Riflessione / Il volontariato per superare la crisi prenda a modello il buon samaritano

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Il volontariato italiano attraversa una crisi di identità profonda. Dagli anni ’70 fino agli anni ’90 esso ha vissuto un periodo d’oro. E’ riuscito a promuovere politiche sociali che poi sono anche diventate leggi, intercettando nuovi bisogni, sperimentando nuovi approcci al disagio attraverso competenze acquisite con formazione permanente e un confronto attivo e spesso critico con le Istituzioni, quindi con altre associazioni di volontariato, con la Chiesa. Il motto infatti era “Sapere, per saper fare e saper essere”.

Dopo aver dato un contributo eccezionale per una applicazione di un welfare inclusivo, universale sulla carta ma parziale nella pratica quotidiana, il volontariato perde la spinta rivoluzionaria. Si adatta, si adegua al divenire storico senza essere più protagonista dell’impegno civile nel territorio. Fatte salve quelle ormai poche realtà associative che, grazie alla presenza di leader carismatici, hanno continuato a dare un importante contributo civico.

La crisi del volontariato

Il volontariato ha perso smalto e slancio quando ha accettato la gestione di servizi da parte dell’ente pubblico. Quando ha rinunciato alla gratuità e quindi alla Provvidenza per orientarsi verso una gestione aziendalistica. Lo Stato, che nel frattempo disciplina il volontariato con la legge (266\91 e Dlgs 117\2017), compartecipa alle politiche sociali ed al Welfare delegando al volontariato i cosiddetti servizi leggeri.

Così il volontariato, in gran parte, smette di essere anima critica, propositiva delle attività sociali istituzionali per diventare partner povero e spesso connivente con deboli politiche sociali delle istituzioni comunali, regionali e nazionali. Il volontariato viene in qualche modo regolamentato ma anche regimentato.

Non è un caso che progressivamente le politiche sociali, i diritti dei lavoratori, persino i diritti costituzionali dei cittadini sono andati via via scemando. I cittadini sono nel frattempo diventati consumatori. E la società un mercato, dove imperano leggi attente alle merci piuttosto che alle persone disperate, in fuga su carrette in mare aperto da guerre e siccità, e dal neocolonialismo che sfrutta indiscriminatamente uomini, risorse, ed ambiente.Enciclica laudato sì

L’enciclica Laudato sì

L’enciclica Laudato si’, preparata con il supporto di valenti studiosi di ogni campo scientifico, è un documento di capitale importanza perché riesce a leggere in maniera olistica le problematiche che attanagliano il mondo. Indicando prospettive, buone prassi, azioni concrete. La nostra epoca soffre lo stato di ingiustizia che vede i poveri aumentare in gran misura persino nei Paesi occidentali, aggravando il pericolo di carestie, guerre, l’aumento delle tossicodipendenze, delle fragilità psicologiche, della violenza tra i giovani che non vedono speranza e futuro, della disgregazione delle famiglie e quindi della società, della perdita di spiritualità a beneficio di una razionalità materialistica e scientista che non mette al centro l’uomo ed i suoi bisogni. Ma un modello di paradiso artificiale dove tutto si può comprare, persino la felicità, virtuale, ad un certo prezzo.

Occorre una nuova metànoia , una rivoluzione del pensiero e quindi dell’agire che ci deve vedere responsabili dinanzi alle ingiustizie. Impegnati civilmente, cooperativi, pacifici ad ogni costo, testimoni credibili di attività di sostegno ai poveri, ai fragili, alle famiglie, alla difesa dei diritti umani e della cura del Creato.
Per fare ciò occorre essere preparati, quindi formati, uniti, collaborativi e tolleranti con chi la pensa diversamente. Liberi e quindi capaci di “fare strada ai poveri e non farci strada con i poveri…”, come diceva don Milani.

Crisi del volontariato: dare valore alla gratuità

E’ necessario dare valore alla gratuità, alla parresia, alla capacità di confrontarsi con le Istituzioni per il bene comune. Protestando civilmente quando le politiche delle istituzioni pubbliche contribuiscono, se non favoriscono, degrado sociale ed ambientale. Rinunciando ai bandi di gara quando questi prevedono attività che sperperano denaro, che forniscono servizi sociali a basso costo o parziali e discriminanti. O richiedono lo sfruttamento degli operatori che vengono sottopagati.

Bisogna avere la responsabilità di andare a votare consapevolmente o responsabilmente. Scegliendo candidati onesti e preparati e non parenti ed amici che saranno disponibili a concedere piccoli favori. La democrazia dovrebbe garantire pari opportunità, il bene comune. Ma, se a rappresentare i cittadini sono personaggi che curano gli interessi di parte, spesso illegali, anziché mettersi al servizio operoso e onesto della comunità, non possiamo poi stupirci della corruzione politica, dello smantellamento dello stato sociale, del declinare della qualità della vita nelle città.

L’indifferenza dei cittadini alla vita civile e alla politica è conseguente alla sfiducia nelle istituzioni che certamente, spesso, tradiscono le attese legittime della società. Purtroppo, è anche conseguenza di un atteggiamento passivo di gran parte dei cittadini che pretendono diritti senza mai rispettare in fondo i doveri civici. La Chiesa di Francesco, figlia di una Chiesa postconciliare che da tempo ha incominciato a cambiare rotta, ci indica la strada da seguire in questi tempi bui.

parabola del buon samaritano
Pieter van Aertsen, Parabola del buon samaritano. (Museo regionale di Messina)

Crisi del volontariato: seguire l’esempio del buon samaritano

La strada è quella evangelica, del buon samaritano. Il buon samaritano era in viaggio, in movimento cioè. Così, il volontariato deve uscire dalla comfort zone. Dalle certezze maturate nel tempo in un nuovo tempo che ci lancia però nuove sfide. Nuove problematiche, nuove povertà materiali, psicologiche, relazionali, valoriali, spirituali oltre che economiche. Occorre mettersi in cammino nelle strade, nelle periferie, tra la gente, il prossimo, che deve tornare prossimo a noi stessi.

In queste strade del mondo il samaritano vede un uomo ferito gravemente, si ferma, non passa oltre come avevano fatto il sacerdote ed il levita. Quindi si abbassa, si inginocchia per curarlo. Abbassarsi, inginocchiarsi dinanzi alle sofferenze ci rimanda al gesto di Gesù di lavare i piedi – servizio reso con amore, per amore. Abbassarsi significa anche non considerare i poveri, gli emarginati, i migranti scarto umano a cui dare un briciolo di elemosina.

La crisi del volontariato allontana le responsabilità sociali

Salvando un migrante, un povero, un ragazzo perduto nelle mani della criminalità, un giovane tossicodipendente, un alcolizzato, un marito violento, noi salviamo l’uomo, la sua umanità, la consapevolezza della fragilità dell’essere umano. Ma, anche e soprattutto, le responsabilità sociali, certamente verticali (chi ha più potere ha più responsabilità), di chi poteva aiutare e non l’ha fatto. Poteva promulgare, ad esempio, leggi giuste ed ha preferito invece rispondere agli interessi di parte più che alla coscienza.

Ma anche noi cittadini siamo responsabili per la nostra indifferenza dinanzi alla solitudine degli anziani, ad esempio, che abitano nel nostro pianerottolo ma non li incontriamo mai. Facendoli magari partecipare alla nostra festicciola di nostro compleanno o semplicemente portando una fetta di torta e… un po’ d’amore.

L’agire del buon samaritano

Il samaritano ha compassione (da cum patire, patire con lui). Cioè non si limita a chiamare il 118 per poi scappare alle proprie occupazioni. Ma si preoccupa lui stesso di approntare il primo soccorso perché l’attesa poteva essere fatale. Il buon samaritano si sporca le mani, non si schifa del moribondo, non cerca alibi per passare oltre. Si fa carico della sofferenza, del dolore dell’altro, partecipa al dolore, per salvarlo. Come diceva don Tonino Bello, “guardare con compassione significa guardare la storia e la geografia dall’angolo dei poveri”.

Il buon samaritano, dopo aver curato il malcapitato, non lo lascia per strada, ferito, sperando che qualcun altro possa continuare l’opera di soccorso. Ma lo prende di peso e lo carica sulla sua cavalcatura, portandolo al sicuro, in una locanda dove poteva essere meglio curato con i soldi che lasciò all’oste. E al ritorno paga tutte le spese non coperte dall’anticipo.

Quest’uomo buono non si accontenta di averlo salvato, ma vuole accertarsi che quell’uomo viva, vuole verificare se il suo aiuto è stato sufficiente, se occorre dell’altro. Il buon samaritano, come Cristo, mira alla salvezza integrale dell’uomo. Non fascia solo le ferite ma si presta affinché possa ritornare in piedi, a ritrovare la sua salute e la sua dignità di uomo o donna che sia.

Il volontariato converga verso il Bene comune per superare la crisi

Prendersi cura, (“I care” direbbe ancora don Milani), del nostro prossimo significa lottare per la giustizia, per le pari opportunità, per il nostro territorio, la nostra cultura aperta e tollerante. Per individuare e soddisfare i veri bisogni dell’individuo in una logica d’amore, quindi di condivisione. Occorre essere uniti, indirizzandoci nella stessa direzione anche se per strade diverse. Come in un ecumenismo laico, in cui tutti convergiamo verso il Bene comune!

Occorre superare la logica dell’antagonismo, dell’individualismo, del protagonismo. Il volontariato deve mettersi davvero al servizio della comunità, nella logica della cooperazione attiva e cercata. Nella sinergia con tutte le realtà che già operano nei servizi alla persona, istituzioni, associazionismo nelle varie forme, Chiesa locale. Se sappiamo essere umili protagonisti di una vita vissuta al servizio del prossimo, nella gratuità (molto abbiamo ricevuto, molto dobbiamo restituire), se saremo credibili prima ancora che credenti, come diceva il beato giudice Livatino, possiamo essere davvero quel cambiamento che alimenta la speranza attiva di un futuro migliore.

                                                                                                            Orazio Maltese
vice presidente Misericordia Acireale

 

        

 

 

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