Rivisitiamo la vicenda ripostese balzata agli onori della cronaca come la “Comunione negata a una malata”. E due settimane dopo risentiamo i protagonisti: Maurizio Buscemi Bongiorno, che ha denunciato il caso con un comunicato stampa, il parroco don Daniele Raciti e il ministro straordinario dell’eucaristia Orazio Croce. Dai tre brevi colloqui è emersa qualche novità importante.
Comunione alla donna malata: la rivisitazione di Maurizio Buscemi Bongiorno
Maurizio Buscemi Bongiorno riconosce che l’avere denunciato pubblicamente la negazione dell’Eucaristia a sua madre lo espone a essere considerato uno che ha qualche risentimento con la Chiesa, se non un anticlericale. E ci tiene, sorridendo, a ricordare che è stato catechista e organista, socio dell’Azione Cattolica, studente di filosofia e teologia all’Istituto teologico “San Tommaso” di Messina…
Si ferma perché lo interrompiamo con alcune domande insolite.
Frequenta la Chiesa?
Sì, certo; sono praticante e – ci tiene ad aggiungere – vivo la vita liturgica.
Riconosce l’autorità del vescovo e delle altre gerarchie?
Naturalmente. Tanto è vero che mi sono rivolto al vescovo, mons. Antonino Raspanti, e gli ho parlato. Di più: nel momento in cui mi sono congedato, consideravo chiusa la questione.
Quale decisione si aspetta?
Ho fiducia nel discernimento del vescovo.
Che cosa si auspica?
Che ci siano meno autoreferenzialità e meno clericalismo.
A più riprese ha parlato molto di amarezza, dispiacere e dolore. Vuole specificare meglio?
Sono i sentimenti che ho provato perché mia madre, se pure malata, è il bene più grande che ho. Non ho inteso prendermela con nessuno in particolare. Spero solo che non accada più ad alcun malato.
Ma perché la denuncia pubblica?
Perché, dopo avevo atteso invano per cinque giorni la santa Comunione per mia madre, mi sono ricordato delle seguenti parole di Santa Caterina da Siena: “A forza di silenzio il mondo è marcito”.
Comunione alla donna malata:la rivisitazione di don Daniele Raciti
Don Daniele Raciti guida le comunità ripostesi di San Giuseppe e di Maria Santissima del Carmelo, nella cui canonica ci riceve. Sul tavolo immaginette del beato Rosario Livatino e della Giornata del malato. Gli diciamo che non intendiamo farci raccontare, per l’ennesima volta, come è andata la vicenda. Ma fare un passo avanti. La nostra prima domanda è secca e quasi brutale.
Se Maurizio Buscemi Bongiorno la chiamasse per chiedere la comunione per la madre, cosa farebbe?
Ci andrei subito, compatibilmente con gli impegni di quel momento. L’incontro sarebbe anche utile per riconciliarci. Come dissi – sottolinea – al ministro straordinario Orazio Croce, quando mi chiese l’ostia consacrata per la mamma di Maurizio.
Può essere più preciso?
Domenica 7 aprile quando il prof. Croce mi disse che Buscemi Bongiorno gli aveva chiesto di dare la comunione alla mamma, abbiamo avuto un colloquio breve. Dissi che non incontravo la signora da un anno e che avrei voluto andarci io. Anche per incontrare il figlio, con il quale avevo avuto delle incomprensioni. In verità, mi aspettavo che mi chiamasse uno dei due, Orazio o Maurizio.
Allora si tratta di un equivoco?
Non tocca a me giudicare. Io posso dire che accudire i malati è una delle attività continue, come è giusto che sia, per un sacerdote; in parrocchia ci siamo organizzati anche per recitare il Rosario nelle abitazioni degli infermi. Che vado a visitare anche da solo, oltre che assicurare la Comunione a quanti la chiedono.
La mamma di Maurizio non la vedo da un anno; è più che giusto che la incontri, magari pregheremo insieme. Occorre solo che ci accordiamo.
Comunione alla donna malata: la rivisitazione di Orazio Croce
Ed ecco la dichiarazione fornitaci dal prof. Orazio Croce, ministro straordinario dell’Eucaristia ad actum.
Confermo di non volere rilasciare, nel merito della vicenda, alcuna dichiarazione agli organi di stampa, perché ritengo che il mio unico interlocutore sia il Vescovo, mons. Antonino Raspanti, depositario della mia testimonianza già resa al vicario mons. Agostino Russo. Al quale ho dichiarato come esattamente si sono svolti i fatti, per quanto di mia conoscenza, senza aggiungere considerazioni personali.
Mi rimane – conclude il ministro straordinario – l’amarezza di essere stato coinvolto, mio malgrado, in una vicenda delicata, nella quale rischio di vedere sviliti ruolo e reputazione nelle Comunità parrocchiale e diocesana.
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