Riflessione sull’8 marzo / Le donne e la loro capacità d’essere attente ai bisogni dell’altro

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La storia delle donne e della donna, lentamente ma con molta perspicacia, affiora nei nostri contesti sociali ed esige di essere conosciuta.
Le storiche che se ne occupano hanno ormai creato un metodo di ricerca e di esposizione scientifica, anche perché si sono, coraggiosamente, inoltrate in un territorio che i nostri padri latini (posto che ancora li ricordiamo e non li seppelliamo in nome di una pseudo cultura da web) avrebbero definito: hic sunt leones!

La donna in una società patriarcale non aveva voce, non appariva negli annali né degli attori né degli scrittori. È sufficiente scorrere una bibliografia per rendersene conto.

Tuttavia è proprio così? Intendo realmente così in quel quotidiano che lascia la sua impronta nelle vicende umane?

Donne usate come mercanzia, oggetti da vendere e su di cui guadagnare, donne vittime di violenze inaudite che devono sottostare a regimi di vita incredibili e che non trovano scampo in un nessun modo. Il loro sentire profondo viene seppellito nel silenzio più assoluto.

Quand’anche la coscienza lo afferrasse, come uscire da strade senza uscita, da vicoli resi ciechi da un potere maschile che non ha capito o voluto capire la realtà di una condivisione in piena armonia e rispetto fra i due sessi?

Esistono nell’antichità “orme” che bisogna apprendere a decrittare, a cogliere nel loro significato preciso. Orme silenti ma gravide di una voce che si fa udire se l’attenzione viene richiamata su di loro e che rendono sgomenti per la loro portata.

Le orme odierne posseggono la loro voce, siamo in grado di capirne il linguaggio, ne siamo colpiti e addolorati. Tutto il contesto però rimane immobile e non si apre ad un’accoglienza fattiva.
La cronaca quotidiana pullula di fatti dolorosi, alcuni imprevedibili, altri esito di tanti pregiudizi e di scelte di comodo.

La donna, per quanto colpita e maltrattata e la narrazione potrebbe procedere quasi all’infinito, di fatto è sempre alla radice della vita.
Anche della vita di coloro che l’opprimono.

Come non voler accettare che donna è la propria madre?
Come scardinare questa mentalità? Le donne stesse possono farlo, prendendone piena coscienza e agendo deliberatamente. Non per ottenere privilegi. Non per ascendere nella scala sociale.
Bensì per dimostrare come l’unica strada percorribile sia quella della differenza vissuta in armonia, in sinergia.
Solo allora la vita può risultare un dono fecondo e gioioso e non una lotta al coltello per guadagnare chissà mai che cosa mentre, in realtà, non costruisce la persona donna e neppure la persona uomo e, alla fine, si deve abbandonare.

La postura però profonda, inalienabile per la donna, è la cura, la sua capacità di essere attenta all’altro, all’altra. La sua intuizione nel soccorrere, nell’intravvedere i bisogni. Maria alle nozze di Cana non ha constatato, provveduto e… ordinato?
Non ha inneggiato alla natura femminile così operando? Non ha saputo intervenire con sapienza costruttiva per non rovinare un momento gioioso come quello di una festa di nozze? Nella celebrazione della dedizione reciproca, dell’amore umano che unisce uomo e donna nel cammino della vita.

Nella Bibbia se si osservano le donne si deve constatare come di molte, neppure il nome è conosciuto.

Passano nelle vicende quasi come delle larve, con una sorta d’indifferenza perché la luce della narrazione cade altrove: sul protagonista.
È proprio questo il quadro che si rappresenta nelle vicende del popolo d’Israele?
Se si entra nel testo con uno sguardo femminile si sobbalza. Nel grembo della fedeltà all’Altissimo le donne hanno giocato ed esposto la propria vita pur di rispondere a Colui che le interpellava e, così agendo, hanno impresso delle svolte alla storia di Israele. Sono rimaste fedeli all’alleanza.

Non è questione di più o meno ma di assumersi il ruolo e le missione che ognuna, nascendo, ha ricevuto dal Creatore. Non come proprietà solipsistica, da trattenere e custodire stolidamente ma come fonte di vita che gorgoglia e, più vi si abbevera, più scorre limpida.
Eva non è stata detta “madre dei viventi”? Di tutti i viventi, nessuno escluso.

Cristiana Dobner

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