L’Umanità ha, da sempre, convissuto con cataclismi, calamità e guerre. La forza della natura e la ferocia dell’uomo hanno più volte cambiato il corso della Storia, provocando disastri abnormi. Ma l’uomo, pur avendo dovuto pagare un tributo non indifferente in termini di vite umane e di stravolgimenti naturali, è sempre riuscito a risalire dal baratro e a dare un nuovo assetto alla sua vita. E sarà ancora così.
Questo primo scorcio del secolo XXI vede la popolazione mondiale vessata da una nuova Pandemia (nel XX sec. se ne sono verificate tre di grossa entità) e ne subisce le conseguenze. L’improvvisa esplosione del virus sconosciuto, infatti, ha sovvertito il nostro modo di vivere, scompaginando le nostre “certezze”, ci ha trovato spiazzati e scoperti, senza “armi” di alcun genere.
Oggi ci meravigliamo, restiamo attoniti e disorientati di fronte a un fenomeno senza precedenti, convinti che le conquiste raggiunte dalla tecnica e dalla scienza ci avrebbero resi immuni da qualsiasi calamità. Forse perché presi alla sprovvista.
La portata della sua propagazione, presa alla leggera in principio, ha creato confusione e panico. Non si sapeva nulla di certo. Chi ne aveva avuto sentore a tempo debito, ha taciuto.
Avendo attraversano un notevole arco di tempo, dai “Venti di guerra” del 1940 alla Pandemia del Covid-19 del 2020, sono stata testimone dei tempi duri, dal terrore e la fame della guerra alla minaccia nucleare e del terrorismo, agli attentati e, ovviamente alle tante catastrofi naturali.
Quando, il 10 giugno del 1940 si seppe dell’entrata in guerra dell’Italia, a nessuno venne in mente di meravigliarsi: si era più che preparati ad un evento, scongiurato sì da molti, ma prevedibile. E quella fu opera dell’uomo!
Io ricordo ben poco, di quel conflitto se non la vaga sensazione, e si era alla fine, di vivere in un’atmosfera rarefatta, densa di ansia e tristezza, anche se gli adulti cercavano di mascherare la loro angoscia. Restare chiusi in casa, cosa che non piace ai giovanissimi di oggi, per noi era una cosa normale anche perché nelle famiglie patriarcali di allora si era sempre in tanti.
La vita quotidiana proseguiva come sempre, i ragazzi più grandicelli, seppure tra difficolta e paure, si recavano a scuola, le donne sostituivano gli uomini nei lavori dei campi … Non c’erano mezzi di comunicazione, né di informazione se non qualche giornale e la radio, per i fortunati che ne possedevano una. La società evoluta, invece, in questo deleterio frangente, può usufruire di un sistema virtuale che permette a tutti di interagire, entrando nel mondo de web, mentre si resta nelle proprie abitazioni.
Quello che mi sconvolgeva di più era la chiusura delle imposte all’imbrunire, quando la casa si riempiva di ombre, fluttuanti alla tenue luce del lume a petrolio. Era l’ora in cui la nonna riuniva tutta la famiglia per la recita del Rosario.
Il vedere le case accanto alla nostra distrutte dai bombardamenti mi incuriosiva. Si raccontavano storie di fantasmi. Per noi piccoli vigeva una rigida disciplina, oltre alle ristrettezze e alle privazioni, quindi ci era vietato avvicinarci alle macerie.
Ricordo un po’ il dopoguerra. Era il tempo in cui, tra euforia ed enormi disagi, ci si affannava per risalire la china. E se gli italiani ce l’hanno fatto a ricostruire un certo benessere lo devono al coraggio e all’impegno dimostrato.
Quasi sempre, gli errori commessi non sono stati di alcun monito o giovamento alle generazioni future.
E la superbia dell’uomo che ha causato non pochi danni nel corso della Storia, ha più di una volta preso il sopravvento facendo dimenticare i giorni difficili. Egli, molto spesso, nel suo “delirio di onnipotenza”, pensando erroneamente di essere immortale, crede di potersi sostituire a Dio e diventare l’artefice anche dell’altrui destino, spesso coinvolgendo, nel parto della sua follia, intere nazioni.
Ma sentirsi una divinità o addirittura superiori a Dio, il più delle volte, provoca l’alienazione dell’uomo stesso.
Carlo Carretto scrive: “Affermare che l’uomo non è Dio significa accettare il proprio limite, godere della propria piccolezza, amare il proprio destino e la propria realtà”.
Oggi assistiamo ad un crescendo di situazioni determinate da false valutazioni dove l’AVERE prevarica l’ESSERE. Si conferma la regola del “tutto ci è dovuto”, che afferma il bisogno di dover raggiungere ad ogni costo l’assoluta felicità, soddisfacendo ogni nostro bisogno e desiderio.
Ma la natura non fa sconti. Molto spesso sovverte il corso degli eventi e costringe a un cambio di rotta. Voltare pagina non è facile e quando questo diventa una necessità, viene scosso l’equilibrio delle nostre vite.
Certamente fa impressione vedere le immagini di città vuote, silenziose, dopo essere stati abituati per anni al frastuono e alla movida notturna, mentre adesso solo i lampioni, senza più quel pulviscolo giallognolo che da anni li avvolge, spandono sul selciato lucido una luce bianca e netta.
La “realtà virtuale”, in questo caso ci viene incontro e, insieme al coraggio e alla consapevolezza di molti sarà, forse, con una presa di coscienza collettiva, un passo verso la rinascita.
Carmela Tuccari