Incontriamo Rosario Valastro, presidente regionale della Croce Rossa Italiana. Acese, avvocato, 41 anni. Sguardo sereno e modi gentili; una vita di impegno nel sociale prima da scout, adesso da anni in prima linea in Croce Rossa e in particolare nell’intensa attività per l’accoglienza dei migranti.
La Croce Rossa Italiana della Sicilia viene premiata con il prestigioso ’Henry Davison Award per l’impegno a favore dei migranti. Centinaia di sbarchi e un immane lavoro di accoglienza, chi desidera ringraziare per questo riconoscimento?
Questo premio lo abbiamo immediatamente dedicato a colori i quali senza risparmiarsi nemmeno per un attimo, giorno e notte, a Pasqua e a Natale, sotto il sole o al freddo sono stati impegnati in un’attività che non scopriamo adesso e che non è “alla moda”, ma che rappresenta da sempre il nostro campo d’azione e il modo in cui onoriamo la nostra missione: aiutare gli ultimi, chi ha perso tutto, chi è vulnerabile. Questo non ci ha di certo portato a trascurare le altre nostre attività ordinarie, abbiamo praticamente raddoppiato gli sforzi.
C’è una storia, un volto, un momento che le è rimasto particolarmente impresso e che secondo lei può raccontare bene questa incredibile momento?
Ce ne sono tantissime, ne condivido almeno un paio. La prima è quella di un siriano che portava con sé una sorta di fagotto, con i suoi risparmi e i documenti della famiglia. Questa persona faceva il mio stesso mestiere in patria, l’avvocato. Mi ha raccontato di aver lasciato la sua vita nella speranza di dare un futuro di vita ai suoi figli, qualunque fosse adesso il suo destino professionale.
Un altro ricordo forte mi riporta ad uno sbarco particolarmente difficile, le persone tratte in salvo erano completamente sconvolte per aver visto morire molti uomini in mare, molti a stento riuscivano a parlare. Allo stesso modo ricordo un altro sbarco, quando un bambino, non appena ha scorto l’emblema della Croce Rossa, si è praticamente lanciato tra le braccia dei volontari.
Ci ha fatto molto riflettere sulla grande responsabilità che abbiamo nel rappresentare un emblema che universalmente vuol dire pace, sicurezza e fratellanza. In una parola: umanità!
Gli sbarchi, come è prassi da almeno due o tre anni, non si placano nemmeno con l’arrivo del freddo. Ha senso parlare ancora di emergenza?
Assolutamente no. La fotografia della situazione attuale non ci regala un quadro di una situazione improvvisa e inaspettata, ma largamente attesa e prevedibile. Nel 2014 abbiamo avuto numeri da ecatombe, è una situazione che fa parte di un flusso migratorio che durerà ancora anni, perché dovuto a cause contingenti – l’instabilità dei paesi del Mediterraneo e le tante dittature nei paesi a Sud dell’Europa – e a ragioni storiche e politiche e dunque prevedibili – che generano i migranti economici. Quello di questi anni è indubbiamente un fenomeno epocale, ma non stiamo che iniziando a raccogliere i frutti di decenni di sfruttamento del Sud del mondo da parte delle grandi potenze. Non è dunque un’emergenza, ma una situazione cronica che le istituzioni internazionali devono impegnarsi a gestire, non può essere solo un problema italiano. Servono corridoi umanitari per chi scappa dalla morte e aiuti in loco, laddove è davvero utile ed è possibile lavorare in sicurezza con progetti di cooperazione internazionale.
I numeri della Croce Rossa Italiana confermano una grande passione per il volontariato nel nostro Paese. Come racconterebbe l’associazione ad un giovane che vorrebbe iniziare adesso?
La Croce Rossa è l’istituzione umanitaria più grande al mondo. Ed è innegabile che generi fiducia nella gente, probabilmente per ragioni storiche e per il tradizionale impegno per la tutela della vita che anche oggi persegue in senso globale. La Croce Rossa riesce anche a fornire mille occasioni formative e permette l’impegno dei volontari in campi molto diversi tra loro secondo le possibili inclinazioni ai personali.
Un’ultima battuta sulla città di Acireale che sembra avvitarsi da anni in una crisi d’identità e di valori. Il terzo settore non sembra incidere abbastanza o è davvero troppo chiedere che da qui possa partire una spinta per risollevare la città?
La nostra città ha avuto da sempre una grande attenzione al sociale. Il comitato locale della CRI di Acireale, per fare un esempio, fu uno dei primi del Sud Italia; ma anche su altri versanti dell’associazionismo come dimenticare la grande spinta impressa da don Biagio Catania che ad Acireale portò gli Scout.
Oggi per incidere bisogna associare all’impegno umanitario, l’impegno sociale e l’azione civile. Solo così il volontariato, con parole della Federazione Internazionale della Croce Rossa, può contribuire “a salvare le vite e a cambiare le mentalità”. Il volontario che vuole essere anche un buon cittadino non deve affatto limitarsi ad alimentare chi ha bisogno, ma deve impegnarsi con forza per eliminare il bisogno.
Salvo Tomarchio