Era il mese di luglio del 2014 quando il Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, mi telefonò dicendomi: “Senti, tra qualche giorno passa da Acireale Biagio Conte, potresti ospitarlo per una notte?”. La mia risposta fu subito affermativa, per cui il Cardinale continuò dicendomi: “Vedi che gli uomini siamo tutti pazzi, ma gli uomini di Dio lo sono ancora di più”. Mi misi a ridere e assicurai all’Arcivescovo che avrei degnamente ospitato Biagio.
Mi premurai di preparare per lui e per chi lo accompagnava due stanze nella canonica della Parrocchia di Odigidria e attesi, con una certa impazienza, di poter conoscere il “San Francesco di Palermo”, come veniva chiamato Biagio Conte.
Giunse in cattedrale, qualche giorno dopo, con una croce e l’abito che abitualmente indossava. La sua giovialità, il suo sorriso, i suoi occhi mi colpirono molto. Era veramente un uomo di Dio, che viveva nella semplicità e nella povertà la radicalità del messaggio evangelico, mettendosi a servizio dell’uomo, di qualunque uomo, senza distinzione di razza o religione.
Li accompagnai in canonica, certo che avevano bisogno dopo tanto camminare di una doccia rinfrescante e di mangiare qualcosa. Li salutai e ci siamo dati appuntamento all’indomani.
Al mattino andai a trovarli per vedere se avevano bisogno di qualcosa, prima di riprendere il cammino. Biagio mi disse che aveva dormito nel cortile della canonica, sotto un cielo stellato bellissimo. In effetti il letto non era stato minimamente disfatto. Giunti in pescheria si rattristò molto che sotto l’altarino della Madonna del Rosario si vendesse il pesce, gli sembrò quasi un torto fatto alla Madre del cielo.
Ci salutammo e riprese il suo peregrinare.
Mi sono portato sempre, dentro il cuore, l’esperienza di aver conosciuto un “pazzo di Dio”, perché tale era, nell’asserzione più bella del termine. Un pazzo di Dio, il cui cuore batteva all’unisono dinanzi alle sofferenze e alle necessità dei fratelli; un sognatore che credeva al cambiamento del mondo, partendo dal bene. Uno che sognava una Palermo, una Sicilia, il mondo intero più attento, più umano, più evangelico. Un pazzo, obbediente figlio della Chiesa, seguace vero di Francesco d’Assisi, di Madre Teresa di Calcutta. E anche di quanti, nel corso dei due millenni di cristianità, hanno creduto e incarnato il Vangelo.
Guardando la diretta streaming del corteo di lunedì sera 16 gennaio e dei funerali martedì 17 mattina, mi sono sovvenute le parole del Beato Idelfonso Schuster, (arcivescovo di Milano) morente, ai suoi seminaristi: “Il mondo di oggi sembra credere poco (eravamo nel 1954 n.d.r.), ma se passa un santo, vivo e morto, si inginocchia, prega e crede. Siate santi!”.
Grazie fratel Biagio per la tua luminosa testimonianza, grazie della tua dedizione e della tua fede; grazie del tuo operoso servizio. Tu non hai scritto né libri, né trattati di teologia, hai solamente vissuto e incarnato il Vangelo. Ed è stata la lezione più vera e eloquente che tutti abbiamo appreso e capito.
Vivi nella gloria del tuo Signore che hai riconosciuto nei “piccoli”. Se è vero, come lo è, che “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” (S. Giovanni della croce), siamo certi che il giudizio su di te sia stato largamente benevolo, per l’amore che hai saputo donare e dispensare a quanti hanno bussato alla tua missione per cercare “speranza e carità”.
Don Roberto Strano