Ricordo / Il canonico Pappalardo, sacerdote secolare, “Nasco, vivo, soffro, muoio e risorgo con Lui”

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Ripubblichiamo l’intervista realizzata dal nostro giornale al canonico Salvatore Pappalardo in occasione del suo 75esimo anniversario di sacerdozio, pubblicata nel numero 7 di luglio del 2018.

Lui non è un prete come gli altri. È un “secolare” perché, oltre ad avvicinarsi ai cento anni, appartiene a quella fetta di presbiterio nata dopo la prima guerra mondiale e “forgiatasi” durante la seconda. Di quest’ultima ne ha vissuto i drammi sin dal giorno della sua ordinazione. Stiamo parlando del canonico Salvatore Pappalardo (Aci Catena, 8 novembre 1920), 75anni di sacerdozio sulle spalle, dalla dialettica spigliata e dalla memoria per nulla sbiadita. Lo abbiamo incontrato e intervistato a casa della sorella a S. Maria Ammalati, dove trascorre le sue giornate immerso nell’aria di campagna.

Partiamo dalla sua infanzia.

“Io sono nato in un mondo di ecclesiastici, un mondo di persone devote, mio zio era parroco e amico intimo di altri sacerdoti che frequentavano casa mia. Non potevo non aspirare a diventare anche io sacerdote. Frequentavo la Matrice di Aci Catena, la chiesa della Consolazione dove era parroco mio zio e San Filippo dove c’era il mio confessore. Superate le scuole elementari diventai un alunno esterno del seminario di Acireale. All’età di 15 anni sono entrato in seminario ma trovai un ambiente che non era consono alle mie abitudini. Per il vitto, per l’arredamento e via dicendo. Basti pensare che c’era una sola grande vasca da bagno…”

Ci parli del giorno della sua ordinazione.

“Il giorno della mia ordinazione sacerdotale era stato concordato per il 10 luglio 1943. Senonché quel giorno le coste siciliane furono scenario dello sbarco degli alleati. Dalla cronistoria del parroco di allora di S. Maria Ammalati si apprende che quel giorno ci furono continue incursioni aeree e notti agitate segnate dal frastuono delle bombe e delle artiglierie. Altro che ordinazione sacerdotale! Fu tutto sospeso”

E come andò a finire?

“Otto giorni dopo il parroco di allora Mariano Vasta scriverà sul proprio taccuino: ‘causa emergenza, il vescovo monsignor Salvatore Russo tiene ordinazione in questa parrocchia e impone le sue mani sui novelli Pappalardo Salvatore da Aci Catena, Urso Salvatore da Aci S. Antonio, Urso Francesco da Aci Catena, Girone Francesco da Aci Castello, Belfiore Francesco da Aci Castello’. Ricordo il giorno della mia ordinazione come se fosse ieri. Fuori lo sparo dell’artiglieria e sui cieli il rumore degli aerei che passavano sopra la chiesa di Santa Maria Ammalati. Oggi gli unici superstiti di quel giorno siamo io e mia sorella, attori e testimoni al tempo stesso”.

Lungo il suo cammino non ha incontrato solo le chiese. Non è così?

“Una volta ordinato il vescovo mi mandò a studiare all’Università Cattolica di Milano dove mi laureai in Teologia romanza e moderna. Avevo già avuto alcuni incarichi parrocchiali ma ben presto la mia missione fu quella di insegnare nelle scuole. Rientrato in Sicilia fui chiamato a insegnare lettere al Collegio San Michele di Acireale. Ebbi sin da subito la sensazione che i ragazzi fossero più grandi di me e provai uno stato d’animo strano”.

Quale è stata l’esperienza scolastica più onerosa e che le ha riservato le maggiori soddisfazioni?

“Sicuramente quella al “Carlo Gemellaro” di Catania, il più grande istituto del capoluogo etneo. All’epoca contava oltre duecento insegnati e 3mila alunni. Iniziai il mio servizio di preside nel 1972 all’età di 52 anni. Quella scuola al mio arrivo era un disastro perché ognuno lì comandava. Dopo diverse denunce alla procura e dopo aver adottato alcune decisioni difficili ma urgenti la scuola cominciò a funzionare”.

Cosa si prova ad avere sulle spalle 75 anni di sacerdozio?

“Ho voluto celebrare il mio 75esimo anniversario di ordinazione sacerdotale qui a Santa Maria degli Ammalati dove ho celebrato la mia prima Santa Messa. Non ho voluto la presenza di autorità e vescovi. Solo io, il parroco don Marcello e la Madonna. Solo così ho provato quelle stesse emozioni di gioia, di felicità, di soddisfazione che provai quel 18 luglio 1943”.

Il giorno dell’anniversario a cosa ha pensato?

“Ai miei confratelli e a tutti quelli che erano con me quel giorno. Si è trattato di una commemorazione e non solo della mia ordinazione sacerdotale. Ho pregato e ho ricordato tutti coloro che sono morti durante la guerra”.

C’è la figura di un santo che la colpisce o un passo del Vangelo che la rappresenta?

“Sono stato creato a immagine e somiglianza di Gesù Cristo e forse indegnamente percorro la sua stessa via. Vorrei far mie le parole di Paolo per poter affermare anche io che nasco, vivo, soffro, muoio e risorgo assieme a Nostro Signore”

Stiamo vivendo la preparazione al Sinodo dei giovani. Cosa direbbe ai ragazzi di oggi?

“L’altra sera mi sono commosso perché alla televisione, durante la recita del santo rosario di Lourdes ho visto un giovane pregare. Non avevo mai visto ciò. Ho visto i bambini, le donne pregare ma i giovani no. A loro dico di pregare e di fare della preghiera un aspetto centrale della loro vita. Vera preghiera non formalità, pregare per comunicare sinceramente con il Signore.

Un’ultima domanda. cosa vorrebbe raccomandare ai giovani seminaristi?

“Una volta diventati sacerdoti, educate i vostri fedeli alla carità. Impegnatevi perché la carità sia al centro di  tutto”.

Domenico Strano

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