Avviato l’iter legislativo. Il ddl introduce il principio dello “ius soli temperato” e dello “ius culturae” per i minori stranieri che arrivano in Italia prima dei 12 anni. Perplessità da parte del mondo cattolico perché non si dà risposta alle migliaia di adulti che aspettano di diventare cittadini italiani
I minori stranieri potranno diventare cittadini italiani con più facilità? L’iter legislativo è appena iniziato ma il testo della riforma della legge sulla cittadinanza già divide. La Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati ha approvato il 4 agosto il testo unificato che raccoglie le 24 proposte di legge sulla modifica della legge 91/92. Il ddl introduce il principio dello “ius soli temperato” e dello “ius culturae” per i minori stranieri che arrivano in Italia prima dei 12 anni. Per i minori di 12 anni il requisito è la conclusione di un ciclo scolastico di cinque anni (ius culturae), mentre per i ragazzi tra 12 e 18 anni, oltre ai cinque anni di scuola, è richiesta la permanenza stabile e regolare in Italia da almeno 6 anni. Lo “ius soli temperato” concede invece la cittadinanza a chi nasce in Italia da un genitore residente legalmente in Italia da almeno 5 anni, senza interruzioni. La discussione nell’aula della Camera inizierà a settembre, ma ci sono già forti contrasti, come prevedibile, tra le forze politiche. Le associazioni apprezzano il piccolo passo in avanti ma temono anche di raccogliere pochi frutti da una battaglia iniziata due anni fa, con la presentazione di una proposta di legge d’iniziativa popolare da parte della campagna “L’Italia sono anch’io”, che aggrega realtà cattoliche e laiche. In effetti il testo attuale è già frutto di un compromesso politico, visto che il giorno stesso in cui il testo è stato depositato alla Camera, la correlatrice, Annagrazia Calabria (Fi), ha rimesso l’incarico perché lo considerava “troppo ideologico”. Il provvedimento approvato è stato presentato da Marilena Fabbri (Pd), ma è venuta via tutta la parte che riguardava gli adulti, ossia la possibilità di abbassare a otto anni i tempi della “naturalizzazione” per gli stranieri che arrivano in Italia. Ora bisogna attendere dieci anni per poter richiedere la cittadinanza italiana. Tra le organizzazioni aderenti alla campagna “L’Italia sono anch’io” i pareri sono diversi. La rete G2 che riunisce i giovani stranieri delle seconde generazioni si dice soddisfatta ma anche preoccupata perché il requisito di residenza legale – anziché attenersi al permesso di soggiorno – potrebbe complicare il percorso. L’Arci teme invece mediazioni al ribasso durante la discussione a settembre. Anche nel mondo cattolico le posizioni sono un po’ sfumate.
Caritas, “un primo passo ma velocizzare la prassi”. Lo “ius soli temperato”, che facilita le norme per l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte di minori stranieri nati in Italia o residenti da più anni purché rispettino la frequenza scolastica o abbiamo almeno uno dei genitori residenti, “è già un primo passo”. A patto che “le procedure per il riconoscimento siano velocizzate, a normativa vigente e riformata”. È il parere di Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. “Da un lato, è un segnale di vita da parte del legislatore – osserva Forti -; insieme ad altre realtà abbiamo depositato già due anni fa una proposta d’iniziativa popolare per la cittadinanza. Dall’altro, è chiaro che il nuovo testo è un pot-pourri di varie proposte, che però non tiene conto del diritto dei cittadini maggiorenni a ricevere la cittadinanza”. In ogni caso, dichiara, “le condizioni dello ius soli temperato non sono particolarmente stringenti, quindi per noi sono accoglibili”. È necessario però, precisa, “intervenire anche sulle procedure: oggi sono necessari anche tre o quattro anni per il riconoscimento della cittadinanza, tempi davvero troppo lunghi. Se non si interviene sulle prassi si rischia di snaturare lo sforzo della normativa”.
Migrantes, “una riforma a metà”. “È una riforma a metà, un accordo e una mediazione al ribasso”: così monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. Il testo, spiega, è “interessante ma debole perché riguarda solo i minori ma non interviene sulle migliaia di adulti che aspettano di diventare cittadini italiani. Nel testo originale si chiedeva la diminuzione degli anni di residenza, l’accelerazione dei tempi, invece in questo c’è solo un consenso sui minori. Va nella linea di uno ius soli allargato ai minori ma non interviene sugli adulti”. Il direttore della Migrantes ricorda che il 30 luglio scorso era stata diffuso un intervento congiunto della campagna “L’Italia sono anch’io”, nel quale si chiedeva una riforma della legge più estesa. “Speriamo che da settembre in poi ci possa essere una ulteriore riforma che riguardi tutti gli aspetti complessivi della cittadinanza”, auspica monsignor Perego.
Patrizia Caiffa