“È duro amare tutti e non serbare alcuno; è duro stringere una mano senza volerla trattenere. Duro far nascere un affetto per donarlo a te; è duro dare sempre senza cercare di ricevere. È duro ricevere i segreti senza poterli dividere con nessuno, solo davanti al mondo, alla sofferenza, alla morte al peccato. Ma tu sai la risposta di Cristo: Figliolo non sei solo io sono con te, io sono te”.
Così don Giuseppe Cacciami scriveva nel 1959 nella lettera a un sacerdote amico che celebrava la prima messa. In poche righe disegnava un ritratto nel quale è riassunta tutta la sua vita che dedicata a Dio e agli uomini si è resa dono attraverso la Parola comunicata con il linguaggio giornalistico.
Il 17 marzo 2012 don Giuseppe Cacciami moriva dopo aver vissuto la comunicazione come missione. Come desiderio e capacità di guardare più in alto e più lontano pur mantenendo i piedi ben saldi in terra.
Con uno slancio quasi goliardico del cuore e della mente si è buttato in diverse avventure, tra le quali la Fisc, Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici, e il Sir Servizio Informazione Religiosa. Non mancava a quelle di Avvenire e dell’allora Sat2000.
Strumenti e “luoghi” che oggi si ritrovano nell’immagine di Chiesa in uscita, nell’immagine del ponte tra il Vangelo e la vita, tra le fede e la cultura.
Don Giuseppe Cacciami in un’impresa che condivideva con sacerdoti e laici, a partire da Giovanni Fallani primo direttore del Sir, esprimeva una serena fierezza nel respingere la definizione di “stampa minore” che veniva attribuita ai giornali del territorio. Non era “minore” una stampa povera perché libera, una stampa estranea al potere ma voce fedele di un popolo pensante e credente.
Coniugava il territorio con il mondo come attestano suoi interventi a incontri internazionali e il deciso sostegno alla finestra che il Sir aveva aperto sull’Europa.
Per lui, prete originario di Grignasco, che veniva dall’esperienza educativa e sociale della “Famiglia Studenti – il Chiostro” a Verbania-Intra sul lago Maggiore, contavano in particolare due verbi: vibrare e lottare. Le vibrazioni erano provocate dalla passione per la verità mentre nella lotta si esprimeva l’impegno per superare le difficoltà, le incomprensioni, le tiepidezze. Chi non vibrava e non lottava, anche in campo politico, doveva aspettarsi un colpo di spillo in presa diretta o sul settimanale della diocesi di Novara di cui era direttore.
La grinta faceva parte del suo essere prete, educatore e giornalista. Non era un atteggiamento muscoloso ma una dichiarazione di dignità. Stare a testa alta era il suo stile, complessi di inferiorità e false umiltà non erano ammesse.
Scriveva nell’editoriale del primo numero del Sir (13 gennaio 1989): “Vorremmo per quanto ci riguarda essere giudicati e verificati sull’obiettività. Sul rigore del linguaggio, sulla documentazione, sull’attenzione alle cause e ai risvolti dell’avvenimento religioso. Piuttosto che sulla sua strumentale, brillante ed effimera utilizzazione per la curiosità del momento”.
Sono un seme che don Giuseppe Cacciami ha lasciato nel terreno della comunicazione. Chiedendo di farlo germogliare e crescere come un atto di amore capace e lieto di guardare più in alto e più lontano.
Paolo Bustaffa