Scrivere di un caro amico che ci ha lasciato non è semplice. Ci sono delle figure senza tempo, protagoniste indiscusse di un luogo. Questo era Renato Lo Coco per Linguaglossa. Lo avevamo soprannominato “Il Maestro”. Il 5 settembre 2021 ci ha lasciati. In questi mesi tante volte ci è tornata in mente la sua voglia di vivere, il suo grande senso dell’umorismo. Mi ha sempre affascinato la capacità che aveva Renato di confrontarsi cogli altri, senza barriere di età (si direbbe da 0 a 99 anni).
Il nostro Renato è un patrimonio di umanità a cui non vogliamo sottrarci. Sin dal giorno del suo funerale ci eravamo promessi che lo avremmo ricordato in maniera diversa. A un anno di distanza, con Adalberto Cavallaro, Aldo Guzzetta e con lo sprono dei tantissimi amici di Renato, abbiamo sentito il bisogno di organizzare una serata a modo nostro, come avrebbe voluto certamente anche lui.
In piazza Madonnina della Pineta gli abbiamo reso omaggio con una panchina in legno e una targa, semplice ma ricca di significato, A Renato. Sedersi su questa panchina sarà un modo per colmare in parte un vuoto. La sua presenza in piazza era una delle certezze di chi frequentava Linguaglossa, un vero e proprio legame indissolubile: «Andrea, vidi ca Renato Lo Coco nisciu ‘nda chiazza a quattr’anni». Me lo ripeteva spesso, era un suo cavallo di battaglia.
L’omaggio degli amici a Renato Lo Coco
Dopo la messa in suo onore, ci siamo riuniti al Colonnato dei Domenicani di Linguaglossa. Un ricordo che abbiamo voluto condividere con tutti, anche chi non poteva essere materialmente con noi in realtà c’era.
Una festa per Renato. Lui era con noi in prima fila, «nella sua invisibilità», ha detto bene don Orazio Barbarino.
«Compare, io mi sono fatto un calcolo. In questo paese ci sono almeno 2000 pazzi» diceva spesso a Giovanni Cavallaro e agli amici della piazza Matrice, il suo quartier generale. La metafora della follia come gioia di vivere, superando i pregiudizi del conformismo, in questo Renato era unico e inimitabile.
Aldo gli ha reso omaggio con una bellissima interpretazione, ripercorrendo le frasi degli «anni ruggenti», avrebbe detto René. La serata ha visto anche la presenza di alcuni compagni di scuola. Giuseppe Vecchio ci ha permesso di conoscere alcuni particolari degli anni da studente che avevamo solo immaginato. Un’intelligenza vivacissima, studiava poco «solo con la spiegazione in classe riusciva a capire e anche a prevedere qualche argomento».
Primo della classe al Collegio Pennisi di Acireale ma, essendo uno spirito libertario, con qualche sbavatura nella disciplina. Si trattava di una prestigiosa istituzione scolastica di cui ogni tanto parlava agli amici con episodi indimenticabili «a me al Collegio hanno rotto l’osso zigomatico! Divina Commedia, Bucoliche, tutto a memoria!».
Una figura istrionica che non faceva mistero delle sue opinioni, anche quelle non di moda. Un grande appassionato di calcio, passione condivisa con Aldo, Giovanni, il ragionier Zino Raineri. Era stato dirigente del Linguaglossa Calcio, oltre che tifoso sfegatato della Juventus. Nel corso della serata sono stati proiettati alcuni video, tra cui uno spezzone della trasmissione “Martedì Sport”, che andava in onda su Radio Tele Alcantara.
Renato Lo Coco sempre presente nella vita del paese
A Giovanni Cavallaro (o Sean, come lo aveva soprannominato) era legato in particolar modo, una sorte di fratello minore. Renato tutte le sere aspettava la chiusura del tabacchino di Giovanni. Un rituale che fa venire in mente “Nuovo Cinema Paradiso”- «La piazza è mia». Non c’era iniziativa pubblica a cui Renato non prendesse parte: dallo sport alla politica (storico militante del Partito Repubblicano), dal carnevale alla festa di San Rocco (in cui per tanti anni suggeriva il film della settimana dei festeggiamenti).
Concetto Tambone ha ricordato la sua passione per il buon cibo, raccontando l’episodio del pesce stocco alla messinese. Renato era rimasto sconvolto dal fatto che non gli avessero servito la pietanza nel piatto cupputu, come tradizione vuole.
Con Don Orazio abbiamo ripercorso anche il suo rapporto con la fede, l’essere cristiano a suo modo. Memorabile la sua lettura del Vangelo durante la santa messa in chiesa Madre, registrata in diretta dalla RAI.
Adalberto ha voluto tratteggiare alcuni aspetti della sua brillante intelligenza: l’amore per i lirici greci, per la lezione immortale del mondo classico. La sua personalità forte e il rivendicare pervicacemente la sua libertà lo portò a fare anche delle scelte controcorrente. La famiglia prospettava per lui una carriera a cui non era interessato e che rifiutò, decidendo di interpretare il ruolo di eterno giovane ribelle, un po’ come Jim Stark in Gioventù bruciata, così come aveva confessato ad Adalberto.
I ricordi di quanto si è condiviso con Renato Lo Coco
Io avevo scritto qualcosa per l’occasione, ma davanti al microfono poche parole mi sono venute in ispirazione. A Renato sono legati molto momenti della mia adolescenza. Un pezzo importante della Linguaglossa a cui appartengo non potrebbe far a meno di ricordare la sua voce. Il ricordo di Renato mio prode istruttore di guida. Senza di lui difficilmente avrei preso la patente. Ho condiviso con lui tante tappe, dal diciottesimo alla laurea. L’altra sera, quando l’emozione ha prevalso, mi è venuta in soccorso una sua massima«quante cose dovrei dire, ma non posso».
Gli abbiamo voluto dedicare questo incontro per riabbracciarlo con le parole, le immagini, le scene epiche, il tutto accompagnato dal maestro Nino Di Francesco e dalla voce di Enrica Guzzetta.
Adalberto ha scelto dei versi di Alcmane a cui Renato teneva. Marilena Cosentino li ha letti per noi e ci ha restituito l’intenso messaggio del poeta greco:
«Non più, o fanciulle dolcecanore e altisonanti,
le mie membra mi posson trasportareː fossi, oh, fossi io un cerilo,
che sul fior dell’onda vola con l’alcioni,
avendo un cuore puro, sacro uccello d’ali purpureeǃ»
Tanti e tanti altri ancora avrebbero avuto episodi con Renato da raccontarci. Ne ricordo solo alcuni e mi scuso con chi dimentico: Carmelo, Filippo, Nunzio, Turi, Pippo, Giovanni, Irene, Maria, Franco, Giuseppe, Luciano, Pina, Mario (scrivo solo i nomi volutamente, loro si riconosceranno). La vita di Renato è un filo rosso in cui si intrecciano le storie di tanti.
Nessun uomo muore finché vive nel cuore di chi resta. È proprio vero.
Ciao Renato, ciao Maestro. Ti promettiamo di comportarci bene!
Andrea Giuseppe Cerra