Se avessimo coraggio, non respingeremmo malmostosi, stufi, indignati, il gesto del lavavetri che ci tende una mano, straripante di bisogno, come non lo è lo straripante carrello di inutile consumo.
Se avessimo coraggio, quest’anno, almeno che il dolore e la neve oscura, coltre mai vista, non smette di caderci addosso, chiameremmo i nostri figli e le nostre amate e i nostri amati a sedersi in circolo e lasciar luccicare vanamente le finte luci, vigliacche e suadenti sirene che spargono amare foschie e tenebre impenetrabili.
Se avessimo coraggio, ci chiederemmo, meravigliati, a vicenda cosa mai sia quest’Astro nascente e rinascente che, dal fondo più profondo risale la china e che, se anche non capissimo o non volessimo, ci irradierà ugualmente.
Se avessimo coraggio, quest’anno almeno, tralasceremmo di andare – se obbligo sopportato – alla Messa di Mezzanotte, e lì stipati di partecipare, in quel luogo santissimo, a un evento a volte trasformato in happening, in rave stordente di pensieri avvinazzati, di insostenibili reflussi del superfluo.
Se avessimo coraggio, potremmo, almeno quest’anno, restare muti e immoti di fronte al Dio che si Incarna, all’Infinito che si fa Finito, al Principio che si dilata nel tempo e nello spazio, attraverso l’inspirazione e l’espirazione del Respiro che crea la Manifestazione e la sacra scansione dei Tempi.
Se avessimo coraggio, quest’anno, almeno, non conserveremmo tutto per noi, tornando a casa, contenti e straniti, il calore dei ceppi in fiamme e lo offriremmo a tutti i perseguitati del mondo e a tutti coloro che cercano Speranza e Dignità. Perché toccasse loro, quest’anno almeno che scorre tra fiumi neri e infernali di sangue e di gelo, alle innumerevoli vittime del Male della guerra, delle invasioni e distruzioni di poveri rifugi tanti, troppi Bambini Gesù.
Se avessimo coraggio, declineremmo, smarriti, contriti, pentiti, le Beatitudini, le Misericordie che Gesù ci ha donato, trovandole ammutolite dalla vile indifferenza.
Se avessimo coraggio, allora ci sovverrà il santo timore delle tante esclamazioni “Guai a voi…!“ e il monito ineludibile e severisssimo “…prima vai a riconciliarti col tuo fratello..” e l’ammonimento tremendo “ non si può servire a due padroni!”.
Se avessimo coraggio, chiederemmo perdono, il dono dei doni, attraverso il quale si diffonde il mistico profumo della mitezza, della pacifica rimessa delle proprie vesti stracciate e oltraggiate, rivestendone di candidissimo bianco, il colore dei colori che tutti i contiene.
Se avessimo coraggio, diremmo piano piano a Gesù che nasce, all’Incarnato, all’ Inviato per la nostra salvezza ”caro Gesù, Mistero della Trinità incomprensibile alla nostra finitezza non ti vedo, ma ti sento, sei già dentro di me, nella carne viva del mondo e nei lampeggianti Segni al richiamo continuo alla conversione, al ribaltamento del pensare, all’Amore senza confini.
Se avessimo coraggio, nessuna tavola, nessuna festa, nostalgia, nessuna fiera del denaro e delle vanità, nessuna interminabile sazietà dei rimandi, ma qui e ora andremmo prima a riconciliarci col Mistero traboccante di tenerezza che tutti ci rende eredi ricchissimi.
Eredi di misericordia, concordia, coraggio. Il Cuore, ecco, che possa ardere come il Tuo, fidandoci di Te, Gesù, affidandoci a Te, abbandonandoci a Te. E così, domani e domani l’altro ancora, perché Natale è Natale se lo è sempre.
Se avessimo coraggio…
Rosario Patanè