Giornata di grande festa, ricca di entusiasmo ma anche occasione di profonda riflessione quella svoltasi nel Centro di riabilitazione Villa Angela a San Giovanni La Punta. Protagonisti della “Festa di Primavera” ben 450 disabili mentali provenienti dai centri di riabilitazione della Sicilia orientale che, accompagnati dai loro operatori e responsabili, sono stati coinvolti in giochi, gare e animazione. “La festa di primavera è una sintesi della gioia collettiva che i ragazzi vivono qui tutti gli anni, giorno dopo giorno. Inoltre è occasione di incontro e confronto con le altre realtà, impegnate come lo siamo noi, nel campo della disabilità”. A parlare è Padre Ugo Aresco. Salesiano, nato a Melilli, ha iniziato il suo apostolato l’8 dicembre del 1945, tra i poveri del quartiere palermitano di piazza Ranchibile. Da sempre iscritto ad Azione Cattolica, rettore della chiesa di S. Agata La Vetere, cura la formazione e le attività ricreative dei ragazzi, in particolare dei diversamente abili, per i quali ha fondato nel ‘64 Villa Angela. “L’idea di aprire qui a catania un centro che rivolgesse le sue attenzioni alla branca della disabilità, offrendo una svariata gamma di servizi e di attività educative, socio-sanitarie e socio-assistenziali è stata del prof. Angelo Majorana – afferma don Ugo -. “All’inizio ero restìo ad assumere l’incarico di coordinatore, poi però ho accettato e da allora è stato un continuo crescere!”.
Fondamentale è il campo di cure adottato, diventato sempre più particolare e specifico. “Le prestazioni riabilitative erogate – precisa padre Aresco – non si possono paragonare a quelle generiche post-traumatiche. I nostri ragazzi devono essere non solo riabilitati ma, è necessario anche condurli verso condizioni dignitose e quanto più umane possibili, tramite attività di recupero e attraverso un trattamento globale della loro persona”. La visione medica e assistenziale che tendenzialmente oggettivizzano la persona vanno parimenti con la visione educativa la quale afferma l’esistenza di un soggetto con qualità, valori e diritti. Individuare le capacità latenti piuttosto che investigare le carenze, considerare le emozioni, l’affettività, il valore del gioco, dello stare insieme agli altri, aiuta a ritrovare la fiducia e la gioia di vivere. “La vita dell’uomo è una corsa sociale – spiega don Ugo -. Un continuo rapportarsi con gli altri! Una volta i bambini disabili restavano chiusi in casa perché ci si vergognava a farli vedere in giro! Anche la mamma ci restava per non lasciare da solo il figlio, finendo così per mortificare la propria vita.
Oggi, invece, anche le famiglie sono seguite dalle nostre assistenti sociali, che le aiutano a superare le difficoltà. I genitori vengono incoraggiati a ‘vivere’ nel migliore dei modi la loro sofferenza e a gioire con speranza dei miglioramenti dei propri figli”. ‘Punto dolens’ resta il rapporto con la società. “La nostra è una società che non riesce a superare l’egoismo – afferma padre Aresco – per cui accetta i disabili, purchè siano gli altri ad occuparsene. Da ciò si evince una consistente mancanza di sensibilità. I nostri amici disabili hanno la stessa dignità umana dei cosiddetti normali. Anzi, spesso è proprio il diversamente abile a sviluppare un’umanità più ricca, una consapevolezza di sé e del mondo circostante più profonda”. Non si tratta di ‘giocattoli rotti’: ciascuno di noi è unico e irripetibile ed è dono per gli altri. Caterina Maria Torrisi