Giovanni Vecchio, “Trasparenze” – Poesie (pagine 108)
“Trasparenze” la nuova raccolta poetica di Giovanni Vecchio, come si evince dal titolo, racchiude la genuinità e la limpidezza di un messaggio che l’autore vuole trasmettere ai cultori della poesia, ma anche a coloro che aspirano alla costruzione di un Mondo migliore. Un messaggio che, a primo acchito, può sembrare semplice o banale in un contesto come l’attuale in cui l’avere e l’apparire offuscano “l’essere”, ma non lo è affatto, anche se suona come una “Voce nel deserto”, pur senza averne alcuna pretesa almeno nell’intenzione del poeta, poiché Giovanni Vecchio è uomo semplice nel modo di essere e di proporsi.
La personalità schiva e adamantina, infatti, esula da virtuosismi e costrizioni e si veste di quell’umiltà che, come spesso ha dichiarato nei suoi sporadici interventi, darebbe più senso e valore alla vita di ogni uomo. Nel suo libro sentimenti quali la fratellanza, l’umanità, la condivisione, l’amore verso l’altro, vengono valorizzati così come nelle opere precedenti, ma qui si evince ancor più il senso intimistico e personale con una carica di sensibilità che traspare da tutte le liriche.
Il testo, suddiviso in tre sezioni, parla soprattutto di Amore, quello per la sua donna e, in senso lato, quello per le persone care e per la natura. L’incipit è dato dalla prima parte, dedicata alla sua “moliera”, nella quale la signora Lucia viene vista come “una dolce fata” e ancor più “quale guida preziosa” (pag. 11); mentre in “Dolce compagna” (pag. 19) egli dice: “E ancora tu, / dolce compagna, / il cuore mio desti / e la mia vita ispiri” e di tutto questo si dichiara grato. Ma la dichiarazione d’amore più significativa rivolta alla sua “musa” ispiratrice è: “E … siamo ancora insieme!” contenuta nella lirica “Amore” (pag. 17).
Dall’intesa duratura e inossidabile con la moglie, egli passa alla “declamazione” dei legami di affetto e di amicizia. Così nella seconda parte del volume con il suo poetare si rivolge alla madre, al padre ad amici e conoscenti, e parla anche di sé, della natura oppure, come in “Cicitta” (pag. 41), di un’ipotetica figura gentile “… arietta che al cuore parla / e desta sentimenti: / – gemme preziose”. La delicatezza delle immagini crea un’atmosfera che avvicina il lettore alla conoscenza di profili a lui sconosciuti, mentre l’incisività del verso li rende vividi e reali.
Il “trittico” si conclude con le “riflessionis”, considerazioni argute e talvolta amare, che contengono in un “unicum” il pensiero personale e i temi cari al poeta, quali la giustizia e la verità, la fede e l’onestà ecc … A proposito di quest’ultima virtù che “modella l’uomo” egli dice: “Mi adopro a che / io possa fare / a render sempre / sani pensieri” (pag. 105). Ed in questa affermazione è evidente la grande nobiltà d’animo e la disposizione a migliorarsi del Nostro. Ma insiste ancora su falsità e atteggiamenti malevoli elogiando, con ironia esplicita, sentimenti negativi contrari alla morale (“Tratti roventi” pag. 92) per colpire nel segno, invitando a meditare sui mali che affliggono la società e sulla possibilità di ribaltare l’andazzo dei giorni nostri. E negli ultimi versi si legge il monito: “Vergognati uomo, / rapito qual sei / dal gusto del male”. Le iperboli presenti nel verseggiare rendono più graffiante e vigoroso il concetto. L’originalità dell’espressione verbale e l’essenzialità del tratto pittorico sono le qualità di questo lavoro, in cui anche i termini inusuali sottolineano una ricerca poetica, svolta “senza adottare regole e schemi di sorta” (dalla prefazione di Rita Messina).
Il volume, dedicato ai genitori, si presenta con una bella veste grafica che affianca al componimento poetico il tocco dei gradevoli disegni eseguiti dall’autore stesso. Un libro, quindi, al quale bisogna accostarsi con la giusta predisposizione a comprendere e meditare sulla bellezza della Vita e sulle opportunità che essa offre a chi è in grado di coglierle.
Carmela Tuccari