L’altra mattina, giunto all’edicola del paese in cui attualmente vivo, mi accingevo a smanettare sul totem posto dinanzi l’ingresso. E, con fare affrettato, il classico atteggiamento che oscilla tra il tempista e il velocista, cercavo di effettuare una ricarica al cellulare. Dopo qualche tentativo, mi accorgevo che qualcosa non andava per il verso giusto: colpa di un click sbagliato? Forse.
Allora, quasi convulsamente, mi sono introdotto all’interno per fare le mie rimostranze quando, come per incanto, sono stato piacevolmente aggredito da un pervasivo odore di carta stampata! Quotidiani, riviste e fumetti vari erano ben disposti sugli espositori, facendo bella mostra di sè. In quella frazione di secondo, come se stessi riavvolgendo velocemente la pellicola di un film, sono ritornato indietro di qualche decennio. Il mio pensiero si è soffermato sul fotogramma in cui io, appena ragazzetto, ma giusto al punto da realizzare autonomamente piccole commissioni, mi recavo dal mio giornalaio.
Il dialogo con l’edicolante….
Era un momento solenne lo sfilare dallo scaffale la nuova uscita de “Il Monello”, o dell’ “Intrepido”. O di altri giornaletti fortemente “tirati” dagli adolescenti dei miei tempi. E se nel giorno stabilito, essi non erano già in vetrina, era l’occasione giusta per intrattenere accorati discorsi con l’edicolante. Per cercare di trovare in lui rassicurazioni circa la probabile uscita nel corso della mattinata o, al massimo, nel giorno seguente.
Una sorta di secondo papà, il “Professore”, così era meglio conosciuto il signor Sanfilippo, storico edicolante di Piazzale Matteotti, più noto a Viagrande come “Chianu Ceusi”. Nel lasso di tempo rappresentato da quel virtuale tuffo nel passato, avevo quasi dimenticato di dover fare la ricarica telefonica. E, a mo’ di pretesto, ho inscenato il desiderio di comprare il numero estivo di “Topolino”, quello che non può mancare in vacanza per gli incalliti Disneyani come me.
Comunicazione e conversazione
La mia estemporanea richiesta, però, non era tanto finalizzata all’acquisto dell’ esilarante fumetto. Piuttosto era l’occasione propizia per riscoprire, come ai vecchi tempi, il piacere di conversare con l’edicolante.
Un espediente per intrecciare i fili nell’ordito di un dialogo, di un confronto, di una riscoperta della forza della parola. Sì, perchè quello che man mano sta evaporando nella nostra quotidianità, è l’esigenza della conversazione a vantaggio della comunicazione che si identifica sempre più come figlia della seduzione tecnologica. Se da un lato la comunicazione ha in qualche modo colonizzato la parola, facendo fluire messaggi in modo efficace e con precisione, dall’altro, paradossalmente, in tutto questo processo è come se si volesse escludere nelle relazioni la presenza dell’altro.
Ci fa penetrare con prepotenza in un mondo dove non c’è fisicità, dove si perde la reciprocità. Mi rendo conto che i vantaggi delle nuove tecnologie sono molteplici.
Permettono, ad esempio per quel che concerne la comunicazione, la velocizzazione dell’invio di un messaggio che si fa strada in una frazione di secondo da un continente all’altro. Di contro si registra una sorta di pigrizia nell’interagire con chi è nella nostra prossimità, con chi ci sta dinanzi.
Riscoprire il piacere del conversare faccia a faccia
Comunicazione e conversazione sembrano andare a braccetto, ma non è così. La comunicazione è diretta e arriva di volata, istantaneamente, all’obiettivo. Nella conversazione è fondamentale, invece, il rapporto “faccia a faccia” perchè la nostra parola passa anche attraverso la capacità dell’ascolto. La conversazione è un’alchimia di espressioni, è corporeità, è vita!
Al termine di questa parentesi “stellare”, sono uscito dall’edicola sfogliando con fierezza le pagine del “Topolino” estivo testé acquistato. Mentre un coinvolgente olezzo di “graffe” appena fritte e brulicanti di zucchero semolato in superficie mi faceva dirottare verso il bar di fronte, mi sono ricordato della ricarica da effettuare. Ma chi se ne importa?!!! Sicuramente smanetterò un po’ meno su internet per il fatto di non aver potuto fare la ricarica. Ma, quantomeno, ho avuto il piacere di ritrovare il mio tempo. Il tempo di guardare negli occhi chi mi sta di fronte, il tempo reale e non quello imposto dalla tecnologia.
Marcello Distefano