Rapporto uomo-ambiente / Aver cura del creato è un dovere per tutti

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Il dovere del prenderci cura, oggi, più che mai interpella le nostre vite. Ci accorgiamo di tanta sofferenza intorno a noi e ci sentiamo impotenti davanti alle molte richieste di aiuto che da ogni parte ci raggiungono. Sono richieste diverse provocate dagli stili di vita che la società post moderna ci rivela. Si tratta spesso di aiuto economico, provocato da mancanza di lavoro o da reddito insufficiente al fabbisogno; o  bisogno di custodia e di cura per bambini, anziani, malati, persone dalla limitata autonomia; bisogno di fiducia, a chi affidarsi per avere corrette informazioni di fronte al dilagare di false notizie, spesso diffuse in modo superficiale e amplificate dalla velocità dei multimedia e social.
Mi chiedo come arginare tanto malessere e come aiutarci a recuperare quel rapporto umano che ha sempre caratterizzato le persone sagge a cui i nostri avi hanno fatto riferimento per tanto tempo, prima di noi.
Possono trovare qualche risposta nelle nostre intelligenze e nei nostri cuori queste domande e tante altre che accompagnano il nostro vivere quotidiano nell’era digitale? Sarà sufficiente consultare un www …. o un htp …  per avere una risposta o una consolazione al nostro dramma del vivere da uomini?
Anche il nostro premier Conte parla di dar vita a un nuovo umanesimo proprio come ne parlò qualche anno fa la Chiesa italiana a Verona, mentre i giorni passano e anche gli anni si accumulano e la nostra umanità sembra sbranarsi invece che fraternizzare. Perché per me parlare di umanizzazione significa comportarsi da uomini, cioè da persone adulte che sanno e possono prendersi cura gli uni degli altri, senza aggredirsi e senza vantarsi di gesti eroici né tantomeno di gesti violenti. Invece, pare che il bisogno, palese o latente, manifesto o nascosto, provochi violenza, aggressività e porti non alla soluzione del bisogno ma alla guerra, alla lotta e perfino alla morte violenta.
Di quale umanità parliamo se di umano sta scomparendo la specie? O sarà l’uomo robot a salvare l’uomo fatto di carne, di sangue, di intelligenza naturale e non virtuale, di cuore e di sguardi a salvare se stesso, il globo terrestre e l’intero universo?
Mi viene spesso in mente e mi appassiona e mi stupisce sempre più ogni qualvolta lo rileggo, il racconto biblico della creazione, anzi i due racconti dei primi due capitoli del libro della Genesi. Nel primo, Dio stesso affida all’uomo e alla donna, dopo averli benedetti, la fecondità della specie e il dominio sulla creazione: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”. Poi Dio disse: “Ecco, io vi do’ ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo” Gn 1, 28-30.  Nell’altro racconto (Gn 2, 15- 16; 18-20) si specifica meglio il compito del’uomo: “Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”. Allora Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche …”.
A me pare che Dio abbia consegnato all’uomo e alla sua compagna, la donna, come un unico essere, a Lui simile, perché dotato di intelligenza e di volontà, con passione e capacità decisionali, il compito di agire come Dio, di continuare la sua opera creatrice e il suo utilizzo. Dio dice all’uomo, “siate fecondi”, cioè, producete nuove vite, “moltiplicatevi”, cioè non rimanete soli. Poi aggiunge il dominio dell’uomo sulle cose da Lui create: “dominate sui pesci, sugli uccelli, su quanto striscia sulla terra”. Infatti l’uomo si nutre di quel che la terra produce. I frutti della terra sono il  suo cibo, perché da questa stessa terra l’uomo è impastato, di essa è il prodotto. In tal senso l’uomo è  signore del creato, ma anche una meravigliosa espressione, dentro cui, trova armonia e vita. Coltivando la terra, trova nutrimento, custodendola esercita la sua signoria e trova sintonia e motivo di vita.
Nel secondo racconto, Dio presenta all’uomo tutto quel che aveva creato per lui e glielo consegna perché egli se ne appropri mentre comincia a conoscere ad una ad una le cose create, e mentre li riconosce dà loro un nome. Nel nome c’è non solo l’appartenenza, ma anche la distinzione. Ricreando e rigenerando quanto è a sua disposizione, l’uomo completa l’essenza stessa del creato nella sua globalità mantenendo armonia e compattezza.
Ci è stato donato un universo mirabilmente creato, in relazione permanente tra le singole creature, con un suo equilibrio dinamico e solidale, tra le forze cosmiche, con delle regole vitali nascoste dentro ciascuna creatura, che sfida l’uomo continuamente a riconoscerle e a praticarle, con amore di cura e di custodia. Quale magnificenza, quale meraviglia quando l’uomo scopre le regole che la natura nasconde in sé. Quale migliore complicità tra Dio e l’uomo e tra l’uomo e la creazione! Era questo l’Eden in cui fu posto l’uomo!
Dalla disobbedienza di Adamo sono passati millenni, ma l’uomo non ha smesso di disobbedire!
L’uomo disobbedisce e il creato si ribella perché il suo ordine naturale è scombinato, non ritrova più le sue leggi e le sue risorse sono state vendute per altri usi, ai mercanti del denaro, ai venditori di menzogna.
Quel primo inganno del serpente si ripete: “Diventerai come Dio”. Non è solo Eva a lasciarsi sedurre dalla vanità e dalla superbia, ma è ogni uomo, quando non riconosce più di essere anche lui un impasto di quella terra che oggi tenta di trasformare in moneta più o meno lucente, più o meno suicida.
Dove sta l’errore? La domanda è sempre la stessa, l’uomo si chiede: “Perché non sono Dio? Perché devo stare soggetto, io sono onnipotente. Io voglio, io posso. Scommettiamo?”
Scommettiamo la nostra onnipotenza sulla vita del nostro pianeta, sulla vita dei nostri figli, sulla vita nel suo essere soltanto e unicamente VITA! La scommessa dimentica che la vita, ogni vita, quella umana e quella di ogni essere creato, ci è stata donata, consegnata per vivere ciascuno con la propria unicità di creatura, con lo specifico del proprio essere, aria, acqua, fuoco, pianta, roccia, animale, vegetale, astro … ciascuno con una identità unica e completa, ma in solidarietà e complementarietà permanente con tutte le altre. Se rispettiamo questa meravigliosa armonia universale sapremo anche essere solidali e in armonia con tutti gli esseri creati e tra noi umani; chinare il capo per lodare e ringraziare Colui che si degnò di donarci la vita, di nutrirci e godere dei  saporosi e molteplici frutti che ogni vita produce e, con Papa Francesco, saper dire: “Dio onnipotente, che sei presente in tutto l’universo e nella più piccola delle tue creature, Tu che circondi con la tua tenerezza tutto quanto esiste, riversa in noi la forza del tuo amore affinché ci prendiamo cura della vita e della bellezza … Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa, a contemplare con stupore, a riconoscere che siamo profondamente uniti con tutte le creature nel nostro cammino verso la tua luce infinita. Grazie perché sei con noi tutti i giorni. Sostienici, per favore, nella nostra lotta per la giustizia, l’amore e la pace.” (Laudato sii, Preghiera per il creato, pag. 184/5)

 Teresa Scaravilli