Il punto e virgola; questo illustre segno di punteggiatura. Un nobile decaduto? Oggi quasi in disuso. Versatile, poliedrico, riflessivo, lungimirante persino; e forse proprio per le sue aritmie, ormai bandito nel linguaggio giornalistico; quasi scomparso in quello comune; tollerato, al più, in quello saggistico e narrativo.
Eppure, imponendoci una pausa nella stessa elaborazione del pensiero, prima ancora che nella sua esposizione, andrebbe invece difeso, protetto, rinvigorito; a non voler dire… riesumato.
Da qui qualche notazione, che non a caso rievoca nella titolazione, quasi per una legge del contrappasso, un celebre saggio vergato nel 1961 dalla feconda penna di Umberto Eco.
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Se per il prolifico autore de Il Nome della Rosa il punto e virgola, in linea di principio, non emoziona e non rende partecipi; di contro per il linguista Antonio Frescaroli, quando si sostituisce alla virgola è una questione di chiarezza sintattica; quando prende il posto del punto fermo è questione di stile.
Per Michele Mari ed Ernesto Franco è un ossimoro che separa collegando e collega separando.
Quando il punto e virgola era in auge..
Ma è solo una querelle di proprietà di linguaggio tra addetti ai lavori, che si gioca sul punto e virgola? O vi è dell’altro? Altro che può rimandare ad Altro?
In cerca di risposte risolutive seguiamo le orme di uno scrittore che ha reso la sua pregevolezza stilistica, proprio a tal fine sciacquata in Arno, portatrice di una visione provvidenziale della fede.
“ A misura che queste parole uscivan dal suo labbro, il volto, lo sguardo, ogni moto ne spirava il senso. La faccia del suo ascoltatore, di stravolta e convulsa, si fece da principio attonita e intenta; poi si compose a una commozione più profonda e meno angosciosa; i suoi occhi, che dall’infanzia più non conoscevan le lacrime, si gonfiarono; quando le parole furono cessate, si coprì il volto con le mani, e diede in un dirotto pianto, che fu come l’ultima e più chiara risposta..”.
Uno dei passi più memorabili della letteratura d’ogni tempo… quando il punto e virgola era in auge.

Ma che non sia un mero esercizio di stile, Manzoni lo indica nella progressione con cui, nel dialogo tra il Cardinale Borromeo e l’Innominato, il punto e virgola scandisce le pause e le riprese, da una contrizione liberante ad una speranza liberata, che segnano quella provvidenziale conversione.
Definizione del dizionario Treccani
Un supporto descrittivo di dinamiche dell’interiorità, pressoché ineguagliabile. Ma solo descrittivo?
Ripartiamo dalla definizione del dizionario Treccani. “Il punto e virgola indica uno stacco intermedio tra due proposizioni di un periodo: più forte della semplice virgola e meno forte del punto”.
Uno stacco intermedio, dunque. Esprime proprio questo: l’asserzione di un quid già allo stato, definito e acquisito; ma al contempo, proiettato verso un ulteriore sviluppo o un suo compimento. Step successivo che può essere di natura logica, storica e per quanto qui ci riguarda, esistenziale.
Come non pensare così, al già e non ancora che permea il cammino della nostra vita (A Diogneto). Che già i fedeli d’Israele rivivevano diuturnamente, dandosi il saluto con l’invocazione Marana tha, Vieni Signore Gesù; replicando al saluto con l’affermazione Maran athà, Il Signore Gesù è venuto.
Da cui il monito di Ireneo di Lione: Cristiano diventa ciò che sei: il vero obiettivo della conversione. Che nell’Esortazione Familiaris Consortio San Giovanni Paolo II rende Famiglia diventa ciò che sei.
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Il punto e virgola ha valenza di autodisciplina
Senza voler giocare con le parole, il punto è… che il punto e virgola ha valenza di autodisciplina. La sua peculiarità può involgere non solo l’espressione del pensiero, ma anche la sua gestazione.
Un suo utilizzo, consueto e appropriato, può soccorrere non solo ad affinare gli stilemi espositivi dell’estensore di uno scritto, ma nel tempo, pure a perfezionarne i processi cognitivi e decisionali.
Imponendo uno stop and go alla sequenzialità logica e argomentativa, può meglio cadenzare la rielaborazione degli accadimenti del vissuto quotidiano; in una più meditata applicazione dei criteri di giudizio che ordinariamente si è soliti adottare. Sempre, ove possibile, secondo una prospettiva.
E in tal senso si valorizza; quando dal piano lessicale si trasla e si consolida in quello spirituale. Fino a giungere, perfino, a riadattare le tempistiche stesse del nostro modus operandi e vivendi.
E così, in definitiva, rivelarsi un prezioso ponteggio su cui poter puntellare la nostra ascesi.
Lasciamo allora che il punto e virgola possa ancora punteggiare il nostro cammino di fede…
Giuseppe Longo