Riflessione / Tornabene: il potere di un gesto amorevole

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Riportiamo la riflessione sul principio di solidarietà di don Orazio Tornabene, direttore della Caritas diocesana di Acireale, inerente al “potere di un gesto amorevole”.

Le nostre comunità civili ed ecclesiali appaiono apatiche, in quanto sembra che abbiano perso la motivazione di vivere pienamente le sfide, di rispondere in maniera creativa alle sollecitazioni avanzate dai tempi. Mi piacerebbe condividere con voi un brano biblico tratto dal nuovo Testamento, che potrebbe illuminare l’azione pastorale nelle nostre comunità. Il brano in questione, che – devo ammettere – da anni sottopongo alla mia riflessione spirituale, si trova nel libro degli Atti degli apostoli.

Riflessione / Tornabene: il potere di un gesto amorevole

Non è nelle mie intenzioni fornire una chiave interpretativa testuale, dal momento che non sono un esegeta; bensì il mio intento è piuttosto condividere una riflessione personale che tuttavia potrebbe aiutare, così come affermavo poc’anzi, a ripensare ad uno stile pastorale della prossimità. Tutto basato sul prendersi cura senza sostituirsi all’altro, ma rendendolo protagonista.

Il testo della riflessione di Orazio Tornabene

«Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: “Guarda verso di noi”. Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa.

Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!”. Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto» (At 3,1-10).

Riflessione / Tornabene: il potere di un gesto amorevole

Il testo si apre comunicando al lettore un’azione che non è casuale: Pietro e Giovanni si trovano in cammino. Vi è un dinamismo che si contrappone alla staticità. Essi salivano al tempio per la preghiera canonica delle tre del pomeriggio. Altra indicazione non secondaria: la preghiera per ogni uomo e, in questo caso, per una comunità (in quanto le persone in questione sono due) è un ascendere verso Dio senza trascurare gli altri. La preghiera non è mai uno stare fermi, bensì un continuo movimento. Quest’ultimo ha inizio interiormente e che successivamente produce effetti nelle azioni, come nel caso del coprotagonista del testo in questione: lo storpio.

Quindi, anzitutto, il suddetto brano mostra una comunità in cammino con Cristo: «Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Un altro aspetto che evidenzia questo fattore comunitario è dato dai personaggi: Pietro, al quale Gesù disse «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18), e Giovanni, il discepolo amato, il quale lo troviamo presso la croce affianco alla madre di Gesù (cfr. Gv 19,26-27).

Pietro e Giovanni sono l’istituzione

Così, mi sono chiesto: perché proprio loro due? La risposta l’ho trovata nel racconto della risurrezione secondo il Vangelo di Giovanni. Essi sono i testimoni dell’effetto della resurrezione di Gesù. Infatti, Pietro e Giovanni sono coloro che il giorno della Risurrezione corsero al sepolcro. Entrambi, al sentire l’annuncio delle donne, escono insieme dal nascondiglio per verificare quanto esse affermavano. Torna, ancora una volta, il dinamismo della fede, che spinge ad uscire fuori dal quieto vivere.

Il testo narra che è il discepolo amato a giungere per primo nel giardino, e non penso che sia stato dovuto al fatto che egli fosse giovane in età, ma penso che arrivò per primo perché spinto dall’amore: chiunque ama una persona affronterebbe qualsiasi fatica senza troppi ragionamenti, solo per amore. Giovanni arrivò e non entrò, ma attendeva sulla soglia l’arrivo di Pietro. Questo indugio potrebbe essere dovuto al fatto che egli attende con deferenza colui che Gesù chiamò pietra, il cui cammino è più lento, più prudente, ma sicuro. Appena giunto, quest’ultimo si immerge nel mistero di un morto che non è più tale. Dunque, Pietro e Giovanni sono coloro che videro e credettero (cfr. Gv 20, 3-8).

Pertanto, in Pietro e Giovanni, che insieme salgono al tempio a pregare, troviamo l’immagine della comunità dei credenti in cammino verso la comunione. Loro due sono l’istituzione (Pietro sulla cui fede Cristo fonda la Chiesa) ed il carisma (Giovanni, l’amato) della Chiesa, la quale d’altronde si fonda sul comandamento dell’amore e sulla fede in Gesù Cristo «il figlio del Dio vivente» (Mt 16,16).

Riflessione / Tornabene: il potere di un gesto amorevole

Inoltre, l’uomo storpio fin dalla nascita, il quale era portato ogni giorno presso la porta Bella del tempio, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio, è il riflesso di tutti i nostri contemporanei costretti da altri ad elemosinare la propria dignità. In lui sono sintetizzati gli oppressi e gli abbandonati, vittime dell’indifferenza. Sì, perché anche quell’elemosina che qualche passante avrebbe potuto dare non era che un atto di indifferenza, poiché lo condannava a rimanere lì per terra. Lo condannava ad elemosinare. Lo condannava ad essere dipendente da un altro. Quelle monete che racimolava presto sarebbero finite e, se nessuno dava niente, egli non avrebbe avuto nulla per vivere.

La risposta di Pietro alla sua richiesta di elemosina è spiazzante, ma al contempo illuminante per le nostre comunità: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» Pietro non offre una soluzione a breve termine, che forse lo avrebbe anche reso sereno in coscienza. Ma pratica un procedimento un po’ più faticoso: la via della carità.

Egli, in nome di Gesù Cristo, aiuta ad alzare e a far camminare quell’uomo che tutti avevano condannato a stare prostrato ad elemosinare i suoi diritti essenziali, ossia il poter vivere con dignità. Pietro, in nome di Colui che è via, verità e vita, rimette in piedi quell’uomo, ovvero lo fa risorgere, permettendogli di far luce sulla verità della sua condizione e di camminare oltre a quella storpiatura. Nel gesto della mano tesa a rialzare quel povero uomo, Pietro rende quella porta detta Bella luogo di manifestazione della bella notizia

Il potere di un gesto amorevole

Pietro, infatti, lo prese per la mano destra e lo sollevò. In questo gesto si colloca ogni azione pastorale delle nostre comunità. Nel gesto di tendere la mano per aiutare a risollevare ogni uomo, la Chiesa vive il suo essere testimone di Cristo, divenendo prolungamento della potente mano di Dio che solleva ogni persona dalle sue povertà. Ogni luogo, in cui vi sono un fratello o una sorella che si trovano nel bisogno, può diventare la porta della Bella notizia.

don Orazio tornabeneDon Orazio Tornabene