Salute / Invecchiamento della popolazione e demenze. Fondamentale l’attività preventiva delle patologie

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Pubblichiamo un breve saggio del dott. Rosario Bertino, neurologo, sulla cosiddetta “demenza senile”. Questa è la sintesi della relazione presentata dallo specialista nel corso di una conferenza tenutasi a Guardia il 26 marzo scorso, della quale si è occupata anche la nostra testata (https://www.vdj.it/?p=47846). Un ulteriore approfondimento dell’argomento – sempre con la presenza del dott. Bertino – sarà effettuato il prossimo sabato, 20 maggio, alle ore 18,30, nei locali della parrocchia San Paolo di Acireale.

“Assaporare nel cuore l’amara dolcezza, la triste soavità della nostalgia, intenti a rivedere nel cuore le persone e i luoghi che mai rivedremo, a rivivere la vita che un giorno vivemmo” (Giuseppe Capogrossi).

La memoria. – È il legame con la vita, ciò che ci permette di ripercorrere con la mente il solco dell’esistenza, laddove il seme già germoglia, onde assicurare continuità a quel formidabile fil rouge che disegna l’ineusauribile traiettoria della vita. Se poi sia la degenerazione delle cellule dell’ippocampo, oppure di quelle dell’area tegmentale ventrale, a costituire il primum movens della cascata deleteria che ha per risultato la patologia demenziale, lo chiariranno ulteriori studi che potranno privilegiare un meccanismo dopaminergico, a discapito del classico meccanismo colinergico, all’origine della patologia demenziale. Ciò fa parte della futura evoluzione delle neuroscienze e lo chiariranno, stante la complessità delle strutture nervose, illustri scienziati.

L’allungamento della vita. – Ma ciò di cui ci accorgiamo noi personalmente, nella vita di tutti i giorni, è un fenomeno che si fa via via più eclatante: l’allungamento della vita dell’uomo. Incontrare un centenario era un tempo un evento raro, quasi eccezionale; oggi invece i soggetti che hanno oltrepassato il limite dei cento anni sono sempre più numerosi (17 mila in Italia al 1° gennaio 2017) e non fanno, quasi, più notizia. Questo fenomeno dell’allungamento della vita dell’uomo porta con sé, però, un “frutto avvelenato”: il dilagare della patologia demenziale.
Le demenze colpiscono l’11% degli ultrasessantacinquenni ed il 21% degli ultraottantenni. La proiezione delle Nazioni Unite relativa alla popolazione mondiale fino al 2050 prevede che il numero delle persone affette da demenza passi dai 24,5 milioni dell’anno 2000, ai 63 milioni del 2030 e ai 114 milioni del 2050.
Tale trend, piuttosto catastrofico, è però migliorato negli ultimi anni, grazie ad efficaci strategie preventive che hanno funzionato nelle demenze secondarie di tipo vascolare; le uniche ad avere dei fattori di rischio parzialmente suscettibili di controllo.

Il dott. Rosario Bertino

La riduzione della natalità. – Al fenomeno dell’allungamento della vita media dell’uomo, dovuto ai progressi della medicina moderna, si aggiunge quello della riduzione della natalità, che contribuisce a determinare nei Paesi Occidentali, Italia compresa, un progressivo invecchiamento della popolazione. Il record minimo delle nascite del 2015 (486 mila) è stato superato nel 2016 (474 mila). In Italia, inoltre, un nato su cinque ha madre straniera (19,4% dei bambini). L’emancipazione della donna ed il suo maggiore impegno professionale e sociale hanno ridotto la sua disponibilità in senso procreativo: le ragazze decidono di avere figli in età sempre più matura (l’età media al parto è oggi di 31,7 anni), una volta conseguiti gli obiettivi di studio e di lavoro, ma talora a quel punto non sono più fertili .
Le politiche governative inoltre risultano inadeguate per incoraggiare le famiglie ad avere più figli. Al 1° gennaio 2017 in Italia i residenti hanno un’età media di 44,9 anni, due decimi in più rispetto al 2016, i soggetti di 65 anni e più superano i 13,5 milioni (22,3% della popolazione), quelli di oltre 80 anni sono 4,1 milioni (6,8%), gli ultranovantenni sono 727 mila (1,2%); dei centenari abbiamo già detto.

L’involuzione del funzionamento cerebrale. – L’indice di vecchiaia (rapporto fra popolazione di 65 anni e oltre e quella con meno di 15 anni) era in Italia al 1° gennaio 2016 pari al 161,4%, ancora in crescita rispetto all’anno precedente (157,7%). L’Italia è il Paese più anziano d’ Europa: il 22,3% della popolazione ha 65 anni e più; ( la media UE è del 19,5 %).
I soggetti in età presenile (60-65 anni ) possono andare incontro ai seguenti segni involutivi del funzionamento cerebrale: riduzione della memoria, specie recente, deficit dell’attenzione e della concentrazione, affaticamento mentale, minore interesse per la cura della persona e della casa.
Questo particolare quadro clinico viene definito MCI (mild cognitive impairment) o declino cognitivo lieve; è ancora al limite con l’invecchiamento cerebrale fisiologico ed è reversibile con opportuna terapia farmacologica ed adeguata stimolazione ambientale. È causato dal danneggiamento della membrana dei neuroni cerebrali e dalla perdita di un certo numero di essi; occorre tenerlo quindi ben distinto dalla demenza, che è vera malattia, grave e progressiva.
Numerose persone in età avanzata, anche novantenni o centenarie, mantengono intatte integralmente le proprie capacità cognitive, conservando una mente quasi giovanile: è quindi possibile invecchiare senza essere colpiti da MCI o dalla demenza; in questi casi l’età senile non è una fase di perdita, ma di cambiamento, che può anche essere positivo.

Le demenze. – Perveniamo adesso a parlare delle demenze, sottolineando soltanto gli aspetti principali, senza pretendere di fare una trattazione completa. La demenza è una sindrome clinica caratterizzata dalla perdita di varie funzioni cognitive, di cui la più importante è la memoria, specie quella dei fatti recenti, di entità tale da interferire con le abituali attività lavorative e sociali e con l’autonomia del paziente; sono alterati progressivamente anche l’orientamento, l’affettività, l’ideazione e la percezione, il comportamento e le funzioni vegetative, il linguaggio e, in fase avanzata, l’attività motoria (deambulazione, masticazione e deglutizione).
Le demenze possono essere distinte in Primarie (a carattere degenerativo e forte componente genetica), di cui la principale è la Malattia di Alzheimer (50-70% dei casi) e Secondarie (dovute ad una malattia di base); fra queste ultime ricordiamo soltanto la Demenza Vascolare, ischemica o multinfartuale, suscettibile di prevenzione, mediante il controllo dei fattori di rischio; la Demenza Mista invece è dovuta alla sovrapposizione fra demenza degenerativa e demenza vascolare.
Secondo il DSM IV (American Psichiatric Association) i criteri diagnostici per la demenza sono:

  • Presenza di deficit cognitivi multipli caratterizzati da: Compromissione della memoria recente e di uno o più dei seguenti deficit cognitivi: afasia, aprassia, agnosia, deficit del pensiero astratto e della capacità di critica.
  • I deficit cognitivi interferiscono con il lavoro ed il versante socio-relazionale.
  • Tali disturbi non si manifestano soltanto ed esclusivamente durante un episodio di Delirium (alterazione transitoria dello stato di coscienza dovuta a cause diverse).

La durata media della malattia demenziale è di 10-12 anni.

Alcuni degli intervenuti all’incontro di Guardia del 26 marzo scorso

I sintomi della patologia. – Nella fase preclinica non vi sono segni di malattia, se non a livello anatomo-patologico (scoperta solo casuale); nella fase prodromica i segni sono solo lievi e sfumati; nella fase clinica si ha, oltre alla presenza dei sintomi della malattia, la compromissione lavorativa e sociale; nella fase terminale si hanno le complicanze e la compromissione motoria (deambulazione, masticazione, deglutizione): il paziente viene spesso a questo punto istituzionalizzato; la conclusione inevitabile è l’exitus del paziente.
La demenza si manifesta con ampia variabilità di quadri clinici e nella raccolta dell’anamnesi è fondamentale sentire i parenti conviventi; vi sono numerosi test e scale neuropsicologiche che permettono di accertare la diagnosi di demenza e di distinguerne le varie forme.
La Malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza e rappresenta il 50-60% dei casi di deterioramento mentale ad esordio tardivo; al deficit di memoria iniziale si aggiungono progressivamente il disorientamento, il deficit del linguaggio, le aprassie e quindi le alterazioni comportamentali; allucinazioni, deliri di gelosia, agitazione ed aggressività, o depressione possono essere presenti sia nelle fasi iniziali, sia in quelle finali, ma più spesso in quelle intermedie .
La diagnosi di certezza della Malattia di Alzheimer è solo anatomopatologica (è al microscopio che si evidenziano le lesioni tipiche della malattia: placche senili, ammassi neurofibrillari, angiopatia amiloide).
L’età dell’esordio, la rapidità del decorso ed il livello iniziale di gravità costituiscono tutti attendibili elementi prognostici sulla futura evoluzione della malattia.

La terapia. – La terapia delle demenze è prevalentemente sintomatica e consiste quindi nel tentativo di controllare i sintomi più gravi che si presentano, con farmaci attivanti, sedativi, antidepressivi, antipsicotici, secondo la necessità. I farmaci specifici per le demenze (donezepil, rivastigmina, galantamina e memantina) riescono soltanto a rallentare l’evoluzione della malattia, attenuandone i sintomi.
Alla terapia farmacologica è utile associare un’adeguata terapia familiare che consiste nel mantenere un atteggiamento positivo di accettazione della malattia e del paziente nell’ambito della famiglia, fornendogli degli strumenti pratici che lo aiutino nella vita di tutti i giorni e lo tutelino, salvaguardandolo da ogni rischio; è anche utile attivare una terapia riabilitativa di tipo cognitivo inizialmente e di tipo motorio nelle fasi avanzate, da affiancare a quella farmacologica.
L’efficacia relativa della terapia farmacologica ai fini della guarigione della patologia demenziale, rende fondamentale la prevenzione di questa patologia, che si fonda sui seguenti interventi principali: mantenere il più a lungo possibile una vita attiva e ricca di interessi; tenere sotto controllo i fattori di rischio che possono contribuire a produrre una situazione di danno cerebrale (fumo, ipertensione, iperglicemia, ipercolesterolemia, obesità, etc.); esercitare una costante e regolare attività fisica (capace di attivare la neurogenesi); curare che l’alimentazione non sia eccessiva e si basi su cibi freschi e salutari.

Conclusione. – Per concludere queste note informative sulle demenze è doveroso accennare all’insufficienza dell’assistenza sanitaria pubblica dedicata ai cittadini affetti da demenza: farmaci quasi tutti costosi e a pagamento, insufficienti quelli dispensati nell’ambito del Progetto Kronos, che, non avendo mezzi sufficienti, non può esaurire le richieste di prestazioni farmacologiche, né quelle di prestazioni riabilitative.
Una nota di ottimismo finale riguarda i progressi delle neuroscienze, che potranno dare in futuro una risposta ai drammatici problemi sollevati dalla patologia demenziale.

Rosario Bertino

 

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