La sera, da un po’ di tempo in qua, ho preso la sana abitudine di aprire una pagina a caso del Vangelo e focalizzare una frase o una parola chiave. È un momento atteso e vissuto come una sorta di consuntivo della mia giornata.
Sento il desiderio di verificare se il mio operato sia stato aderente, o se almeno io ci abbia provato, al suggerimento dell’ ormai immancabile zoomata. E senza perdermi nella notte dei tempi, qualche sera or sono, nella rituale apertura, sono rimasto “folgorato” dalla frase: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti”. Lo stupore del Vangelo!
Una riflessione che parte dal Vangelo
Approfondisco il brano tratto dal capitolo 9 di Marco da cui si è “staccato” quell’ inciso. Esso mette in evidenza la disarmante leggerezza degli apostoli i quali, anziché elaborare quanto Gesù gli aveva rivelato, preferiscono dibattersi su chi fosse il più grande tra loro.
Quanto mi riconosco in quel comportamento tanto spontaneo quanto incoerente!
Senza andare troppo lontano, proprio l’altra mattina cominciavo a battibeccarmi con mio figlio su quando avrebbe dovuto portare la sua auto a fare il tagliando. Per l’esattezza, il ragazzo soprassedeva, mentre io avrei voluto lo facesse immediatamente. Sicuramente se gli avessi dato più spazio, sarebbe riuscito a dirmi che lo avrebbe senz’altro fatto più in là, in quanto non ravvisava l’ urgenza da me sollecitata.
Più scorro quel ricordo, più mi pare di rassomigliare a quei discepoli, specialmente quando, in casi come questo, discuto in famiglia su chi debba avere l’ultima parola. Pensandoci su, mi rendo conto che quell’ atteggiamento, apparentemente determinato, nasconde , invece, una debolezza. Gesù, però, dà sempre una possibilità per ravvedersi. E quando si vuole fare valere la presunta giustezza della propria posizione, ci invita, invece, a tirare il freno a mano.
Abbracciare le proprie fragilità
In questa visuale rinnovata, bloccare il tentativo di essere il “primo” a tutti i costi diventa una manovra necessaria. Per accogliere Lui non bastano solo le catechesi, i rosari, le novene, ma si devono abbracciare le proprie fragilità. Altro che essere i primi!
Bisogna accettare il lato bambino che c’è in noi. Si deve essere disposti a stringere l’inadeguatezza tra le braccia della nostra parte adulta. Non è roba da poco! Ma si tratta di lasciare agire il Padre nella nostra storia. Dobbiamo permettergli di modellarci per prendere la forma di ciò che Lui ha pensato per noi.
La novità sorprendente è che, facendoci gli ultimi di tutti, Lo ameremo in pienezza pur con le nostre fragilità, perché non c’è nulla che Egli voglia tralasciare di noi. Tutto possiamo condividere con Lui!
Marcello Distefano