprio per la sua volontà di ribellarsi ad un sistema marcio, e per il coraggio che ebbe di affrontare i suoi aguzzini. Grasso conclude con un osservazione che lascia riflettere: “Chissà come sarebbe andata se tutti gli altri nella medesima situazione, uniti, avessero avuto il coraggio di denunciare…”
“Dagli atti processuali – spiega l’avv. Franco Pizzuto, il legale che si è occupato delle fasi processuali per conto dell’antiracket – emerge chiaramente che il commando fosse costituito da 8-9 persone, di cui uno assolto e l’altro condannato. Una strage preparata ad hoc, ma nessuno, purtroppo, ha visto nulla; pertanto, non si ha nessun valido ausilio affinché possano ripartire le indagini.”
Presenti pure alla manifestazione il Prefetto di Catania, Francesca Cannizzo (che ha espresso la sua solidarietà e la sua disponibilità); il Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, Giovanni Salvi (il quale, sottolineando le lungaggini procedurali, ha ribadito lo stato di abbandono in cui è stata lasciata la famiglia Spartà dopo la strage); il Commissario Nazionale Antiracket Prefetto Elisabetta Belgiorno; il Comandante Provinciale dei Carabinieri, ten col. Giuseppe La Gala; il sindaco di Bronte Pino Firrarello, e tutte le autorità civili, militari e religiose della zona.
Ma erano presenti, soprattutto, la signora Spartà (moglie e madre degli assassinati), con le due figlie. Rita, in particolare, è stata quella che si è fatta carico, in tutti questi venti anni, di continuare a denunciare quanto accaduto e a chiedere giustizia. Rita, nel prendere la parola, ha ribadito che il commando che si è macchiato del crimine di tale carneficina era composto da 8 o 9 membri, e che purtroppo, a 20 anni dalla strage, solo due persone sono state processate, di cui uno interamente assolto e l’altro condannato all’ergastolo, ma da breve ha ottenuto la revisione del processo, con la comparsa di tre nuovi testimoni che sosterrebbero il suo alibi. E con tono vibrante e molta decisione le parole di Rita rievocano il triste scenario, che rende ancor tutt’oggi complice l’olfatto! Ebbene sì, Rita ricorda ancora “l’odore della polvere da sparo, le grida materne, ed un tappeto rosso di sangue, con una cornice blu… le luci dei carabinieri che in lontananza sopraggiungevano”. Nonostante ciò, Rita vive il suo quotidiano, nella consapevolezza di non poter più riabbracciare i suoi cari, suo fratello, soprattutto, di appena 19 anni, che tutti ricordano per il suo sorriso. Le parole di Rita sono state accolte con uno scrosciante applauso della platea, commossa, levatasi in piedi in segno di rispetto.
Maria Pia Risa