Riportiamo la riflessione del professor Giuseppe Savagnone sulla distorsione della sessualità alla radice della violenza.
Il problema delle violenze sessuali perpetrate ai danni delle donne è sempre più presente nelle cronache e nell’attenzione dell’opinione pubblica. La loro forma più estrema, sono i femminicidi. Ma ce ne sono tante altre. I ricatti con cui un ragazzo costringe la sua ragazza a continuare il rapporto. Minacce di mettere sulla rete foto o video che la ritraggono nuda o in atteggiamenti compromettenti.
Riflessione / Savagnone: Distorsione della sessualità e violenza
La risposta a questa emergenza, da parte delle istituzioni, si svolge finora su due piani. Da un lato si rafforzano le misure di pubblica sicurezza, per prevenire o bloccare queste violenze. Dall’altro si punta sulla introduzione, nelle scuole, di corsi di educazione volti a creare una mentalità e una sensibilità di rispetto nei confronti dell’altro sesso.
C’è però da chiedersi se sia sufficiente. E, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto educativo, se la battaglia che si è intrapresa contro la “cultura del patriarcato” non distolga dal problema di fondo, che riguarda il modo di concepire e di vivere il sesso, oggi, da parte soprattutto dei giovani. Di questo si parla pochissimo, anzi è diventato un tabù parlare, come pochi decenni fa lo era parlare in pubblico del sesso.
Si tende a tacere, così, che la liberazione, in sé salutare, dalla rigida gabbia di divieti, silenzi e ipocrisie che avvolgeva questa dimensione della vita personale e sociale, ha determinato però una banalizzazione della sessualità che la riduce ad oggetto di consumo. Mentre si grida ad alta voce per protestare contro le forme più vistose di violazione della dignità delle donne, si accetta come prassi normale che la pubblicità utilizzi il corpo umano come simbolo e richiamo commerciale. Soprattutto quello femminile.
Così come si parla ben poco del problema rappresentato dal dilagare della pornografia. È di pochi giorni fa il grido d’allarme di Lucetta Scaraffia, sul quotidiano «La Stampa» – «Se i giovani crescono con la pornografia» – in cui si denuncia l’uso purtroppo diffusissimo ed esteso della pornografia che costituisce, soprattutto per i maschi, il primo e spesso l’unico modello in materia.
Riflessione / Savagnone: Precocità dei rapporti sessuali
Esiste una relazione diretta fra uso della pornografia tra i 10 e i 19 anni e la sempre maggiore precocità del primo rapporto. Più sono precoci l’età d’uso e le ore spese sui siti pornografici, maggiore è anche la probabilità di anticipare l’esperienza sessuale a un’età in cui non si è, fisicamente, ma soprattutto psicologicamente, in grado di viverla con pienezza.
Secondo l’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza, il 19% degli adolescenti ha rapporti sessuali prima dei 14 anni. E per oltre la metà dei ragazzi il primo rapporto avviene tra i 15 e i 17 anni.
Con un allarmante distacco fra affettività e sessualità. Più di un terzo di oltre 1.000 giovani “under 20”, intervistati dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO), ha dichiarato la propensione a consumare il rapporto già dopo il primo incontro. Per la metà di essi non c’è una regola e solamente il 4% attende di essere ufficialmente una coppia. Di oltre 1.000 giovani intervistati il 42% aveva già avuto 2-5 partner, e il 9% ne aveva già avuti più di 10». Diventano più frequenti anche le esperienze di sesso di gruppo.
Da qui, «l’analfabetismo sentimentale, in crescita anche fra le ragazze», che «si traduce nella scomparsa del corteggiamento a vantaggio di un uso sessuale del corpo precoce, aggressivo e progressivamente promiscuo. L’analfabetismo sentimentale diventa poi analfabetismo sensuale. Si fa sesso, si agiscono comportamenti sessuali, amputati però della capacità di sentire le emozioni, la gioia di una carezza a lungo desiderata e sognata.
«La frustrazione e la noia che derivano da un sesso privo di sentimenti e d’amore aumentano il bisogno di “accendersi” con alcol e droghe, o con la pornografia, in crescita esponenziale soprattutto fra i giovani» (Alessandra Graziottin Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano).
Savagnone: i problemi fisici e psichici come conseguenze della violenza
I medici non mancano di avvertire prime fra tutte l’aumento del rischio di patologie sessuali infettive e il moltiplicarsi di gravidanze indesiderate. Il problema non riguarda solo questi pericoli di ordine fisico. Possono anche manifestarsi effetti psicologici. Da qui la loro denuncia della mancanza di un’adeguata educazione sessuale da parte degli adulti. Primo fra tutti «un narcisismo autoreferenziale, deleterio per la crescita della capacità di amare, di sentire e riconoscere i sentimenti dell’altro e dell’altra e di vivere in armonia con il mondo» (A. Graziottin). Narcisismo che nasconde una profonda insicurezza.
Riferendosi a un caso da lei seguito personalmente, una psicoterapeuta scriveva sulla rivista del Centro italiano di sessuologia: «L’utilizzo massiccio e coatto della pornografia ha determinato nel tempo in Matteo un senso di onnipotenza così forte e massiccio da annullare i confini tra il mondo reale e il mondo virtuale. L’Onnipotenza insieme a un intenso e totalizzante disvalore di sé, hanno trionfato su ogni limite e regola creando un mondo abitato da fantasie ossessive.» (Giulia Mondini, in Rivista di sessuologia).
Forse questo corto circuito tra insicurezza e senso di «onnipotenza» potrebbe spiegare molto più realisticamente della “cultura del patriarcato” i comportamenti distorti di molti maschi. Filippo Turetta dormiva col peluche e si sentiva soverchiato dai successi della sua ragazza. Altro che patriarca!.
Giuseppe Savagnone: “fare sesso”, tra amore, sessualità e rischio violenza
Il problema non si risolve solo ribadendo la necessità di rispettare la libertà delle ragazze, il loro diritto di vestirsi come vogliono, di uscire quando vogliono, etc. Bisogna avere il coraggio di rimettere in discussione l’uso ormai diffuso di leggere i rapporti uomo-donna nella logica del “fare sesso”. Un autore non sospetto, Francesco Alberoni, scriveva a questo proposito. «“Fare sesso” sta a dirci che il sesso si può fare come una qualsiasi cosa pratica. Fare un bagno, far colazione, fare la spesa. Il sesso, infatti, può essere un atto volontario senza nessun coinvolgimento emotivo, senza bisogno di conoscere la vita dell’altro, senza partecipare delle sue emozioni.
Il sesso puro, “fare sesso”, è per sua natura potenzialmente impersonale e promiscuo. Con la parola “fare l’amore” indichiamo il rapporto fra un uomo e una donna che si amano in modo esclusivo. Un amore ad un tempo erotico e spirituale che cresce nel tempo». Scrive la stessa specialista sopra citata nella rivista del CIS: «Il sesso indubbiamente fa parte della sessualità (…), ma la sessualità rappresenta qualcosa di molto altro e di più profondo. Non andrebbe dunque dimenticato che il suo primo e più importante significato è “relazione”. Una relazione come momento strutturante della persona in tutto il suo essere e in tutto il suo esistere nel mondo.
L’incontro con l’altro nella sessualità è anche incontro con se stessi. Ma ciò suppone la capacità, da parte dei giovani, di entrare davvero in rapporto con se stessi. La loro libertà di fare le più diverse esperienze è una conquista reale, ma per essere autentica esige che essi siano capaci non solo di “fare” quello che vogliono, bensì anche di “scegliere” cosa volere.
Riflessione / Savagnone: contro la violenza, necessaria buona educazione sessuale
Di tutto questo si parla molto poco. Al massimo si insiste sulla necessità di fornire ai ragazzi e alle ragazze l’informazione sulle precauzioni richieste per rendere il “fare sesso” sicuro. Già sarebbe un passo avanti prendere coscienza di questi problemi. Avviando su di essi un serio confronto. Sfidando i luoghi comuni e i “dogmi” non scritti del politically correct.
Da qui forse potrebbe scaturire una svolta culturale capace di riflettersi sull’educazione dei giovani nelle famiglie e nella scuola. Tempi lunghi, sicuramente. Ma meglio che continuare a illudersi che il dramma dei femminicidi si possa superare senza rimettere in discussione il nostro modo di concepire e vivere la sessualità.
Giuseppe Savagnone, scrittore ed editorialista, responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu, da cui è tratto l’articolo.