Remake 6 / Un anno dedicato alla vita consacrata, uomini e donne “per svegliare il mondo”

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Da Papa Francesco la pista da seguire: “Uscite dal vostro nido verso le periferie dell’uomo e della donna di oggi! Per questo, lasciatevi incontrare da Cristo. L’incontro con Lui vi spingerà all’incontro con gli altri e vi porterà verso i più bisognosi, i più poveri”. Un forte invito a contrastare i rischi della modernità che insidiano le comunità: dalla secolarizzazione all’imborghesimento

Perché un Anno dedicato alla vita consacrata? E quali sono le sfide che sono chiamati a raccogliere le consacrata02preligiose e i religiosi di oggi? Durante la veglia di apertura nella basilica di Santa Maria Maggiore il 29 novembre 2014, le parole di Papa Francesco hanno tracciato una pista da seguire: “Uscite dal vostro nido verso le periferie dell’uomo e della donna di oggi! Per questo, lasciatevi incontrare da Cristo. L’incontro con Lui vi spingerà all’incontro con gli altri e vi porterà verso i più bisognosi, i più poveri. Giungete alle periferie che attendono la luce del Vangelo. Abitate le frontiere. Questo vi chiederà vigilanza per scoprire le novità dello Spirito; lucidità per riconoscere la complessità delle nuove frontiere; discernimento per identificare i limiti e la maniera adeguata di procedere; e immersione nella realtà, ‘toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo’”.

La modernità è entrata come vento di burrasca nei conventi, rovesciando abitudini consolidate e obbligando al confronto con una realtà finora sconosciuta. Non è un caso che la secolarizzazione e l’imborghesimento siano diventati temi decisivi nella gestione della sana quotidianità degli istituti di vita consacrata. Ordini e congregazioni si trovano a dover fare i conti con uno stile di vita che appare lontano ma è invece capace di insinuarsi oltre le mura delle comunità, con il rischio di provocare una crisi di fede o addirittura la perdita dell’identità religiosa. Gli scandali sessuali e il malaffare economico ottengono le prime pagine dei giornali ma non è meno grave la difficoltà di trovare nella semplicità della vita consacrata la realizzazione della propria vocazione, rinunciando alla tranquillità borghese che aleggia in troppe comunità e mina da dentro le fondamenta stesse della consacrazione. Ne è consapevole Francesco, che rivolgendosi ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica avverte: “Non dobbiamo avere paura di lasciare gli ‘otri vecchi’: di rinnovare cioè quelle abitudini e quelle strutture che, nella vita della Chiesa e dunque anche nella vita consacrata, riconosciamo come non più rispondenti a quanto Dio ci chiede oggi per far avanzare il suo Regno nel mondo: le strutture che ci danno falsa protezione e che condizionano il dinamismo della carità; le abitudini che ci allontanano dal gregge a cui siamo inviati e ci impediscono di ascoltare il grido di quanti attendono la Buona Notizia di Gesù Cristo”.

Una seconda questione riguarda i consigli evangelici: il nostro non è più il tempo dei comandamenti per tutti e dei consigli per pochi. La forza richiesta per vivere in povertà, verginità e obbedienza è direttamente proporzionale alla disistima che il mondo manifesta verso di essi. Se la vita consacrata è percepita come uno spreco di tempo e di risorse, perché ben altri sono i problemi da affrontare; se la scelta di un’esistenza modellata sui voti religiosi è rappresentata come una fuga dal mondo, perché è più facile ritirarsi che restare tra la gente; se, infine, la vita di comunità è raccontata come un luogo in cui trovano spazio i peggiori istinti dell’uomo, perché è impossibile dominare le pulsioni e vivere fraternamente. Allora si comprende la complessità che i religiosi, e in particolare i più giovani tra loro, sono chiamati a dover governare. E si perde il valore dei consigli evangelici, tanto ben richiamato da Giovanni Paolo II in un discorso ai ragazzi delle scuole medie e superiori: “La fraterna consuetudine con Gesù, vissuta nella preghiera e nella frequenza ai sacramenti, stimola a muovere i propri passi su quel cammino spirituale, che la Tradizione della Chiesa indica con i consigli evangelici della povertà, della castità e dell’obbedienza e che, guardato in profondità, è cammino di liberazione, rispettivamente, dalla schiavitù delle cose, dalle bramosie della carne, dalla prepotenza dell’io”.

Dunque, perché un Anno dedicato alla vita consacrata? Perché la Chiesa ha urgenza di religiose e religiosi capaci di “svegliare il mondo”. Lo chiede Francesco, che invita a seguire la via della gioia, del coraggio e della comunione. Lo domandano le donne e gli uomini di oggi, che hanno bisogno di testimoni credibili della misericordia.

Riccardo Benotti