Riportiamo la riflessione del professor Francesco Pira sul tema portante scelto da Papa Francesco per la giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati. Un pensiero sull’importanza di costruire un futuro nell’ottica di una società che dia spazio a tutti e che superi ogni stereotipo.
Il 25 settembre scorso è stata celebrata la 108^ Giornata mondiale del migrante e del rifugiato dal tema: “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati”. Papa Francesco in diverse occasioni ha manifestato la sua preoccupazione per quanti scappano dalla loro terra d’origine, perché vivono il dramma della guerra o della fame. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, ha espresso un pensiero molto bello: “Per iniziare a costruire un futuro con i migranti e i rifugiati è indispensabile che si inizi a pensare a loro come persone e non come numeri o statistiche. Sono individui che hanno il diritto ad essere valorizzati per contribuire alla costruzione di una società che sia un luogo di vita per tutti”.
Riflessione / Papa Francesco: costruire il futuro con migranti e rifugiati
L’inclusione e lo scambio culturale sono alcuni dei temi di cui mi sono occupato in qualità di Coordinatore del progetto OIR (Open Innovative resources). Un progetto finanziato dall’Unione Europea di cui è stata capofila l’Università Marie Curie di Lublino (Polonia) e a cui partecipato l’Università di Messina e l’Università di Oviedo (Spagna). In un momento storico così difficile, che vede la Russia e l’Ucraina coinvolte in un terribile conflitto, molte persone stanno lasciando la loro terra.
Oggigiorno, persiste un problema di comunicazione del fenomeno della migrazione. Il rischio è confondere i due piani. Da una parte a comunicazione mediata attraverso i mezzi di comunicazione. Dall’altra quella tra individui. Due piani che non possono essere separati ma possono agire in modo autonomo e condurre a rappresentazioni dell’altro anche in contrasto l’una con l’altra. La questione dunque non investe semplicemente il modo in cui i media rappresentano il fenomeno. Piuttosto il modo in cui questa rappresentazione viene costruita contribuisce in modo sostanziale alla formazione della cultura degli individui.
Riflessione / Costruire il futuro con migranti e rifugiati
Non c’è dubbio che serve promuovere l’integrazione come processo di condivisione. Che deve passare attraverso comunicazione e ascolto che conducano verso un nuovo modello relazionale e alla creazione di una nuova identità. Un’identità non più basata solo sull’appartenenza ad un gruppo predefinito, ma costruita grazie al contributo di valori e culture esterni alla nostra storia. Tutto ciò deve però fare i conti con una realtà che appare complessa e non lineare come sostiene Bauman:
“In questa vita «tardo moderna» o della modernità liquida le relazioni sono una faccenda ambigua e tendono a essere il punto focale di un’acutissima e snervante ambivalenza. Il prezzo da pagare per un sodalizio che noi tutti desideriamo ardentemente è invariabilmente la rinuncia almeno parziale all’indipendenza. Anche se si vorrebbe a tutti i costi avere il primo senza rinunciare alla seconda”.
Pira / La società liquida frutto della globalizzazione
La globalizzazione ha dato vita a questa società liquida nella quale i punti di riferimento naturali sono perduti. Assistiamo allo svilupparsi di una società fortemente individualista e, l’esplosione stessa di nuovi modelli relazionali come quelli che si stanno creando all’interno dei social network, ne è un esempio. Ma queste relazioni che nascono in un ambiente apparentemente senza confini e tendono a realizzarsi tra simili, che contributo possono fornire alla costruzione di una relazione con individui che giungono nel nostro paese da immigrati e spesso da clandestini?
“Ciò che tutti apparentemente temiamo, affetti da «depressione da dipendenza» o no, in piena luce del giorno o tormentati da allucinazioni notturne, è l’abbandono, l’esclusione, l’essere respinti, banditi, ripudiati, abbandonati, spogliati di ciò che siamo, il vederci rifiutare ciò che vogliamo essere. […] Temiamo di venir gettati tra i rifiuti. Ciò di cui sentiamo più ferocemente la mancanza è la certezza che tutto questo non accadrà, non a noi”.
Riflessione / Papa Francesco: un futuro per migranti e rifugiati
E la “depressione da dipendenza” che acuisce la paura del diverso, i nostri luoghi sono minacciati dagli effetti della crisi economica e valoriale che caratterizza questo avvio di ventunesimo secolo. Ma non solo. Viviamo un’identità fragile e in questa fragilità si innestano gli altri, i migranti, che in qualche modo tentano di usurpare quella fragile identità. Costruire un terreno di confronto è difficile soprattutto in quest’era, attraversata da molte tensioni. Ma anche caratterizzata da una crisi profonda che sta investendo in modo particolare l’Europa e il Sud del continente più profondamente.
La società occidentale tarda a comprendere il crescente fenomeno migratorio, il normale contrapposto al diverso. Quel concetto di normalità tagliato su misura della maggioranza che si contrappone appunto all’anormalità rappresentata dal clandestino/immigrato considerato diverso e dunque pericoloso. Ad avere un ruolo fondamentale è anche il modo in cui si costruisce l’informazione. Diventa cruciale per attivare negli individui la volontà di superare le barriere e innescare un processo di aggregazione. In una società intrinsecamente mediatizzata il contributo del mondo dell’informazione diventa un tassello imprescindibile per la comprensione della realtà nella quale il sistema di relazioni deve collocarsi.
Società / L’importanza di superare lo stereotipo del diverso
Il compito del giornalista è quello di raccontare la società nel suo insieme, superando lo stereotipo del diverso. Questo al fine di approdare ad una narrazione di sintesi che partendo dalla frammentazione evidenzi le fragilità. Affinché cresca la necessità, la consapevolezza di stabilire una nuova “fiducia attiva in cui il consenso è dato liberamente piuttosto che essere imposto da vincoli comunitari”, che la renda una fonte potente della solidarietà sociale. Inutile negare che le nuove tecnologie non abbiano di per sé modificato il modo di fare informazione sul fenomeno dell’immigrazione. Ognuno di noi deve riuscire ad assumere un ruolo attivo. Espandere il proprio universo relazionale innescando un processo di comunicazione che crea consapevolezza e ascolto.
Le urla del razzismo e del rifiuto sono la colonna sonora del nostro quotidiano. Il fenomeno non è governato, lavoriamo sull’emergenza e non sulla progettazione. Viviamo all’insegna della paura dell’altro e non dell’accettazione. Ascoltiamo le parole di Papa Francesco o meglio apriamo il nostro cuore alle parole del Pontefice: “I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti”.
Francesco Pira
Delegato del Rettore alla Comunicazione all’Università di Messina, dove insegna comunicazione e giornalismo ed è coordinatore didattico del master in social media manager del Dipartimento di Civiltà antiche e moderne.