La malattia trasmessa dalla zanzara anofele è ancora diffusa in più della metà dei Paesi del mondo, ma in ben 75 nazioni l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha riscontrato una riduzione di casi pari al 50%. A livello globale l’abbassamento è stato del 37%. In calo anche le vittime, scese sotto la soglia del mezzo milione.
“Siamo a una svolta”. Dietro alle parole semplici con cui Margaret Chan, direttrice dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms – Who), ha scelto d’introdurre il rapporto 2015 sulla lotta alla malaria, c’è più di una semplice speranza. Sono i numeri, inequivocabili, a dare il senso di quanto sia stato fatto, negli ultimi 15 anni contro
questa malattia, trasmessa dalla zanzara anofele e ancora diffusa in più della metà dei Paesi del mondo: 106 su quasi 200.
Record positivi. Ben 75 di questi Stati, mostrano i dati dell’Oms, hanno però ridotto i casi di malaria di oltre il 50%. Tra questi, 58 sono riusciti addirittura a farli calare almeno di tre quarti. A livello globale, infine, l’abbassamento è stato del 37%.
Altro traguardo storico è quello delle vite salvate grazie a prevenzione e cura: le morti per malaria in tutto il mondo, nel 2015, sono scese sotto la soglia simbolica del mezzo milione. Le stime parlano infatti di 438mila vittime.
“La sfida ora è fare di più”, ha spiegato Chan, invitando a “non perdere lo slancio” che ha permesso di compiere progressi “eccezionali”. Quello registrato dall’Oms “è un dato atteso, ma ugualmente impressionante”, concorda il dottor Vinicio Manfrin, infettivologo che collabora con l’organizzazione non governativa italiana Cuamm – Medici con l’Africa, attiva in sette Paesi del continente. Proprio l’Africa è il terreno su cui intervenire con più urgenza (il 90% di tutti i decessi per malaria si verifica a sud del Sahara) ma anche quello dove i cambiamenti sono stati più impressionanti: i casi della malattia infatti sono calati più della media (-42%) e quelli mortali si sono ridotti addirittura di due terzi. Merito, ricorda il dottor Manfrin, “di tre fattori: la diffusione delle zanzariere, trattate con la permetrina, che fa da repellente per gli insetti; l’introduzione da circa dieci anni di un test rapido per la diagnosi, che non richiede più un laboratorio specializzato; l’uso dei derivati dell’artemisina nella terapia della malaria, che è diventata quindi più efficace e a basso impatto per quanto riguarda gli effetti collaterali”. Particolarmente sostenuto, conferma il rapporto dell’Oms, è stato lo sforzo per diffondere l’uso delle zanzariere, mezzo di prevenzione facile da usare quanto efficace. Dal 2000, quando appena il 2% della popolazione le usava, in Africa subsahariana ne sono state distribuite un miliardo, con il risultato di far arrivare al 55% il tasso di copertura.
Vantaggi per lo sviluppo. “Mentre l’impatto globale della malaria cala sono emerse nuove sfide”, ha notato però un altro esperto dell’Oms, il dottor Pedro Alonso che coordina il programma globale sulla malaria dell’organizzazione. “In molti Paesi – ha continuato – i progressi sono minacciati dalla diffusione rapida della resistenza delle zanzare all’insetticida. Anche la resistenza ai farmaci può compromettere gli avanzamenti recenti nel controllo della malaria”. Sulla lotta alla malattia, ricorda poi il dottor Manfrin, può incidere anche un fattore spesso dimenticato:
“Il riscaldamento globale ha fatto sì che l’area di diffusione della zanzara diventi più ampia; se negli anni ’70 si poteva dire che sopra i mille metri non ci fosse più malaria, ormai questa quota è stata superata abbondantemente”.
Importante, dunque, tenere alta la guardia, anche perché un successo in questo campo porta vantaggi notevoli alla stessa economia dei Paesi coinvolti. “Tra le conseguenze della malaria – spiega infatti l’infettivologo del Cuamm – ci sono malnutrizione, bassa crescita economica, un’erosione della capacità produttiva e delle risorse che potrebbero essere destinate allo sviluppo di altri settori”. Dal punto di vista più strettamente sanitario, poi, limitare l’impatto della malattia migliora le prospettive di categorie a rischio, come mamme e bambini. “Insieme all’incidenza della malaria è sceso, del 43%, anche il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni – commenta Manfrin – e contemporaneamente è stato dimostrato che la malattia ha un impatto anche sulla crescita dei più piccoli e sullo sviluppo intellettuale”. Nelle donne incinte, invece, a ridursi è il numero delle gravidanze che non arrivano a termine e dei parti prematuri. “Anche per questo – conclude il medico – è necessario che gli investimenti in questo campo continuino: sono legati a tutti gli indicatori di sviluppo”.
Davide Maggiore