Ricordo / Padre Reginaldo Cambareri a 30 anni dalla morte. Teologo domenicano, docente e studioso di bioetica (tra i primi in Italia)

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Era l’otto ottobre del 1989, il giorno successivo alla festa della Madonna del Rosario, quando arrivò la notizia che padre Reginaldo aveva avuto un ictus ed era entrato in coma. Si era sentito male alla fine delle funzioni dedicate alla ricorrenza, che per i domenicani ha sempre avuto una particolare importanza. In quel periodo era a Roma, perché da qualche tempo alternava l’insegnamento all’Istituto Teologico “San Paolo” di Catania con quello all’Angelicum, l’Università domenicana di Roma. Dimorava quindi, alternativamente, sei mesi a Roma e sei mesi a Catania.

Avevo conosciuto quel padre domenicano, ancor giovane, in Fuci, di cui era assistente ecclesiastico, tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70. Cordiale, sempre sorridente, disponibile, colto, era per tutti noi giovani universitari un punto di riferimento molto forte. Scoprii – ma non subito perchè tra le sue doti c’erano anche la modestia e la riservatezza – che era docente di Teologia morale presso lo Studio Teologico interdiocesano “San Paolo” di Catania (da poco fondato) e ne era anche il preside, il primo preside. Tanto che dopo qualche anno, quando i suoi impegni diventarono troppo pressanti, si allontanò un poco e chiese l’aiuto di un vice assistente, che fu don Paolo Urso. Continuò a mantenere però l’incarico di assistente diocesano della Fuci, perché all’epoca c’erano anche altri gruppi in diocesi, oltre quello di Acireale.

Imparai a conoscerlo sempre più e sempre meglio durante gli anni universitari, tanto da instaurare con lui un rapporto di amicizia che durò anche dopo gli anni fucini, anche dopo che lui si trasferì nel convento San Domenico di Catania, dove andavo spesso a fargli visita, trovandolo sempre impegnato nei suoi studi, ma sempre cordiale e disponibile, come sacerdote, come studioso, come amico soprattutto. Me lo ricordo – tra Acireale e Catania – impegnato a compilare una voce per un trattato di teologia (credo fosse una sorta di dizionario) che era in fase di preparazione. E fu lì che sentii parlare per la prima volta di bioetica. Sì, perché lui fu uno dei primi – forse il primo in Italia – ad occuparsi di bioetica, questa giovane disciplina di cui i primi studiosi cominciavano a farsi strada in America – ma prevalentemente in campo medico – negli anni Settanta. Lo dimostrano i suoi “Scritti di Bioetica” che risalgono proprio a quegli anni; tra di essi ci sono delle interessanti “Riflessioni per una lettura dell’Humanae vitae”, l’enciclica pubblicata da Paolo VI proprio nel 1968.  

Padre Reginaldo (a sinistra) con un gruppo di fucini negli anni ’60

Intorno agli anni Ottanta iniziò ad insegnare anche all’Angelicum di Roma, cominciando a fare il pendolare tra Catania e Roma, dove si trovava infatti quando fu colpito dall’ictus. Ricordo che ci preoccupammo molto della cosa, tutti quelli che lo conoscevamo, ma eravamo convinti che nel giro di pochi giorni avrebbe superato la crisi, si sarebbe risvegliato dal coma ed avrebbe ripreso la sua normale attività, come aveva fatto ogni volta che aveva avuto problemi di salute, anche questi affrontati con molta discrezione e senza mai pesare sugli altri. Tra le altre cose, aveva sofferto di varici e gli era stata asportata la vena safena; e poi gli era stato pure tolto un rene. Ma ne parlava con molta serenità, come se si fosse tolto un dente. E nonostante i suoi problemi di salute, continuava a prodigarsi per gli altri, come quella volta in cui ci chiamò a raccolta (in un momento in cui si trovava nel convento di Catania) per una donazione di sangue, non mi ricordo per chi. Ci demmo così tutti appuntamento all’ospedale “Vittorio Emanuele” (che era nelle vicinanze) e dopo il prelievo – un gruppetto di quattro/cinque, lui compreso – ci offrì la colazione, una colazione alla buona a base di caffelatte e biscotti rimediati nella cucina del convento.

Tanti altri episodi e aneddoti potrei raccontare di padre Reginaldo, come il forte legame che aveva con la sua famiglia d’origine, in particolare con il fratello Rocco, di qualche anno più giovane di lui, insegnante e poeta che veniva ogni tanto a trovarlo ad Acireale. Rocco era stato in Cile nel periodo delle rivolte che portarono alla dittatura di Pinochet, e proprio in quel periodo si tenne in Fuci un incontro ed un dibattito sulla situazione politica in Cile, con la partecipazione ed il contributo di Rocco. Lo stesso Rocco tornò ad Acireale qualche tempo dopo per farsi sposare dal fratello Reginaldo. Ed io conservo ancora un bellissimo ricordo di quel matrimonio molto intimo e raccolto nel santuario di Loreto, in cui erano presenti gli sposi Rocco e Mimma e forse qualche altro parente stretto, in cui fece da cornice, curandone l’animazione, tutto il gruppo Fuci dell’epoca. E ricordo ancora la gioia e la riconoscenza di Rocco e della sua giovanissima sposa Mimma; e Rocco in segno di ringraziamento ci regalò i libri delle sue poesie. Anch’io ho avuto il piacere di avere padre Reginaldo come concelebrante al mio matrimonio, svoltosi nella chiesa di San Domenico.

Padre Reginaldo da giovane

Ricordo ancora che l’avrei visto bene come vescovo, per la grandissima preparazione teologica, per la sua profonda spiritualità, per le sue doti di comunicativa, ma anche per le sue capacità gestionali e organizzative (oltre ad essere stato preside dell’Istituto “San Paolo”, era stato anche priore del convento di San Rocco). Un giorno glielo dissi, e non per scherzo: ed egli, sorridendo, mi rispose che era una cosa che aveva già accantonato da tempo, facendomi nel contempo capire che forse qualche proposta in merito l’aveva davvero ricevuta.

Intanto le notizie che arrivavano da Roma, in quel 1989, non erano confortanti: padre Reginaldo continuava a restare in coma, finché il 6 novembre apprendemmo che era deceduto senza risvegliarsi, a soli 55 anni. La notizia gettò nello sconforto i parenti e tutti quelli che lo conoscevano. I riti esequiali si svolsero a Roma, nel suo paese natale Gerocarne (in provincia di Vibo Valentia) e ad Acireale, nel cui cimitero è stato tumulato, nella cappella dei Padri Domenicani. A Gerocarne gli hanno intitolato, qualche anno dopo, una strada. Ad Acireale invece un suo ex allievo, don Salvatore Privitera, fondatore dell’Istituto Siciliano di Bioetica (deceduto anche lui prematuramente), gli ha intitolato nel 1991 la biblioteca annessa all’Istituto.

A distanza di più di trent’anni, gli studi e gli scritti di bioetica di padre Reginaldo Cambareri sono ancora di stretta attualità, anzi, hanno forse ripreso vigore, perché trattano di aborto, controllo delle nascite, manipolazioni genetiche ed eutanasia.

A 30 anni dalla morte, lo ricorderanno, il prossimo 6 novembre, un gruppo di fucini degli anni ’60 e ’70, con una celebrazione eucaristica che sarà officiata nella chiesa di San Rocco dal vescovo emerito di Ragusa mons. Paolo Urso, a cui faranno seguito delle testimonianze di confratelli, ex alunni, ex fucini e parenti. Sarà presente anche il vicario generale della diocesi mons. Giovanni Mammino.

Nino De Maria

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