Oggi il contesto pastorale è in continua mutazione. I fedeli più maturi sono consapevoli di questa fotografia attuale. Si è passati dai preti perenni a quelli delle collaborazioni pastorali. No, non vogliamo fare qui un confronto tra prima e dopo. La nostra rubrica sui sacerdoti secolari vuole far emergere la storia e il pensiero dei primi protagonisti.
Pensiamo a padre Alfio Maccarrone e il piccolo borgo di Santa Maria la Scala, oppure a padre Francesco Panebianco, recentemente scomparso e la parrocchia di Maugeri.
Il lungo cammino di questi benemeriti sacerdoti con i fedeli a loro affidati dal vescovo ha segnato sia la loro vita sacerdotale che quella comunitaria delle parrocchie.
Tra i sacerdoti che abbiamo scelto di intervistare in questa nuova puntata della nostra rubrica “sacerdoti secolari” ecco padre Giambattista Rapisarda, oggi settantanovenne, per trent’anni parroco di Fiumefreddo di Sicilia.
Don Giambattista Rapisarda
Nasce a Fiumefreddo di Sicilia il 28 marzo 1944. Sotto il vescovato di monsignor Pasquale Bacile viene ordinato sacerdote il 23 luglio del 1967 insieme ai compagni di seminario Gaetano Lo Giudice, Giuseppe Crimi e Attilio Gangemi. Ha frequentato la Pontificia università lateranense e il Pontificio istituto liturgico Sant’ Anselmo di Roma, conseguendo la licenza in Teologia con specializzazione in Pastorale e la laurea in Santa Teologia liturgica nel 1973.
Ha insegnato nella Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo e nello Studio teologico San Paolo di Catania. In diocesi don Giambattista Rapisarda ha guidato gli uffici Catechistico e Liturgico, insegnando liturgia negli istituti di scienze religiose Sant’Agostino e di Musica Sacra. In alcuni istituti acesi e catanesi è stato insegnante di religione cattolica. La sua vocazione nasce nella sua Fiumefreddo. Il suo cammino pastorale iniziò il 6 gennaio del 1985 in qualità di vicario parrocchiale. Assunse la guida della parrocchia Maria Santissima Immacolata ufficialmente l’8 dicembre del 1990, nominato dal vescovo Malandrino. Dal 1986 al 1991 ha guidato anche la piccola parrocchia di Santa Venera, sopra Mascali, e per un periodo come amministratore pastorale di Pasteria (Calatabiano).
Padre, il suo legame con Fiumefreddo è un dato inconfutabile. Ci sono degli eventi storici che hanno segnato il suo cammino vocazionale e sacerdotale?
Vorrei ricordare due date. Gli eventi prodigiosi della Madonna delle Lacrime di Siracusa del 1953, un momento che colpì molto la mia giovinezza. E poi l’anno dopo, il 1954, il centenario del Dogma dell’Immacolata. Ricordo che quell’anno sostò a Fiumefreddo una particolare fiaccola attorno alla quale ci riunivamo nella preghiera.
Possiamo dire che la sua, quindi, è una vocazione forgiata dalla Madonna.
Si, è proprio così. I miei abitavano e lavoravano di fronte la chiesa dell’Immacolata a Fiumefreddo. Loro avevano una macelleria. Mi dicevano: ‘Vai tu a messa per noi’. I preti di allora erano padre Filippo Catalano e padre Mario Strano. È così che cominciai a sentire la vocazione alla vita sacerdotale.
Don Giambattista Rapisarda, ci parli dei primi giorni di seminario e dei suoi insegnanti.
In Seminario i primi giorni furono non facili perché si passava dal calore della famiglia all’ambiente rigido degli studi. Ricordo il mio rettore monsignor Giosuè Russo, esigente e dal forte carattere. Al ginnasio ebbi come insegnate di Latino monsignor Salvatore Arcifa, mentre monsignor Ignazio Cannavò come insegnante di Storia dell’arte. Poi al seminario monsignor Pelluzza per Filosofia e Sacra scrittura, monsignor Leotta per Teologia.
Ci sono delle figure che hanno lasciato un’impronta su di voi?
I sacerdoti Giuseppe Costanzo e Giuseppe Cristaldi. Ci spiegarono il post Concilio e i lavori conciliari. Quello fu un momento particolare segnato dalla dimensione globale ecumenica pur ribandendo la dottrina morale. Sono legato inoltre alla figura di San Pio X, pastore affabile e sensibile alla liturgia, e San Pio da Pietrelcina che incontrai negli anni ‘60.
Immagino sia stato un incontro eccezionale quello con il frate di Pietrelcina. Cosa l’ha colpito?
L’incontro con San Pio avvenne a San Giovanni Rotondo nel settembre del 1960. Ero di ritorno dal convegno dei seminaristi a Torino. Quello che mi ha colpito del frate fu il suo celebrare l’Eucarestia contemplando il mistero della sofferenza. Fu grazie a questa esperienza che capìi quanto fosse importante per un sacerdote mettere al centro l’Eucarestia. È in quel momento che ho promesso a me stesso, una volta diventato sacerdote, che avrei curato in modo particolare il sacramento dell’Eucarestia cercando di imitare la contemplazione e la devozione che mi ha trasmesso San Pio in quella messa senza omelia durata un’ora. Messa in cui ho avuto la possibilità quasi di toccare con mano il mistero di Cristo Crocifisso.
Una fotografia sulla società di oggi: ha una cura da suggerirci?
Dopo gli effetti di una globalizzazione dirompente e che continua ancora oggi, a breve credo che ci sarà il desiderio di ritornare alla dimensione spirituale. Mi auguro in tal senso una rinascita spirituale. Abbiamo vissuto diciamo un periodo di ubriacatura, e non penso possa durare per sempre. La carenza più grossa della società di oggi è la mancanza della preghiera.
Lei ha parlato di rinascita. Chiudiamo con un messaggio di speranza.
Mi rivolgo soprattutto ai giovani. Occorre tornare alla preghiera, riscoprire il senso delle cose, avere il coraggio del distacco delle cose e tornare alla vita spirituale.
Domenico Strano