Cento anni fa, come oggi, nasceva al mondo Lorenzo Milani. Figlio di agiata, alta e colta borghesia di origine ebraica per parte materna, giovane inquieto e inconsapevole della strada ardua, pietrosa e accidentata che era destinato a percorrere.
Agnostico, raffinatamente laico, non riusciva a placare l’inquietudine indefinita che gli rodeva dentro. Discontinuo, quasi scapigliato studente, indirizza all’Arte la sua voglia di “definire” a Brera. Cerca, ma non trova. Neanche un indizio.
Ma era l’Arte la trappola del Divino Amore. È il 1941, Lorenzo sta studiando pittura e progetta di affrescare una cappella nella tenuta di famiglia a Montespertoli. Quando, a un certo punto, scrive una lettera all’amico Oreste Del Buono: «Ho letto la Messa. Sai che è più interessante dei Sei personaggi in cerca d’autore?».
La scintilla scocca al funerale di un giovane prete, dove lo ha condotto per compagnia don Raffele Bensi il suo direttore spirituale, che definirà “ l’indigestione di Cristo” la chiamata mistica di Lorenzo.
Ma non è lo studio matto e disperatissimo, per dirla con Leopardi, che sazia la Fame che porta dentro di sè. Il turbinio di domande, le tempeste di mancate risposte. No. Il Vangelo che scorreva impetuoso nelle sue vene alimentò un fuoco ardente nel suo cuore.
Dal Vangelo don Lorenzo riflette la natura scabra, essenziale, così propria della sua personalità tutta umana, dell’Amore divino che, come una cascata inarrestabile, lo porterà a nuotare nel grande fiume della Carità.
Don Milani testimone radicale della Parola di Cristo
La Carità ardente dell’Uguaglianza innanzi tutto e di sua sorella la Povertà. La Carità del sacrificio impietoso della propria convenienza e di sua sorella la schiettezza, l’autenticità l’abbandono del suo ego, il suo riconoscersi” nel testimoniare con coraggio, determinazione, asprezza spesso, la radicalità della Parola di Cristo.
Fu naturale circondarsi, come Lui, dei “ piccoli” . Di loro non fu maestro, non fu tanto il grandissimo pedagogo che conosciamo, ma Guida, indicatore della Via, primo passo di una lunga strada qualunque ne fosse l’asperità.
Di loro ebbe rispetto assoluto nella severità del suo infinito Amore. Per loro e con loro scaturirono dalla sua Vena mistica interiore diamanti su diamanti di consapevolezza civile, di amore del sapere che salva dalla sopraffazione sociale, di riflessioni spirituali difficili e profonde che i suoi ragazzi percepivano immediatamente. Perché era la Fiammella dello Spirito Santo che lo conduceva.
La Costituzione influì sull’ operato di don Milani
Da questo immenso amore inerme, dalle braccia spalancate come sulla Croce, si riversò forte, acutissimo e intemerato il ramo delle Parole della Costituzione. Questa fu in lui l’altroFaro, l’altro Lume della spiritualità della dignità umana.
Fu così che si ricongiunse l’Unità fisica e spirituale della Persona santa di don Lorenzo Milani, uomo scabro, spesso spigoloso, mai domo di indagare con lo sguardo rivolto ad un Legno nudo come l’Uomo che vi stava inchiodato, con la tenerissima fortezza dell’accoglienza e dell’abbraccio di una umanità scartata, dolente, senza futuro, oppressa sia dagli uomini “perbene” potenti che da quei “pastori” malvagi che il profeta Ezechiele indica sotto l’imperiosa Voce dell’Altissimo.
“…Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato. Le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura..”
Le armi dello sciopero e del voto
Di lui oggi conosciamo forse tutto. Della svolta storica inarrestabile che fornì alla pedagogia e alla missione dell’Insegnamento e della Politica, con le sole armi, come c’è scritto dalla penna comune dei ragazzi nella meravigliosa “ Lettera ad una Professoressa “, ”dello sciopero e del voto”. Perché si puo vincere la schiavitu della povertà, dell’ignoranza e dello sfruttamento soltanto se “ se ne sortisce insieme con la Politica” che sola puo riaddrizzare le differenze feroci, la falsa “equità fra diversi” che lui ben definisce la massima ingiustizia.
Egli fu “segno di contraddizione” in ciò attuando il principale comandamento escatologico dell’ Apostolato che Cristo pronunziò verso i suoi discepoli.
E lo fu anche, fortissimo segno di contraddizione, di differenza, di capovolgimento nello stare dalla parte degli ultimi, dei diseredati, dei sopraffatti, mediante quell’autentico vangelo civile che fu per lui la Costituzione Repubblicana.
Don Lorenzo non si acquietava mai. Da vero Cristiano aveva il suo cuore perennemente inquieto, proprio come il Beato don Tonino ha scritto che ci si debba sentire ogni volta che si esce dalla chiesa e dalle sue funzioni. Per essere Cristiani e non “ sepolcri imbiancati”
Don Lorenzo Milani bruciava di Amor di Dio e dell’ Incarnazione di esso. Fuoco che si è spento solo al momento della sua morte terrena per rinfocolarsi, ne sono certo, in Paradiso.
Don Milani verrà ricordato ad Acireale dall’associazione Scarti con una lettura pubblica dei suoi testi oggi, 27 maggio, alle ore 17,45 nell’anfiteatro “Lorenzo Vecchio” della villa Belvedere.
Rosario Patanè