Riportiamo le riflessioni del professor Francesco Pira su uno scorretto utilizzo dei social da parte dei giovani.
“Le colpe appartengono all’intera società che non si occupa ancora abbastanza dei più piccoli. Le leggi che ci tutelano ci sono, ma i casi di soprusi si ripetono e sono in aumento. Non dobbiamo agire dal punto di vista della repressione, ma dobbiamo cambiare la cultura. Dobbiamo andare nelle scuole a spiegare ai bambini, ai ragazzi e ai loro genitori il valore della vita e del prossimo. Dobbiamo educare alle emozioni, tornare a far battere il cuore visto che nessuno riesce più ad insegnarlo”.
Pira / La socialità ai tempi del digitale
E’ il tempo in cui pre adolescenti, adolescenti e giovani cercano in tutti i modi di soddisfare il loro bisogno di approvazione sui social e a volte decidono di affrontare alcune sfide pericolosissime. Quante vittime dobbiamo contare ancora di una challenge? Ma che cos’è una challenge? Si tratta di una sfida sui social network. Nasce dal desiderio di farsi amare, di guadagnare “like” e di farlsi apprezzare dagli altri. Una costruzione quotidiana del proprio io iperfluido che, come se fosse esposto in vetrina, guadagna cuoricini e consensi su Instagram. Tanti sono i giovani disposti a compiere qualsiasi gesto per ottenere l’approvazione da parte dei propri follower.
Ormai, abbiamo oltrepassato ogni limite, perché non siamo più di fronte a persone che vogliono solo apparire o che vogliono far vedere quanto sono brave o che hanno necessità di guadagnare “like”. Mettere a rischio la propria vita e quella degli altri significa che siamo di fronte ad un’emergenza e alla mancanza totale alla responsabilità. Vuol dire anche non avere rispetto per noi stessi e per il prossimo ed è un aspetto molto grave.
Pira / Giovani e social: gli incidenti delle challenge
Da sociologo della comunicazione, sulla base dei miei studi e delle mie ricerche, posso affermare che una società che mette in pericolo la vita delle persone è una società su cui bisogna lavorare e intervenire per dar vita ad un vero cambiamento.
Non mi riferisco alla forme repressive, ma noi dobbiamo educare i nostri giovani ad avere un comportamento responsabile. Ottenere un “like” uccidendo qualcuno, durante una sfida, è davvero terribile ed inspiegabile. Gli Influencer morti per compiere sfide in rete non si contano più. Competizioni sconsiderate che è possibile rintracciare in diversi casi di cronaca. Tanti i giovani che guidano e trasmettono le loro dirette per dimostrare di essere bravi a guidare e di compiere grandi imprese sulle strade.
Basta ricordare la challenge “50 ore in Lamborghini” che ha interrotto la vita di un bambino. I giovani Youtuber, TheBordeline questo il nome del gruppo, si sono filmati dentro la loro auto per portare a termine la loro nuova impresa. La folle competizione prevede che si rimanga sempre a bordo della macchina, compresa la notte, evitando di scendere e di speronare le altre autovetture. Purtroppo, il viaggio in auto di questi giovani si è concluso nel peggiore dei modi con la morte di un bambino di cinque anni. Le reazione sono state durissime, ma si sono spente le luci dei riflettori e siamo pronti a discutere di un nuovo caso di cronaca, riportato dal portale Rainews.it.
Pira: giovani e social / Incoscienza degli utenti
Infatti, è successo di nuovo e questa volta a Frosinone. Un incidente è stato trasmesso in diretta Facebook. Alla guida un 30enne che ha ripreso con il suo smartphone il suo schianto contro un’altra autovettura. L’uomo è risultato positivo al test di alcol e droga e ha causato un incidente frontale, invadendo la corsia di marcia opposta e scontrandosi contro una Nissan con a bordo una donna di 44 anni e i suoi bambini di 7 e 5 anni.
Il filmato è stato acquisito dalla Procura della Repubblica di Frosinone. La bambina di 5 anni è stata operata ad un braccio e per fortuna la mamma e il fratellino sono fuori pericolo. L’automobilista è ricoverato a Frosinone, ma dovrà rispondere di “tentato omicidio stradale”. Una totale assenza di responsabilità nei confronti degli altri che non può essere più accettabile e non possiamo più permetterci di continuare a contare i morti, perché qualcuno deve fare l’eroe sui social.
Il problema, dal punto di vista sociologico, è che moltissime persone si realizzano nel far vedere agli altri tutto quello che fanno. Tecnicamente si chiama “democratizzazione del privato”. Mostrare il nostro privato ci rende felici e soddisfatti, perché pensiamo di acquisire dei meriti nei confronti degli altri. Si tratta di una vera e propria forma di devianza che deve essere combattuta cosi come si combatte la ludopatia o altre devianze. Non è umano pensare di ottenere consensi sulla rete, in particolare su TikTok e Instagram, grazie ad una sfida. Quello che sta accadendo non è facilmente spiegabile, perché non c’è una logica e non è un comportamento che attiene ad una società civile.
Francesco Pira / Le ricerche sociologiche: democratizzazione del privato
Questi atteggiamenti devono essere combattuti, ma non serve puntare il dito e sostenere che tutto è sbagliato. Invece, dobbiamo educare e abbiamo bisogno di un’educazione di qualità e abbiamo la necessità di rivalutare anche il concetto di privacy. Il grande sociologo Zygmunt Bauman sosteneva che siamo noi che forniamo tutti i nostri dati e siamo noi che amiamo democratizzare il nostro privato. Esponiamo la nostra vita ad innumerevoli rischi.
Il portale orizzontescuola.it ha riportato i numeri di recenti statistiche che vedono il 75% dei genitori condividere foto e dati dei propri figli sui social media. Un’abitudine pericolosa, perché la rete presenta numerose insidie per la privacy e la diffusione dei dati personali. A confermare queste preoccupazioni anche i pediatri che, qualche tempo fa, hanno lanciato un allarme sul fenomeno diffuso della condivisione sui social delle foto dei minori. Si chiama “Sharenting” e la Società italiana di pediatria ha calcolato come per ogni bambino tutti gli anni siano circa 300 le fotografie caricate in rete. Le normative ci sono, ma non vengono rispettate dai genitori che continuano ad essere “adultescenti”. La polizia postale raccomanda di non pubblicare le immagini dei bambini o di fornire i propri dati e noi invece continuiamo a pubblicare.
Francesco Pira: giovani e social / Le parole di Papa Francesco
Quando andiamo a pranzo non ci preoccupiamo di gustare il cibo, perché dobbiamo fotografare, e inviare tramite whatsapp, i piatti che stiamo mangiando ai nostri contatti. Questo non solo ci fa perdere il gusto del cibo, ma a tavola non riusciamo più nemmeno di dialogare. Quante coppie, giovani e meno giovani, vediamo sedute ad un tavolo con il cellulare in mano e non si guardano più negli occhi.
Ormai è difficile per i giovani distinguere il mondo virtuale e il mondo reale, perché tendono a vivere in assoluta iperconnessione e visitano anche forum sconsigliabili. In questo momento uno dei grandi temi è il suicidio. Ogni 11 minuti nel mondo muore un adolescente, perché non riesce a sopportare il peso della vita.
Gli adolescenti dovrebbero sognare e non essere cosi fragili e insicuri. In diverse occasioni è intervenuto Papa Francesco per incoraggiare e dare speranza ai giovani. Infatti, anche per la messa conclusiva della Giornata Mondiale della Gioventù ha utilizzato parole meravigliose: “A voi, giovani, che coltivate sogni grandi ma spesso offuscati dal timore di non vederli realizzati; a voi, giovani, che a volte pensate di non farcela, di non essere capaci, c’è un po’ di pessimismo; a voi, giovani, tentati in questo tempo di scoraggiarvi, di giudicarvi inadeguati o di nascondere il dolore mascherandolo con un sorriso; a voi, giovani, che siete il presente e il futuro; sì, proprio a voi, giovani, Gesù dice:’Non temete!‘”.
Francesco Pira, delegato del rettore alla Comunicazione all’Università di Messina, dove insegna comunicazione e giornalismo ed è coordinatore didattico del master in social media.