Riflessione / Chiara di Assisi, donna di ascolto, sperimentò l’importanza della vita di relazione

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Chiara di Assisi, donna vissuta nel XIII secolo, ancora oggi con la sua esperienza può essere significativa per gli uomini e le donne del nostro tempo che sembrano aver sfilacciato i contorni della propria identità, perso il senso dell’esistenza, dello spazio e del tempo e vivono le relazioni spesso in superficie.
È una donna di pace, che ha assunto nel quotidiano lo stile di Gesù Cristo, essendosi impegnata a vivere il Vangelo, in atteggiamento di dono gratuito di sé. Il costante sistema di riferimento nella sua esistenza è la relazione contemplativa con Cristo che plasma la sua vita.
Diviene donna di ascolto: immersa in Dio percepisce, pensa, ama, agisce e definisce se stessa, gli altri e il mondo. Matura in modo progressivo una reale esperienza di fede che si riflette nelle relazioni.
Vivendo secondo l’obbedienza della fede nel quotidiano, nella ricerca del volto di Dio, Chiara si lascia istruire da qualsiasi frammento di verità e di bellezza che trova in sé e attorno a sé. Struttura il tempo alla presenza del Signore e, contemporaneamente, si allena nel quotidiano ad incontrare le sorelle e ogni altro con atteggiamento contemplativo e mistico.
Vive attraversando la vita nella sua interezza. Giunge al suo epilogo più alto quando, in punta di morte, volgendosi alla sua anima, dice: “Tu, Signore che mi hai creato, sii benedetto”.
Chiara, vivendo costantemente in Dio, sperimenta ciò che è veramente importante nella vita: custodire le relazioni. Si impegna perciò a vivere “sine proprio”, per liberarsi costantemente di tutto ciò che non le permette di vivere ogni relazione in profondità.
Imitando Cristo povero, si colloca come Francesco tra coloro che non contano, a vivere con le sorelle fuori delle mura di Assisi, per rendere visibile la prossimità di Dio ai disperati e a coloro che non contano. Mettendo a fondamento della sua esistenza il Vangelo vissuto “senza nulla di proprio” in santa unità e in obbedienza, Chiara dona la vita senza condizioni non solo alle sorelle della fraternità, ma ad ogni persona che bussa alla porta del monastero.
Vive in fraternità un’autentica esperienza comunionale e, attraverso la contemplazione, diviene dimora e sede del Creatore. È una donna sempre in relazione, che mette al centro il Signore: ciò avvia un processo che rende possibile in lei l’unificazione della persona e la santa unità. In fraternità non innesca giochi di potere, né stabilisce relazioni ricattatorie. Esercita l’autorità con fermezza, garantendo il rispetto delle regole, in uno stato di umile ricerca della volontà di Dio. Favorisce la crescita umana di ciascuna, partendo da Cristo e ritornando a Lui.
Garante del bene comune fondato sulla fedeltà al Vangelo aiuta le sorelle a “conservare l’unità della reciproca carità e della pace” (RsC IV 22: FF 2782). In fraternità Chiara chiede ad ognuna di stabilire delle relazioni che rendono visibile lo spazio sacro esistente tra le persone. Fa maturare il senso del rispetto reciproco, la capacità di rimanere sempre in relazione, nell’accoglienza incondizionata, e l’attenzione a considerare il tu dell’altra nella sua interezza.
Anche nella correzione fraterna vede una possibilità per rimettersi nel solco evangelico, dove l’unità di misura è l’amore. Chiara chiede infatti ad ogni sorella di non confondersi con il limite dell’altra, ma di riconoscere oggettivamente se stessa e l’esserci dell’altra in quanto persone capaci di custodire la vita e la fedeltà al Vangelo.
Fa scoprire alle sorelle l’unicità del proprio esserci in relazione paritaria con le altre, pur nel rispetto della diversità dei ruoli, in atteggiamento di autentico spirito fraterno, dove ognuna riconosce il servizio della madre quale responsabile della fedeltà di ciascuna al Vangelo.
L’esperienza relazionale vissuta da Chiara e dalla sua fraternità può essere significativa anche per il nostro tempo. Ella vive la dimensione mistica o contemplativa della fraternità: vede Dio in ogni persona, cerca la felicità degli altri come fa il Padre (cfr. EG 92). È il sogno di molti realizzare relazioni significative tra famiglie, fraternità, città, Stati, dove è possibile la riconciliazione e l’accoglienza reciproca.
L’esperienza di Chiara e delle sorelle offre una modalità umana ed evangelica di relazione che apre alla speranza.
La sua testimonianza può aiutare gli uomini e le donne di oggi che respirano una cultura omologata. In questo tempo, infatti, al singolo interessa apparire e non investire sul proprio essere, mettere in mostra le proprie capacità e non a servizio, difendere il proprio orticello, consumando rapporti fluidi, senza impegnarsi nelle relazioni profonde.
Chiara, trascorrendo tutta la vita in monastero, aiuta oggi a riflettere sull’importanza del rapporto con lo spazio e con il tempo, sulla capacità di ascoltare, di contemplare, di scoprire la bellezza del silenzio e della solitudine come luogo di preparazione a vivere profondamente le relazioni.
La speranza di cui il mondo oggi ha bisogno affonda le radici in Cristo e Chiara ci testimonia che nella relazione costante con Lui ogni persona può imparare a essere in relazione con l’altro nella fedeltà. Guardando dalla parte del Signore gli uomini e le donne sparsi sulla faccia della terra e tanto amati da Dio, ognuno, come Chiara e le sorelle, può apprendere da Gesù e dal Vangelo l’arte dell’amore gratuito da incarnare nel quotidiano, per essere come il Signore ci ha creato: umani e divini.
È questa la rivoluzione molto semplice da adottare come Chiara per poter essere significativi oggi come cristiani?

Diana Papa

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