Riflessione / Pira: la lezione sulla non violenza di Danilo Dolci

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Francesco Pira spiega la lezione sulla non violenza del grande Danilo Dolci sostenendo una vera e propria sfida per raggiungere la piena consapevolezza civica.

E’ necessario avviare nuovi percorsi educativi. I nostri ragazzi devono capire che vivere all’interno della società non equivale a vivere all’interno di un video gioco. Attribuire ogni responsabilità al “cattivismo” diffuso non ci aiuterà e non può essere una consolazione. Nei giorni scorsi sono stato relatore di un seminario sull’impegno sociale e la non violenza. In questa splendida iniziativa di formazione, sono stato coinvolto dal bravissimo professore Luca Crapanzano.

Riflessione / Pira: la lezione sulla non violenza di Danilo Dolci

Un ciclo di seminari, iniziati lo scorso 3 novembre, on line e a più voci, rivolto a tutti i docenti, agli studenti universitari e a tutti coloro che desiderano conoscere l’opera del pedagogista Danilo Dolci. Un’esperienza davvero unica che mi ha permesso di riflettere su alcuni temi oggetto dei miei studi. Danilo Dolci, sociologo, poeta, educatore e attivista della nonviolenza, è stato definito “il Gandhi italiano”. Il mondo non è rimasto quello in cui ha vissuto Danilo Dolci. Adesso, in quella che viene definita l’era digitale, ci sono altri casi di disobbedienza che assumono un carattere non violento.

Chi è Danilo Dolci e qual è il suo obiettivo

Danilo Dolci nasce a Triste nel 1924 e si è trasferito in Sicilia all’inizio degli anni Cinquanta. Ha scelto la zona compresa tra Partinico e Trappeto, in provincia di Palermo. Il suo è obiettivo è sempre stato chiaro: comprendere la sofferenza degli altri e addentrarsi nelle questioni territoriali più complesse. “Fare presto perché si muore”, sosteneva Dolci. Perché nella Sicilia del Secondo dopoguerra la gente non aveva quasi niente ed era provata dalle conseguenze della guerra.

La giornalista Sofia Nardacchione ha scritto un articolo, pubblicato su Il Fatto Quotidiano, il 30 giugno 2019, in cui riporta le parole di Marica Tolomelli, professoressa dell’Università di Bologna. “Nel 1952 Dolci iniziò il primo digiuno per protestare contro la realtà per cui ancora si poteva morire di fame nell’Italia post-bellica. Oggi si rischia di morire o si muore per altre situazioni, ma vi sono casi simili di proteste nonviolente, come un’organizzazione non governativa che viola un’ordinanza per soccorrere persone che stanno rischiando la morte”.

E ancora: “L’ azione di Dolci può essere vista come una piccola goccia in un mare segnato invece dalla violenza e la sua efficacia non poteva essere, in Sicilia, così elevata. Ma, al di là dei risultati effettivamente conseguiti la pratica non violenta perseguita da Dolci ha avuto grande impatto a livello nazionale e internazionale”.

Riflessione: Pira / Quella grande lezione sulla non violenza di Danilo Dolci

lezione cooperazione

Dolci ha proposto una modalità per affrontare i problemi della vita quotidiana di quella popolazione, una modalità che si richiamava alla nonviolenza e ad una cultura politica profondamente democratica. La nonviolenza era azione che aspirava al coinvolgimento della popolazione, a prese di posizione della popolazione direttamente interessata, nel caso specifico di Trappeto, dalle condizioni di disagio in cui si trovava a vivere”.

“In Italia c’è una storia di disobbedienza civile e di azione nonviolenta e chi vuole agire oggi attraverso queste pratiche può attingere a un repertorio che è presente: c’è anche un’altra storia e se si vogliono legittimare forme di disobbedienza civile e di azione nonviolenta ricorrendo anche al passato, di esempi ce ne sono. A partire proprio da Danilo Dolci”.
Dolci cercava di liberare la Sicilia dalle forme di potere: la mafia, i poteri forti e le istituzioni passive.

Tanti i suoi digiuni e le sue proteste, fino alla costruzione del “Borgo di Dio”, costruito per accogliere bambini e anziani che non avevano un luogo in cui abitare. A fare la differenza è stato lo sciopero alla rovescia del 2 febbraio 1956. Un gesto che è servito per dare prova del desiderio di tanti uomini di lavorare. Purtroppo, il lavoro non c’era e le istituzioni mostravano la loro indifferenza di fronte alla povertà della gente e Dolci denunciava questa ingiustizia. Dolci ha acceso i riflettori sui problemi di quei territori e ha accarezzato le coscienze delle persone.

Un metodo, quello di Dolci, che puntava ad un cambiamento radicale dove la: “Rivoluzione è curare il curabile e rendere ciascuno responsabile”. La nostra realtà è molto complessa ed in rapida evoluzione: le tensioni internazionali, la crisi economica, l’immigrazione, la diminuzione delle risorse mondiali. Proprio per questo motivo serve trovare delle soluzioni capaci di accrescere il livello di coscienza di tutti.

Riflessione: Pira / La lezione sulla non violenza di Danilo Dolci

In Italia i temi della solidarietà e della responsabilità sociale, hanno origini molto complesse e Danilo Dolci ne è un esempio. Quanto viene rispettata la Costituzione Italiana? Ricordo alcuni articoli fondamentali. L’articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia nelle formazioni sociali ove svolga la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

L’articolo 4.“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Ed ancora l’articolo 41.“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Non sempre la solidarietà assume rilevanza e non sempre le leggi e i principi vengono rispettati. Basti pensare alla criminalità organizzata o alle tante forme di violenza.

No al  ”cattivismo”: attivare una cooperazione comune

Cosa c’è da aggiungere all’aggressività che percepiamo ogni giorno tramite i mass media? Nulla, quotidianamente siamo raggiunti da numerosi episodi di prevaricazione. Non siamo in grado di accogliere l’altro e di accettare la diversità. L’uomo non rispetta nemmeno la sua “casa comune”, cosi come l’ha definita Papa Francesco. Le guerre non stanno favorendo la risoluzione dei problemi legati ai cambiamenti climatici. Gli obiettivi dell’Agenda 2030 non sono stati raggiunti e la grave crisi internazionale rende tutto più difficile. Dobbiamo sostenere una vera e propria sfida per raggiungere la piena consapevolezza civica.

I nostri ragazzi devono capire che vivere all’interno della società non equivale a vivere all’interno di un video gioco o dentro l’universo di una piattaforma. Attribuire ogni responsabilità al “cattivismo” diffuso non ci aiuterà e non può essere una consolazione. Bisogna ascoltare le parole di Papa Francesco: “È necessario vedere gli altri come nostri fratelli e sorelle, come membri che compongono la nostra stessa famiglia umana, e le cui sofferenze e bisogni ci toccano tutti”. Le persone non sono numeri e occorre una cooperazione internazionale, ricca di amore, umanità e solidarietà, cosi come vorrebbe Danilo Dolci.

 

prof francesco piraFrancesco Pira, delegato del Rettore alla comunicazione all’Università di Messina, dove insegna comunicazione e giornalismo ed è coordinatore didattico del master in social media manager del Dipartimento di civiltà antiche