Grandi passi avanti nella meccanica robotica a favore dei disabili. Con il progetto “Cyberlegs”, realizzati a Pisa una protesi robotica e un innovativo tutore robotico: restituiscono la possibilità di una camminata più efficiente e con minore sforzo fisico a persone che hanno subìto l’amputazione degli arti inferiori, al di sopra del ginocchio. E si prepara anche la “mano bionica”
Uno sguardo d’insieme all’anno lavorativo trascorso lascia un ottimo “retrogusto” di speranza per quanto concerne l’ausilio che la meccanica robotica può oggi dare ad alcune categorie di persone disabili. Sia riguardo a quanto è già stato realizzato, sia in prospettiva. Per di più, alcune delle invenzioni più sofisticate in questo campo sono (parzialmente o totalmente) “made in Italy”, valida ragione per lasciar affiorare un misurato moto di sano orgoglio nazionale.
Ma torniamo ai fatti. Nell’ambito dell’aiuto alla disabilità, il campo di maggiore applicazione della tecnologia robotica più avanzata è sicuramente quello dei presidi protesici in uso alle persone con disfunzioni agli arti. Per quanto concerne gli arti inferiori, ad esempio, grande attenzione da parte dei ricercatori è stata rivolta ai soggetti che hanno subito l’amputazione di una gamba o che, più in generale, non hanno capacità deambulatoria. Ed è proprio da queste ricerche che sono scaturiti alcuni ritrovati tecnologici veramente innovativi. Non si tratta dell’iniziativa occasionale di singoli scienziati, bensì di un progetto europeo triennale, denominato “Cyberlegs” (acronimo di “Cybernetic lower-limb cognitive ortho-prosthesis”), appena concluso e finanziato (nell’ambito del “Settimo Programma Quadro”) dalla Commissione europea con 2,5 milioni di euro, suddivisi tra 5 istituzioni riunite in consorzio, con il coordinamento dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna (Pi).
Il sistema messo a punto è formato da una nuova protesi robotica e da un innovativo tutore robotico, che restituiscono la possibilità di una camminata più efficiente e con minore sforzo fisico a persone che hanno subìto l’amputazione degli arti inferiori, al di sopra del ginocchio, riducendo il rischio di cadute e imprimendo ai movimenti la regolarità di una falcata ritmica e sicura. La persona disabile potrà così camminare, sedersi, salire o scendere le scale, senza dover ricorrere alla sedia a rotelle. Il cuore del dispositivo, leggerissimo e facile da indossare, è in pratica un sofisticato tutore robotizzato, capace di assistere il movimento di flessione ed estensione dell’anca. Contenuto in una sorta di “zainetto”, è stato progettato per essere ergonomico e quindi adattarsi alla schiena senza alterarne la postura. Ma il suo aspetto più innovativo consiste in una certa capacità “cognitiva”. Attraverso dei sensibilissimi sensori, infatti, esso è in grado di leggere e comprendere l’intenzione motoria della persona amputata che lo indossa, di adeguarvisi senza porre ostacoli e assicurare così un’assistenza motoria “gentile e naturale”, solo quando ciò è necessario.
Ma l’aiuto alle persone con disabilità non finisce qui. Passando agli arti superiori, infatti, un altro progetto – anche questo attuato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa -, denominato “My Hand” e finanziato con oltre 400mila euro dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, è ormai in fase avanzata di realizzazione: si tratta, appunto, di una “mano bionica”. Questa nuova protesi è in grado di leggere i movimenti e restituire sensazioni tattili, permettendo di compiere tutte le prese e le posture necessarie nella vita quotidiana. I movimenti e le prese della mano possono essere attivate e controllate in maniera pressoché naturale attraverso sensori facilmente indossabili, i quali rilevano i segnali nervosi che attraversano i muscoli, quando si compiono tali movimenti. Così le intenzioni della persona possono tradursi in movimenti della protesi. Per afferrare gli oggetti, la mano si serve di tre motori elettrici e di un pollice opponibile. Un piccolo meccanismo con un solo motore consente poi la rotazione del pollice o la flessione dell’indice in maniera alternata. Per essere indossata, la protesi non richiede alcun intervento chirurgico. Secondo i ricercatori, inoltre, sarà possibile produrla e distribuirla con costi commerciali molto bassi. Un aspetto, questo, fondamentale, considerato l’alto costo delle protesi di arti. Quelle tradizionali (che non hanno funzionalità), infatti, costano tra i 2 e i 5 mila euro. Quelle “bioniche”, invece, che permettono una serie di movimenti, costano dai 15mila euro in su. Troppo, per tante persone disabili. Ma c’è già chi (gli studenti del corso di laurea in “design del prodotto” dell’Università Iuav di Venezia) sta progettando di realizzare protesi di arti con la stampa in 3D. Garantiti i movimenti articolati (persino delle dita), la qualità dei materiali e la capacità di adattarsi alle esigenze anche anatomiche delle singole persone. I costi? Un arto non supererebbe i 400 euro.
Maurizio Calipari (Sir)