Mentre israeliani e palestinesi di Hamas si rimpallano la responsabilità dell’orrendo massacro dell’ospedale di Gaza, nel quale il numero delle vittime, in gran parte bambini, resta indefinito tra 200 e 500, il mio ricordo va a 56 anni fa.
Erano gli ultimi giorni di scuola quel 5 giugno del 1967 in prima Liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale, al deflagrare della “Guerra dei sei giorni “ in Medio Oriente.
Entrato alla prima ora in classe, il prof. Mario Cortellese, insegnante di Italiano e Latino di antica formazione cattolico-democratica, tralasciò ogni programma e radunò tutti gli studenti, assai numerosi, attorno alla cattedra e ci diede piena consapevolezza delle “ragioni” dei Palestinesi e degli Israeliani.
Fu, la sua, una scelta di campo civile, storica e morale nettissima a favore della storia e del diritto del popolo di Palestina, pur esecrando senza equivoci e con molto rigore le azioni terroristiche e la guerra.
La guerra dei sei giorni
Comprendo da allora, e ancora oggi pienamente, il suo rigoroso punto di vista e debbo constatare, ancora una volta, come in larghissima misura il popolo palestinese paghi carissimo il vile scopo di trasformarlo in un popolo di terroristi.
Azione condotta occultandone l’estrema miseria materiale e civile, nella quale è costretto sin dal cinismo dell’abbandono del protettorato britannico retto dal 1922 al 1948 e la creazione dei due Stati dalla deliberazione dell’Onu (Nazioni Unite) del novembre del 1947. Quando cominciò subito la interminabile orribile sequela di guerre e attentati che quella Terra atavica e sacra al Medio Oriente e all’Occidente cosparse di innumerevoli vittime e distruzioni.
Dall’orribile “estirpazione “di guerriglieri palestinesi, perpetrata dal musulmano re Husayn di Cisgiordania, con l’appoggio della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, in quel famigerato “Settembre nero“ che portò alla conseguente altrettanto orrenda “strage di Monaco”, dove un gruppo di atleti israeliani, furono sequestrati e uccisi durante le olimpiadi del 1972.
La più orribile di tutte le stragi fu quella consumata alla periferia di Beirut. Quando, nel 1982, le milizie cristiano-falangiste entrarono nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila per vendicare l’assassinio del loro neoeletto presidente Bashir Gemayel, dando vita ad un massacro della popolazione palestinese che durò due giorni, con gli israeliani, installati a 200 metri da Shatila, a creare una cinta intorno ai campi e a fornire i mezzi necessari all’operazione. Il bilancio fu di circa 3.000 vittime con moltissimi donne e bambini.
La sciagurata offensiva di Hamas
Oggi, mi appare dunque, di ora in ora, più criminale che mai la sciagurata irruzione in territorio israeliano con la strage di intere famiglie, da parte di “Hamas”. (Acronimo di Harakat al-muqawamat al-islamiyya «Movimento della resistenza islamica») e omofono di «zelo, ardore» (sic!).
L’organizzazione estremista palestinese fu fondata a Gaza nel 1987 con l’obiettivo di liberare la Palestina dall’occupazione israeliana. Ma in realtà, foraggiata dal denaro ininterrotto del Qatar, senza il quale non durerebbe che pochi giorni e, in queste ore, sostenuta con assai imponente e massiccio uso di armi e missili dell’Iran.
Hamas, peraltro, è affiliata al programma politico e ideologico dei Fratelli musulmani egiziani che, inaspettatamente e sfruttando la disperazione del popolo palestinese confinato nella “sacca” di Gaza, nel gennaio del 2006 ottenne la maggioranza dei seggi alle elezioni in Palestina, con una guerra civile che dette vita alla creazione, nel giugno del 2007, di uno Stato da essa totalmente controllato nella Striscia di Gaza.
Dalla nascita, Hamas ha fomentato e soffiato sul fuoco criminale di una impossibile rivalsa su Israele e la creazione di uno Stato Palestinese. Soprattutto dopo che nel 2017 il presidente palestinese Mahmūd Abbās (Fath) espulse le sue milizie. Lo stesso ha mostrato nel tempo il suo unico “scopo”. Cioè un potere illimitato e dittatoriale, rivestito come tutte le dittature di smodate ricchezze personali, corruzione e superficiali e propagandistici provvedimenti “sociali” e assistenziali.
Distrutta la parvenza di una possibile pace
Iniziative, queste, che hanno distrutto la speranza di una lunga e faticosissima parvenza di una possibile pace, che pure gli accordi di Oslo del 1993 e la neonata successiva Autorità nazionale palestinese (Anp) avevano sancito con il patto stipulato tra l’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) di Arafat, premio Nobel per Pace nel 1994 assieme a Rabin e al laburista israeliano Peres.
Le offensive di Hamas e la risposta di Israele in meno di vent’anni hanno causato la morte di decine e decine migliaia di persone.
Nel giugno 2006, quando con l’operazione “Pioggia d’estate” gli scontri sono andati avanti fino al 26 novembre con un bilancio di 400 palestinesi uccisi. Nel dicembre 2008, la massiccia operazione “Piombo fuso” di Israele in risposta al lancio di razzi contro il suo territorio. Operazione militare il cui bilancio, al momento del “cessate il fuoco” nel gennaio 2009, registrò 1400 palestinesi (in maggioranza civili) e 13 israeliani uccisi.
L’operazione “Confine protettivo” nel 2014, dopo il rapimento di tre giovani israeliani, causò oltre 2.100 palestinesi e 73 israeliani uccisi. Nel maggio 2021 alla pioggia di missili di Hamas su Israele, dopo settimane di tensione sulla moschea al-Aqsa, Israele rispose con intensi bombardamenti su Gaza, morti 250 palestinesi e 13 israeliani. Nell’agosto 2022 44 palestinesi furono uccisi (tra cui 15 bambini) in tre giorni di raid “preventivi” israeliani contro depostiti di armi nella Striscia. In risposta, le fazioni palestinesi lanciarono un migliaio di missili verso il territorio israeliano.
Il martoriato territorio di Gaza
In queste ore il mondo assiste, da una parte, al continuo lancio di missili su Israele da parte di Hamas e degli Hezbollah, che producono morti e distruzione. Dall’altra, al dispiegarsi dell’immensa potenza militare israeliana. Questa produce una inaudita azione di distruzione e massacro in quella disgraziata riserva di territorio di Gaza, già resa priva di beni essenziali per la vita come l’acqua, il cibo, le medicine, l’energia elettrica. Ridotta e rinchiusa dal feroce e indistruttibile muro di cinta che l’ha trasformata in un campo di prigionia. Qui è vittima, Gaza, della follia di una dittatura fanatica della guerra totale in mano a Yahya Sinwar, «il puro» che ha imparato l’ebraico nella prigionia e oggi ha in mano le redini del potere si appresta a manifestarsi.
Si aggiunge così un tassello, il più pericoloso e foriero di conseguenze per il mondo intero, di quella “guerra mondiale a pezzi” presagita da Papa Francesco. Guerra cominciata in Cecenia, in Afganistan, nella ormai distrutta e obliata Siria e nella martoriata Ucraina e profetizzata dalle grandi culture spirituali dell’oriente e dell’Occidente.
Rosario Patanè