L’inesorabile scorre del tempo ci conduce alla conclusione dell’anno civile, momento favorevole per tirare le fila e chiederci come abbiamo trascorso l’opportunità di questi 365 giorni che ci sono stati concessi.
Un uomo non è una azienda, per cui non ha da valutare entrate ed uscite, per trarne il profitto o la perdita di esercizio. Siamo chiamati, invece, a “contare i nostri giorni, per giungere alla sapienza del cuore” (Sal 90). Il tempo, scorre tra “gioie e speranze, tristezze ed angosce” (GS, 1), tra momenti esaltanti di gioia indicibile e delusioni, tra feste e lutti … Ogni cosa, nel bene e nel male, sicuramente ci ha aiutato a crescere e a dare la giusta valutazione.
Scrive Michael Althusuler: “La cattiva notizia è che il tempo vola. La buona notizia è che sei il pilota”. Siamo chiamati a dare senso allo scorrere del tempo non cercando di sapere “perché” viviamo, ma scoprendo, ogni giorno, “per chi”, solo così, lontani da ogni fatalismo, affrontiamo con serena lucidità l’opportunità singolare di vivere appieno il tempo che ci è concesso. E fare di ogni occasione qualcosa di privilegiato per la nostra maturazione.
Essere piloti del proprio tempo
L’essere pilota del proprio tempo, significa vivere con attenzione, facendo in modo che il tempo cronologico (Kronos) si trasformi in evento di grazia (Kairos). Significa saper far tesoro delle esperienze maturate per evitare di ricadere negli stessi errori che logorano e generano ferite, difficili da rimarginare. Vuol dire leggere in profondità gli accadimenti quotidiani, cercando di intravvedere quale significato hanno nella nostra esistenza.
Solo così, eviteremo che la conclusione di un anno abbia come resoconto solo quei momenti difficili che abbiamo sperimentato. E che, apparentemente, sembra abbiano segnato tutti i giorni trascorsi.
C’è un’immagine che in questo momento mi viene alla mente, e che considero alquanto vera, quella del “crivu” (quell’oggetto usato per la cernita). Se mettiamo in esso i 365 giorni trascorsi e iniziamo a cernere, ciò che rimane nel “crivu” è ciò che ci è servito per crescere, non solo in età ma, quanto e soprattutto, in esperienza.
Allora noteremo quante cose belle abbiamo vissuto in questo arco di tempo e non ci resterà il tempo di lamentarci per gli “incidenti” di percorso. Questi, se letti attentamente, anch’essi ci hanno insegnato tanto su cose e persone che ritenevamo parte della nostra vita e, invece, erano solo coreografie.
E’sempre tempo di speranza
E’ tradizione, che nella sera del 31 dicembre ogni comunità si riunisca in preghiera e al termine canti il Te Deum (antico Inno liturgico della fine del IV secolo). Con esso si vuole esprimere a Cristo, Signore del tempo e della storia, la lode e il ringraziamento per l’anno che volge al termine. Esso si conclude con l’invito alla speranza: “Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno” (In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum).
Il tempo che scorre non ci trovi mai delusi e afflitti, ma grati e gioiosi e, soprattutto, non “lasciamoci rubare la speranza” (Papa Francesco), tutto è sempre migliorabile e il futuro sarà sempre migliore di qualunque presente. Basta crederci e impegnarci!
Don Roberto Strano