Il mito per i Greci era un racconto serio. I poeti lo visitavano e sempre con grande attenzione. Direi con rispetto. I Greci di ogni età, e particolarmente i poeti dell’Ellenismo i quali, accogliendolo dalla tradizione, lo rivestono di una forma (il lessico aulico e solenne, la metrica perfetta) che ha una eleganza tale, sempre sobria e mai eccessiva, che ancora oggi ci sorprende per la sua bellezza. I poeti ellenistici sembra che vogliono gareggiare con la tradizione. E non è detto che ne escano sconfitti. Anzi.
È il caso di Callimaco, i cui Lavacri di Pallade sono stato costretto a rileggere, in questi ultimi giorni, come per riconciliarmi con Tiresia e la sua cecità. Un mito sublime, che, purtroppo, alcuni scrittori contemporanei hanno ridotto a racconto sciocco, addirittura banale, di quelli che ascoltiamo nei saloni dei barbieri.
Ed invece è un racconto sacro.
Un mito.
Un paradigma della realtà, quando ci soffermiamo a cogliere i particolari: quei particolari che sfuggono ai più. Perché la poesia antica è attentissima ai particolari. Non è generica, superficiale, ridanciana. Per non parlare della Natura (le ore meridiane: mesembrinaì) che fa da cornice stupenda all’avvenimento.
Alfonso Sciacca