Recensioni / Il “Riordino mentale” di Antonio Bonanno. Sintesi del percorso artistico e umano

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Aprire e leggere “Riordino mentale”, con sottotitolo “Panta Rei”, di Antonio Bonanno, edito nel 2016 da Nuova Prhomos, Città di Castello, significa entrare nella sua vita segreta, in sfumature imprevedibili, che confinano con sogni; in aperture verso il mondo circostante, nonché nell’impatto con l’ermetismo: esplorare i recessi di vita interiore, che per lo più rimangono inattingibili all’occhio umano; intravedere sprazzi di spiritualità, di umanità, di universalità.corret Riordino mentale- libro Bonanno (512 x 384)
Il significato del titolo “Riordino mentale – Panta Rei – Selezione di versi 1978- 2013” è ovvio: sintesi del percorso artistico. Del sottotitolo “Panta Rei”, egli stesso, nell’introduzione, ci dà la spiegazione:’per me la caducità delle cose e degli avvenimenti . Tutto scorre…’.
“Panta rhei” è un  principio del filosofo greco Eraclito di Efeso e significa, appunto, tutto scorre, tutto è continuo divenire, il giorno si fa notte, la vita si fa morte, divenire sia in senso positivo che negativo. Il filosofo sostiene che il divenire è “tutto quanto si realizza necessariamente attraverso un contrasto”. In opposizione a Parmenide, il filosofo dell’Essere , Eraclito è il padre della dialettica: il non essere e il molteplice sono alla base del divenire. Il suo pensiero ebbe influssi su Platone che, tra parentesi, soggiornò in Sicilia, Aristotele, gli stoici e poi sui sistemi dialettici.

Bonanno risente, secondo me, di questa teoria, che talvolta sta alla base dei suoi punti di vista circa la vita sua personale, proiettata nel mondo.

Nel concorso letterario “Nicola Mirto” 2011 di Alcamo, Bonanno è finalista; nello stesso concorso 2012 e  2013, Premio speciale e finalista. A Milano, nel concorso internazionale di Poesia “Carlo Orsi” in memoria, 2012, menzione d’onore.

Da rilevare le dediche in questo suo volume ai figli Francesco e Maddalena, alla prima sposa, Nuccia, sorridente dall’Alto, alla seconda, Franca, ispiratrice di questa pubblicazione.

All’inizio, interpretare la poesia di Antonio Bonanno sembra un gioco; andando avanti l’interesse s’intensifica; il desiderio di conoscere meglio Antonio, da intuitivo, diventa sempre più coinvolgente, e si perviene alla coscienza di individuare in lui proprio un poeta del nostro tempo
. E così con stima e gioia si riconosce in Antonio Bonanno un singolare personaggio, capace di esprimere con la parola quanto l’uomo, la donna, sente dentro di sè. Diceva uno dei primi astronauti che, girando in orbita intorno alla terra, provò sensazioni straordinarie, ma non riuscì a tradurle per iscritto, e comprese che, se non si è poeti, diventa impossibile questa operazione apparentemente semplice. Si dice anche che ciascun essere umano nel suo intimo è poeta, ma la difficoltà sta nella trasposizione dei sentimenti in parola. Ecco, per Antonio tale ostacolo è superato; noi leggiamo le sue poesie, ne godiamo e avvertiamo il desiderio di comunicare con lui, di trascorrere insieme delle ore piacevoli; diventiamo consapevoli che l’accostarci alla sua umanità ci offre l’occasione di doni preziosi. Lui riesce a infonderci l’amore misterioso per la vita, a trasmetterci la visione della bellezza dell’amicizia; la felicità di vivere, pur in mezzo a difficoltà e problematiche di vario genere; riesce a sensibilizzarci alla contemplazione della Natura.

La tristezza vela i sentimenti di Bonanno; la sua voglia di vivere pienamente è condizionata dalla concezione piuttosto pessimistica della realtà, oppressa dal male, definita da lui  ‘dissennata’, cosparsa di ‘antiche ipocrisie’, che cozzano con la calunnia, nemica dell’umanità, nella cui ombra sta, in agguato, la morte. Il mondo per lui diventa un deserto immoto; la presenza umana, anonima, cade nell’indifferenza totale, coinvolgendo quelli che subiscono la stessa sorte. La solitudine avvince il poeta: il mare diventa metafora di uno scrigno naturale, nei cui abissi la poesia del cuore, come liricamente Antonio scrive, ‘annega senza parole’.

Smarrita la fiducia negli altri, il poeta preferisce vagare nei sogni, immergersi nella ‘catarsi dell’infinito’. Nasce così, come sostiene nella poesia “Voglia di cantare”, l’esigenza di non abbattersi, conseguendo risultati magnifici; ancora è lui a comunicarci la sua esperienza esaltante: ’ritrovare il coraggio di sorridere alla vita / a mio figlio a mia moglie…./ essere diversi…./ per non essere cristiani senza Cristo.’
In “Testamento per i miei amici”, la filosofia dell’Autore, animo sensibile, spirito sognante, che talvolta si proietta in autentici slanci, si rivela positiva, s’impernia sulla luce della speranza, che, secondo il testo, ‘resiste / fino a quando resiste la vita’. E ancora citiamo “Meta fisica”, cinque versi martellanti, che svelano l’interiore travaglio, l’aspirazione di ’potere andare /oltre l’infinito / per scoprire / il vero senso / del finito.’

E ultime battute, a dimostrare la profondità di pensiero di Bonanno, le due poesie “Angoscia” e “La periferia di Dio”, entrambe recenti, dell’ultima raccolta. Il mistero dell’essenza  di esistere impegna l’Autore nella ricerca, ma, essendo la mente umana, come dice Sant’Agostino, ben piccola cosa di fronte a Dio, l’Immenso, Antonio naufraga  nell’angoscia esistenziale: ‘E noi moriamo /seppur credenti / se esisteremo ancora / o non più.’ La fede barcolla.
Nella seconda lirica, il  pensiero di Antonio naviga tra spazi siderali, ‘di galassia in galassia / tenta di avvicinarsi / al confine dell’universo.’ A quale scopo? Ci chiediamo. Ecco, la luce divina lo folgora, assieme a musiche e canti, e il Poeta, aggrappatosi all’àncora della fede, si domanda se è la periferia di Dio… Sono  poesie trascendentali, che qualificano Antonio, quale ricercatore della Verità.

Facciamo un excursus sulle cinque raccolte di poesia, seguendo la datazione.
Della prima raccolta “Frammenti di sogni” del 1988, prendiamo l’avvio da “Catarsi”: secondo l’intuizione del poeta, la catarsi nasce dalla contemplazione dell’infinito, nella solitudine dell’esistenza: appaiono nel cielo sorprendenti curve di sogni, contemporaneamente prodigi planetari inebriano lo spirito. “Emilia”, “A Pina Chiara” e “Felicita”, sono liriche con tre figure di belle fanciulle: qualcuna, forse, proiezione di sogni, riflessi di  catarsi; ‘Emilia’ è l’ingenuo amore dei sedici anni, presente al suo spirito; originale l’immagine, ‘come l’erba ai cigli della strada’; nella seconda lirica, è siglato il sentimento d’amicizia verso la coetanea, nonché cugina Pina Chiara,  – che muore assieme alla figlioletta Elisa nella tragedia del DC9 , inabissatosi nelle acque di Punta Raisi,- da un’impronta di candore e dalla commovente previsione che un futuro incontro suggellerà la purezza dell’amicizia, nel cielo della misericordia divina: “Addio, Pina Chiara, /al di là delle cose/ ti ritroverò”. Nella terza poesia, “Felicita”, Antonio canta lo stupore dell’adolescenza con immagini stupefacenti: ‘Felicita / sogno antico d’una stagione passata / col volto coperto dai tuoi capelli chiari / mentre il treno veloce / ci riportava alla nostra realtà…’: è l’intuizione d’un sentimento misterioso che libera lo spirito dal tran tran quotidiano, per innalzarlo alla bellezza dell’essere, del vivere senza condizionamenti, al di fuori del tempo. Il treno, metafora della velocità del tempo, di istanti vissuti intensamente, incancellabili….Altra lirica, uno spaccato di autentica amicizia, che naviga nell’utopia, è “Memorie Friburgensi”: rimembranza del sogno inebriante d’un’alta spiritualità, condivisa con il giovane irlandese, Philip, con il quale scrutava il mistero di Dio, specifica l’Autore, “uguale in Irlanda e in Sicilia”: ora il ricordo è preziosamente racchiuso nello scrigno segreto della memoria.

La passione assoluta per la terra di Sicilia, splendente di luce, è dominante nella poesia “La mia terra”: dai versi trapela un amore sconfinato, attraverso immagini scultoree; ecco uno stralcio:’….E io ti amo / dolce mia amara terra/ con il tuo sole / il tuo caldo / la tua miseria secolare.’
Significativa è la breve, deliziosa lirica “Primavera”: ‘I rami che vedo / oltre la finestra / fra qualche giorno / si riempiranno di foglie / Ed è la vita che continua.’
Nella seconda raccolta
, “Rumori e silenzi” del 1992, Antonio canta  fantasticamente il motivo della tristezza:’Sulle onde del mare/ la mia tristezza / danza.’ Allucinante è la proiezione poetica della sua solitudine, nella lirica “In incognito”,  forse scritta in un momento di profonda crisi:’Cammino / in questo deserto / senza lasciare impronte / visibili / mi muovo / tra i labirinti / della vita quotidiana / senza fare rumori / udibili…’  Dello stesso tono, la lirica densa di tensione,  “Nel guardarmi attorno”: il poeta si sente stordito dal contrasto tra la gente che ride, mentre lui si sente sommerso da insopportabile frastuono. In controluce, c’è la gente umile, depositaria della verità, gente che vive del proprio onesto lavoro, motivo di “Alla bottega del pesce fresco” con l’empatico personaggio di Celestino, che urla di tanto in tanto ’u mari, u mari’. In “Strane sensazioni”, anche lui, Antonio, allorché si dibatte, – citiamo qualche suo verso,- ‘nei misteriosi meandri / dell’inquieto esistere’, con prolungate fughe in avanti e improvvisi ritorni indietro, invoca la potenza del mare, fustigatore ‘dell’umana ipocrisia’, in lotta per resistere ‘nella follia della speranza’.
Nella singolare poesia “Route”, – richiamo al termine scautistico della spiritualità del cammino- è elogiata l’essenzialità del vivere in semplicità; da sottolineare la dichiarazione d’amore per la nativa terra, scoperta, in riposti angoli, per lo più ignorati, nella sua stupefacente bellezza.

Quattro figure campeggiano in questa raccolta, in modo  mirabile: Reginaldo, la moglie Nuccia, il padre e il figlio Francesco.
” In memoria di Reginaldo” è una lirica ispirata ad un forte sentimento d’amicizia, improntata a grande ammirazione; il poeta si rivolge al maestro-amico con tocchi supremi, che inneggiano alla grandezza del suo sogno realizzato fino all’ultimo istante; vita preziosa quella di Reginaldo, spesa per il magnifico ideale di monaco esemplare.

In “Nuccia per i tuoi 42 anni”, l’amore per la moglie è limpido come l’acqua della sorgente; il respiro di Antonio sembra sospendersi e attingere all’infinito: Nuccia dai  grandi occhi neri, adornati da nere ciglia, è splendida. La sua figura, con l’armonioso seno “odor di rosa”, si staglia senza tempo nel cuore del poeta, che in un afflato amoroso le sussurra: ”tu sei sempre bellissima.” Il motivo è ripreso nella lirica “I tuoi grandi occhi neri”, in altra condizione di spirito: Antonio è abbagliato dalla luce dei grandi occhi neri di Nuccia, ma la gioia è mista a melanconia per l’inesorabile fugacità del tempo: i lunghi capelli non sono più racchiusi in treccia; cosa succede? Indotto a fissare le sue  mani, – che, testualmente, ‘avevano impastato con abilità / la farina bianca del pane azzimo / per il nostro pasto frugale”,- è folgorato dall’intuizione d’averla ‘sempre amata’.
Il motivo delle mani ritorna nella lirica “Le mie mani”, dove il poeta, nel guardare le sue mani, rivede quelle avvizzite del padre; e pensa che il figlio un giorno farà la medesima esperienza. E’ l’avvicendarsi  del tempo, ma solo nell’apparenza, mentre nella vita interiore, -rileva con umorismo il Poeta, – “restiamo sempre con la pelle liscia”. Le mani accomunano tre generazioni. Infine, è piuttosto enigmatica la lirica “Riunione”, in cui alla tristezza sconsolata del poeta si contrappone a distanza il sorriso di una donna.

La terza raccolta “Ancestrale desiderio” del 1999 s’apre con “Stanco dolore”: riappare la solitaria tristezza, una sensazione di dolore s’insinua nell’anima prostrata da antiche esperienze. Con “Millenovecento95” , poesia impregnata di rifiuto per l’anno che si chiude senza ‘rimpianto’, l’atteggiamento di Antonio è severo: un anno ‘vuoto’, cuore e mente ‘sterili’, un anno ‘inutile’ a causa di ‘continue rapine di stato’. Del medesimo struggente motivo, “Dello stesso colore”, in cui cielo e mare si confondono, scomparso l’orizzonte, tutto grigio; altrettanto la quotidianità, avvolta dalla nebbia ‘nella palude dell’indifferenza’. Un lampo di ottimismo, in “Eterno brillare”: la primavera siciliana rallegra la vista del poeta con il verde riposante della ridente campagna, con il giallo della ginestra dall’intenso profumo, con le stelle luminose ‘sulla Montagna’, ma nella conclusione della lirica è la nota di amara tristezza a prevalere: il tempo, veloce, scorre apportando ‘decadenza / in fondo al cuore’. E così, in “Povera strada”, la  quotidianità, vista nell’affanno e nel travaglio, come erba pesante da affrontare con piaghe ai piedi, provoca la stanchezza dell’anima e la sensazione misteriosa che in agguato ci sia l’estasi o la follia.
La nostalgia della propria terra è il leit-motiv della lirica “In terra straniera”: Antonio ci confida come sconsolatamente soffre nel rivedere nella sua fantasia la propria stanza, i libri, avvolti dal silenzio; cito testualmente, ‘In terra straniera / lontano dal Mondo /senza il Mare /senza la Montagna / Sotto la mia quercia / guardo e riguardo la Montagna / i miei verdi anni / sanno di queste cose…..’  I sogni lo incalzano, in “Sapore del tempo”, una figura fa capolino nella memoria, con i suoi ‘occhi lontani’; e al suono della voce è un ‘trasalire leggero / di antichi sentimenti.’  La vita si complica di rimembranze che affondano le radici nel passato.
In  ”Rivederti”, dei flash esprimono la malinconia dell’Autore per ‘immagini smunte dal tempo’, tuttavia un’aura d’amore soffia dolcemente e dà pace all’anima inquieta.
Nella lirica “Il mare è lì”, l’estate siciliana esplode su ‘colline incandescenti’; il mare s’offre benefico ai corpi disidratati, motivo questo del mare, che ispira a Bonanno poesie d’amore. Nell’altra, “Nel profondo mare”, i sogni s’accavallano, la fantasia vi s’immerge ed è lì, canta Antonio, che “annega senza parole / la mia poesia”. La raccolta si chiude con “Ancestrale desiderio”, ovvero con l’ansia dell’immortalità, di superare le banalità, oltrepassare i limiti umani e “restare oltre la materia /  effimera e corruttibile”.
E’ il sogno plausibile della sua vita spesa in buona parte per l’Arte. Trascorrono dieci anni, prima di giungere alla quarta pubblicazione, però in questo lasso di tempo, il  nome circola in antologie milanesi, romane e siciliane.

 “Panta Rei” del 2009 è una raccolta di liriche della maturità artistica. Dal titolo si può dedurre per ipotesi che il pensiero dell’autore sia sotto l’influsso del pensiero dell’antico filosofo greco Eraclito, promotore del principio filosofico che tutto scorre, ovvero il promotore della filosofia del divenire, in opposizione alla teoria di Parmenide sull’Essere.

“Ho parole” è una poesia originale, che s’apre con una strofe emblematica:  ’Ho parole da vivere /davanti al mio mare / che allaga la mia anima / gonfio com’è di rabbia e di rancore.’ Incalzano le allusioni: non ci sono vele all’orizzonte, c’è il plumbeo cielo; due palme, scosse dal vento, ‘si muovono come ventagli dell’antico Egitto’. Il cuore è inquieto, perché urgono dentro le parole da vivere, ma il Poeta riesce a conquistare il dominio di sé e ad abbandonarsi all’idea dell’infinito.

Molto bella la poesia “Retrospettiva”, in memoria di Nuccia, leggeri i versi: ‘Delle risa fu il tempo / dell’amore.’ Profondo è l’amore che legava le due anime in un unico anelito alla bellezza della vita. Poi seguì il tempo del dolore, ‘inesorabile’ e infine la conclusione dell’amore terreno, che rimase avvolto in ‘un velo bianco’.  In “Occhi saraceni”, si staglia la figura femminile che lo affascina perdutamente: lei, eterea, con i suoi splendidi occhi neri, gli appare  ‘nel mare bianco / ricco di eterna / brillante solitudine’. Nella lirica “Ti vedo”, nella fantasia di Antonio appare una figura vestita di bianco, intenta a vagare tra verdi pascoli: sorridente, gli infonde amore, mentre lui è oppresso dal pensiero della precarietà dell’esistenza, stentata, oberata di pesi, vuota. La figura emana luce: gli dà conforto e speranza nella vita.
Sulla Sicilia, in particolare, è significativa: “Lévanzo”, isola siciliana famosa per i suoi preistorici graffiti. In genere, ammirare i graffiti dei nostri antichi progenitori è una forte emozione. Il poeta fa uno schizzo dell’isola circondata dal mare azzurro, ritrae con humor la stranezza dei graffiti millenari, osservati sotto la luce della torcia del barcaiolo, con  relativi commenti umoristici dei visitatori. Chiude la lirica rappresentando l’ultimo bagno a Lévanzo, con malinconici versi: ’Tornerò! Gridasti rivolta all’isola / Non tornasti / non ne avesti più il tempo’.
Concludiamo l’excursus su “Panta Rei”, con “Bagolari”, “Il Nulla” e “Datata”.

L’inizio di “Bagolari” è molto promettente: ‘Improvvisa luce del cuore / oggi illumina i miei giorni / imprevista, desiderata.’ Le foglie dei bagolari, scosse dal vento, fanno intravedere il sole, che si trasfigura in un volto femminile e nello stesso tempo il poeta sente il suono della voce. L’emozione lo vince: ’Strade nuove percorrono i miei passi / e sento il tuo respiro accanto al mio’.
“Il Nulla” è una poesia ermetica, intensa, sintetica: ‘Scopro / le tue lacrime / il tuo dolore / in questo mondo /sconvolto dall’apparire / deturpato dal Nulla.’
In “Datata”, Antonio è folgorato da due occhi neri, nella foga dei sentimenti che lo pervadono; bianche mani lo inteneriscono; la voce lo fa vibrare. I ricordi lo sovrastano: la ‘lunga treccia’, il ‘candido seno’, il ‘sorriso spensierato’. E poi il ricordo di lei, ‘sfigurata dal male’ e la domanda angosciosa: ‘Perché questo dolore?’ Data 26 ottobre 1992; rivisitata, 30 agosto 2009.

La quinta raccolta, “Riordino mentale” del 2013, è la più ricca di liriche.
Inizia con “Etna”, poesia che dà occasione ad Antonio di adergersi nel suo orgoglio per l’amata “Montagna”, raffigurata come una grande madre, che provvede per i suoi figli e li vorrebbe compartecipi dei suoi fenomeni naturali, ma molti visitatori, assuefatti agli agi, non riescono ad affrontarne i sacrifici necessari, provocando l’indignazione del Poeta, che invece accetta il vento che lo squassa, il brontolìo forse fastidioso del vulcano, il freddo, le nevicate, il caldo, il sole. La ‘madre’ mette sull’attenti i presuntuosi visitatori, metafora di quanti vorrebbero stravolgere persone e cose, non accettandole nel loro essere.

Una lirica che invita alla riflessione, a rinnovare il ritmo della vita, è “Noia”: il tempo scorre veloce e non ci accorgiamo di perdere occasioni per nuove conquiste: ‘è passato il tempo di essere /e ti ritrovi niente.’
“Rotondo il mio mare” è una poesia che rivela la tendenza umoristica dell’autore; lo stile è giocoso e libero; sembra una filastrocca dalla conclusione enigmatica: ‘Rotondo il mio mare / il mio mondo racchiude / e nessuno lo sa / Mi gira intorno / giochiamo insieme / schiuma contro schiuma ecc. / Rotondo il mio mare / e nessuno lo sa!’
Interessanti, tre liriche d’amore per Franca; nella prima, ‘Occhi brillanti’, il Poeta con tenerezza si rivolge a lei dagli occhi brillanti che lo ‘scrutano’ come a volerne scoprire ‘l’essenza’; lei, quale ‘nuova sostanza alla mia vita’: col suo canto è bello intraprendere un cammino mirato ‘a scoprire orizzonti / chiusi fino ad ieri’.
Nella poesia “Dal profondo dei tuoi occhi”, i motivi sono pregnanti di vitalità, impegno, novità : vivere d’amore è il sogno realizzato, che riempie la sua vita, cancella la stanchezza e dona reciprocamente significato all’esistenza. Tali motivi vengono esaltati nella lirica “E’ lei”: il Poeta riacquista il sapore del vivere, scomparsa l’inquietudine, che aveva squassato il suo io; si unisce alla creatura amante, in pieno appagamento. Densi di umanità i versi: ‘E’ vita / scandita dai ritmi del tempo / dai battiti del cuore / dalla gioia dei sorrisi / dal silenzio delle lacrime.’

L’amore per la natura ispira ad Antonio diverse poesie singolari. In “Temporale di fine estate”, vivace è la rappresentazione di momenti particolari, in cui la Montagna si riveste di nere nuvole e nel cielo rimbalzano bagliori di lampi; nell’aria di fine estate finalmente si respira il buon odore della pioggia. Il sole non si arrende e continua a illuminare riposti angoli di cielo; sul mare blu si dipinge l’arcobaleno.
In “Vento d’ Africa” è raffigurato il terribile vento africano, che per un paio di giorni mette a dura prova la pazienza dei Siciliani e induce magari a scappare dalla Sicilia quanti ne sono atterriti; l’unico rimedio per sopravvivere, suggerisce il Poeta, è ’rinchiudersi in casa / serrare porte e finestre’.
Significative le due poesie “La mia quercia è morta” e “Le mie betulle”.

Per la prima lirica il dolore del Poeta è lancinante e batte i suoi tremendi colpi sul suo cuore sensibile, che ha tanto amato stare sdraiato sotto le fronde della sua  quercia, immerso nei suoi sogni: la quercia, suo ‘primo amore’ in seno alla natura. Per la seconda, l’amore per le betulle, che vivono sulle altitudini, fa tutt’uno con l’amore per la Montagna e il suo ‘cielo azzurrissimo’. Le betulle saranno benefiche compagne, quando lo proteggeranno dal vento violento e dal sole soffocante.

Conclusione: sarebbe bello promuovere, nella nostra associazione ex Alunni ex Docenti liceo scientifico “Archimede”, la sezione speciale “Poesia contemporanea”, sotto l’egida di Antonio Bonanno, nostro amico da tanti anni, che si potrebbe qualificare come conduttore, pieno di vigore, promotore di belle iniziative nell’arduo campo della poesia.

                                                                                                         Anna Bella

 

 

 

 

 

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