In cambio dell’impegno a svolgere un ruolo stabilizzatore nella delicatissima area mediorientale, sotto attacco del fondamentalismo islamico, gli Stati Uniti garantirebbero all’Iran di restare un Paese vicino alla “soglia nucleare”. Dunque, in grado di sfruttare i vantaggi del nucleare civile. La speranza di ottenere l’allentamento delle sanzioni che gravano sulla popolazione.
A luglio è stato fissato il punto limite dei negoziati sul nucleare iraniano. Sarebbero convergenti gli interessi
degli Stati Uniti e della Repubblica Islamica per limitarlo agli scopi civili, anche se permane l’ostilità dei gruppi conservatori presenti nei due Paesi. L’Iran, che in questo momento ha rapporti privilegiati, soprattutto economici con la Cina, può svolgere un ruolo di eccezionalità nello scacchiere mediorientale.
Un anno di negoziato. La questione del nucleare iraniano, che si trascina in negoziati che durano da oltre un anno, può influire in maniera determinante sull’intera questione mediorientale e in particolare sulla situazione molto pericolosa di Iraq, Afghanistan e Siria. In cambio dell’impegno di svolgere un ruolo di stabilizzatore in quei Paesi, gli Stati Uniti garantirebbero all’Iran di restare un Paese vicino alla “soglia nucleare”. È quanto ha rivelato alcuni giorni fa la Radio militare d’Israele, rispetto agli ultimi colloqui che sono intercorsi tra il segretario di Stato Usa John Kerry e l’omologo iraniano Mohammad Javad Zarif.
Un compromesso. È certo che i negoziati con l’Iran – che dovrebbero terminare a luglio di quest’anno, con una tappa intermedia fissata per marzo – prevedono un compromesso che consentirebbe, secondo alcune fonti, di conservare buona parte della propria tecnologia sull’uranio arricchito, in cambio di una riduzione delle capacità di Teheran di produrre armi nucleari. Le 10mila centrifughe iraniane dovrebbero essere riconfigurate, per ridurre il totale di uranio arricchito che producono, che sarebbe per la maggior parte esportato, in modo che nel Paese non resti una quantità sufficiente a produrre la bomba. Segnali certi portano a ritenere che le autorità iraniane – che devono governare una situazione sociale su cui gravano in maniera pesantissima le sanzioni economiche occidentali – abbiano necessità di chiudere l’accordo al più presto, superando l’opposizione dei gruppi più conservatori, presenti sia in Iran sia negli Stati Uniti. Potrebbe essere proprio l’inasprimento delle sanzioni la causa del fallimento del negoziato ed è su questo punto che l’amministrazione americana dovrà fare i conti con le posizioni della maggioranza del Congresso.
L’eccezionalità dell’Iran. Nell’area mediorientale, la Repubblica Islamica dell’Iran rappresenta un’eccezione, rispetto a una situazione esplosiva, conseguenza dell’esito delle cosiddette “primavere arabe” e dall’affermazione di forze non statuali e destabilizzanti, come l’Isis. Contro lo Stato islamico combatte la coalizione internazionale capeggiata dagli Stati Uniti, con la quale cooperano di fatto i soldati iraniani. L’Iran, che possiede quasi il 10% delle riserve mondiali di petrolio (157 miliardi di barili di greggio in riserve accertate) e il 17% di quelle di gas naturale, può anche svolgere un ruolo cruciale rispetto alla questione dell’approvvigionamento energetico dell’Occidente.
Il ruolo della Cina. C’è anche da registrare, in questo scenario, l’alleanza che si è prodotta negli ultimi anni tra Iran e Cina, soprattutto relativamente alle relazioni economiche: nel 2014, le importazioni cinesi di greggio dall’Iran sono cresciute, rispetto all’anno precedente, del 35,5%. Se, per un verso, quest’alleanza potrebbe costituire un pericolo per gli interessi americani nell’area del Golfo, il ruolo della Cina può anche essere considerato un’opportunità, perché il più grande Paese asiatico può esercitare la sua influenza – politica ed economica – sulla Repubblica Islamica, al fine di garantire la cessazione del programma nucleare iraniano a scopo militare.
Umberto Sirio