Riflessioni verso il voto / Vivere da cittadini in Italia e in Europa contribuendo al Bene comune

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Per quanto lunga sia una vita, quando gli anni che si contano hanno superato i due terzi di un secolo, benché siano tanti, si ha la consapevolezza che quelli che restano ancora da vivere saranno di meno. Allora ci si chiede come sono stati spesi, se in qualche modo anche noi, con la nostra vita, abbiamo portato un contributo alla società, l’abbiamo resa migliore o non ci siamo mai occupati d’altro, magari, lavorando per procurare quel benessere necessario alla nostra famiglia. Si dirà di noi che siamo stati bravi lavoratori, onesti uomini, buoni genitori.
E come cittadini come riteniamo di valutarci? Non abbiamo proprio nulla di noi da mettere a servizio della città, della convivenza civile, del benessere sociale?
Comprendo le molte delusioni della vita – più è lunga e più ne offre – ma l’esperienza umana, maestra di vita, consente anche una capacità critica tale da riconoscere sia gli errori che le responsabilità.
Chi ha la mia età ha vissuto un tempo che ha visto un passaggio culturale unico nella storia tra il novecento e il terzo millennio. Siamo nati durante il conflitto mondiale che ha seminato morte, violenza, odio tra i popoli e miseria e malattie in ogni famiglia. Siamo sopravvissuti, non solo, abbiamo messo su un popolo costruendo sulle macerie, formulando leggi, organizzando circoli culturali e associazioni di lavoratori – a vari livelli e per tutte le categorie – ci siamo dati delle regole di convivenza, di rispetto reciproco … , abbiamo costruito un’ Italia Libera e Democratica, permettendo a tutti i cittadini di essere italiani sia che abitassero ai confini delle Alpi che sulle sponde del mare, sia in una metropoli che in un piccolo borgo rurale. Abbiamo fatto l’Italia e siamo diventati Popolo Italiano.
E come Italiani siamo andati oltre, abbiamo costruito ponti con i nostri vicini dell’Europa e del Mediterraneo; abbiamo voluto condividere con alcuni di loro accordi di pace, patti di amicizia, di scambio e di solidarietà. Abbiamo fortemente desiderato e molto operato perché i popoli dell’Europa fossero un unico popolo, camminassero insieme verso un benessere comune, fino a volere una moneta unica, un mercato unico, una legislazione condivisa nei valori e nei percorsi di sviluppo e di aiuto reciproco.
I nostri ragazzi studiano in Scuole ed Università che si riconoscono uniti nei programmi, nei metodi, nelle mete da raggiungere, parlano molte lingue e arricchiscono il loro patrimonio culturale nello scambio reciproco delle tradizioni e degli stili di ogni luogo, dove essi si trovano e si muovono. Loro sono già Europei!
E’ bello tutto questo, ma quanto è costato! Ma non basta. Oggi a noi tutti, giovani, adulti e anziani spetta un compito molto impegnativo nei confronti del futuro: arricchire di nuovi motivi e ulteriori contributi i valori di questo cammino e non permettere che sia buttato al vento e disperso per superficialità o per incuria di molti.

Non c’è un  bene individuale senza un bene comune

Ciò significa che ogni abitante della terra prenda consapevolezza che non esiste un bene individuale senza un bene comune. Non si costruisce una comunità senza la responsabilità di ciascuno. Non si realizza un progetto senza la partecipazione di quanti saranno i beneficiari.  La città è il luogo dei suoi abitanti, nessuno è esonerato dal godere dei benefici della sua appartenenza, nessuno è esonerato dalla responsabilità del dare il proprio contributo per la sua crescita e per il suo migliore benessere.

Astenersi dalla politica è astenersi dalla cittadinanza, è lasciarsi vivere come “ospiti” non graditi. Farsi servire nella propria città e nella propria terra è un vivere senza cittadinanza. Il cittadino non subisce, ma contribuisce a costruire la città, la comunità umana dove vive secondo i suoi valori e i suoi bisogni, con i mezzi di cui dispone, partecipando attivamente e non da parassita o da critico in poltrona.
Se oggi ci disgusta andare a votare o non ci fidiamo di chi si presenta disponibile a rappresentarci, chiediamoci: “Che cosa abbiamo fatto per formare dei cittadini capaci di rappresentarci?”
“Chi deve formare alla cittadinanza, all’assunzione di responsabilità, ai valori dell’onestà, del rispetto dell’altro, della verità, della libertà, della giustizia e quant’altro?”.
Se noi adulti ci asteniamo dall’educare, dal partecipare, dal dare modelli di vita, contenuti e significati validi a tutto ciò che facciamo, pur nel breve tempo in cui viviamo, non lamentiamoci.
Se il mondo oggi non ci piace come va, riconosciamo le nostre omissioni e le nostre responsabilità e – finché siamo in tempo – adoperiamoci e facciamo la nostra parte di cittadini adulti – e perché no? – anche di cattolici!

                                                                                              Teresa Scaravilli

 

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