Il Senato degli Stati Uniti ha approvato di recente una normativa – denominata “No Child Left Behind” – che pone le basi per una revisione del sistema educativo federale. La legge, sostenuta da Repubblicani e Democratici, ora è in marcia verso il Congresso. Commenti positivi dal mondo scolastico. Anche se i problemi non mancano.
Anche in America si sta discutendo animatamente su come riformare il sistema federale dell’istruzione. Un progetto di legge ha tenuto banco per anni nelle discussioni politiche fra repubblicani e democratici, al Congresso e al Senato. Si tratta di una legge denominata enfaticamente e significativamente “No Child Left Behind” (“Nessun bambino sia lasciato indietro”).
Dibattito in corso. La settimana scorsa il Senato degli Stati Uniti ha approvato una normativa che mette le basi per la riforma del sistema educativo americano, un sistema che è regolato da una legge scritta cinquant’anni fa. L’approvazione del Senato è stata bipartisan con soli 17 voti contrari. Social e commentatori politici hanno espresso molto entusiasmo per questo storico passo avanti. I giornali americani hanno sottolineato che il provvedimento votato dal Senato potrebbe “mettere la parola fine al capitolo in cui è sempre stato il Governo federale a stabilire le regole”. Il tema è complesso e il dibattito, negli Usa, nonostante il voto apparentemente pacificatore del Senato, è tutt’altro che “pacifico”. Il nodo sta nella valutazione dei programmi e delle performance scolastiche, quello che in Italia è gestito con le cosiddette prove “Invalsi”. I democratici, Obama in testa, spingono da anni perché siano adottati sistemi di valutazione universale e che questi sistemi siano caratterizzati da un rigido sistema “garantista”.
“Nessuna discriminazione”. Nel dibattito è stato inserito, un po’ forzosamente, anche il tema del rispetto delle differenze di genere fra i bambini. “Non ci devono essere discriminazioni per gli studenti Lgbt”, dicono i democratici. “Nessun bambino sia lasciato indietro”, appunto. I repubblicani, invece, hanno fatto pressioni per una totale liberalizzazione (all’americana) delle dinamiche decisionali degli Stati nazionali.
Il ruolo degli Stati. Dopo anni di lotta politica senza esclusioni di colpi, la normativa “No Child Left Behind” si è conquistata molti nemici e di fatto, dal 2007, si è arenata nelle sabbie mobili della politica di Washington. La settimana scorsa il Senato ha così virato su un compromesso che è stato ribattezzato subito “Every Child Achieves Act” (“Ogni bambino realizza”). Secondo le nuove disposizioni approvate dal Senato, il potere decisionale tornerebbe agli Stati che avrebbero finalmente, per legge, la possibilità di elaborare e gestire sistemi di valutazione autonomi. Nelle frasi piene di entusiasmo dei repubblicani tornano gli stessi concetti di sempre: “Mai più riforme dall’alto verso il basso”, “Mai più interventi obbligatori da Washington”, “Basta con lo strapotere dei burocrati”, “Ogni educatore conosce la propria comunità”. Gli analisti però sono molto più cauti. La legge approvata dal Senato non è “di destra”, si affannano a spiegare e, sottolineano, è appena iniziato il tiro alla fune legislativo.
Il “compromesso storico”. Nonostante i distinguo e le sfumature, gli educatori Usa intanto sembrano veramente entusiasti. Il voto del Senato ha infatti sbloccato una situazione che si stava incancrenendo. Gli autori del “compromesso storico”, i due senatori Lamar Alexander, repubblicano, e Patty Murray, democratico, stanno vivendo un momento di gloria. “Il Senato ha dimostrato che non solo c’è ampio consenso sulla necessità di riformare la normativa ma che c’è anche un ampio consenso su come risolvere il problema”, ha affermato Lamar Alexander. Una parte del successo dell’iniziativa del Senato è dato dal fatto che questo progetto legislativo non cambierà molto nella prassi quotidiana. Sono 43 gli Stati che, per concessione dell’amministrazione Obama, possono già oggi gestire il sistema educativo nazionale in modo più autonomo e liberale. Nel cammino verso il Congresso, il progetto di legge comunque corre ancora molti rischi. Il disegno di legge “dà agli Stati membri una maggiore flessibilità, ma include anche guardrail federali per assicurarsi che tutti gli studenti abbiano accesso a una istruzione di qualità”, ha detto il democratico Patty Murray. Alcuni senatori, però, non sono convinti che questo sia sufficiente per garantire la parità di accesso a un’istruzione di qualità.
Rino Farda