“Il cardinale e il filosofo” di Gianfranco Ravasi e Luc Ferry (Mondadori, Milano 2014) è un saggio nel quale il cardinale Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e delle Pontificie Commissioni per i Beni culturali della Chiesa Cattolica, si confronta su fede e ragione con Ferry, non credente, docente di filosofia nell’Università di Parigi VI, già ministro della Gioventù e dell’Educazione in Francia dal 2002 al 2004. Il libro si compone di tre parti: nella prima il filosofo, laico e agnostico, ragiona sul messaggio cristiano pacatamente, mettendo in rilievo in modo sistematico ciò che ritiene meritevole di attenzione anche da parte di chi non aderisce alla fede cattolica e cristiana in genere e gli aspetti incompatibili con una visione che esclude la trascendenza. Incentra il suo discorso sull’amore nelle sue varie accezioni, eros, philia e agàpe e riconosce che, contrariamente al messaggio della filosofia greca, nella Bibbia e nei Vangeli eros non è negato bensì coniugato con agàpe la quale si manifesta con l’amore verso il prossimo. Segue un abbecedario in cui il filosofo prende in esame, dal punto di vista religioso e secolare, “le principali categorie del pensiero cristiano: l’amore, appunto; ma anche il Male e la sua personificazione, il diavolo; la morte e la sua sconfitta, la risurrezione; la natura e la contrapposizione fra la lettera della Legge e il suo spirito”. Tanti i punti di convergenza, ma rimane irrisolto il rapporto tra fede e ragione. Nella seconda Ravasi, autore di centocinquanta volumi su argomenti biblici, teologici e letterari, sviluppa le argomentazioni dal punto di vista del credente con una disamina attenta e puntuale che nulla esclude, anche gli aspetti più discussi. Egli sottolinea la necessità che il discorso teologico autentico venga impostato con grande equilibrio evitando di cadere in uno dei due “abissi”: “l’approccio riduttivo, unicamente razionale e storico da un lato, e un misticismo irrazionalista che sfiora il fondamentalismo dall’altro”. Il nuovo canale di conoscenza è basato sull’amore, che significa abbracciare un credo per la sua bellezza e la verità che trasmette all’uomo e solo credendo sarà possibile comprendere il messaggio rivelato sul piano razionale. Nella terza e ultima parte viene proposto un confronto serrato con domande poste da Ferry e risposte di Ravasi. L’opera si inquadra nell’ambito del “Cortile dei Gentili”, che punta sul dialogo sereno e puntuale, fuori da qualsiasi integralismo, per individuare canali di discussione che possano condurre a soluzioni, anche se parzialmente condivise, nell’ottica del bene comune, che sta a cuore a tutti gli uomini di buona volontà. Nessuna imposizione, ma libertà fondamentale dell’uomo di rispondere positivamente o meno a un messaggio, senza condanne aprioristiche o lesioni della libertà di coscienza: quest’ultima, seppur con momenti storici contradditori, il cristianesimo l’ha immessa nella cultura del mondo occidentale, dove, fermentando, ha dato ottimi frutti. La distinzione di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ovvero potere civile e morale religiosa, ha portato, seppur per vie talora tortuose, alle democrazie moderne . Da qui la difficoltà del mondo islamico, in cui il Corano è il punto di riferimento obbligatorio nello stesso tempo per la vita civile e religiosa, a condividere anche la Dichiarazione dei diritti umani del 1948. Il saggio si legge con interesse per la lucidità delle argomentazioni laiche del filosofo e il rigore, pur nella brevità dello scritto, delle spiegazioni del cardinale. Un esempio davvero interessante di serio dialogo in un mondo, quello di oggi, che, invece, non riesce, se non raramente, a confrontarsi civilmente e rispettosamente.
Giovanni Vecchio