Santa Venerina / La Cuba di Santo Stefano, luogo da valorizzare

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La Cuba di Santo Stefano, nel comune di Santa Venerina (CT) è un posto da valorizzare e riscoprire. Il nostro territorio ci offre sempre uno spettacolo da perdere il fiato, ma puntualmente noi non sappiamo come rendere merito a tesori simili. Siamo andati a riscoprire una perla quasi dimenticata.

La Cuba di Santo Stefano: luoghi da valorizzare

Lo scorrere del tempo e il susseguirsi delle generazioni non hanno lasciato il mondo che oggi ci circonda inalterato ma, al contrario, lo hanno arricchito di tracce tangibili di un passato che continuiamo giorno dopo giorno a scoprire. È proprio per questo motivo che il nostro territorio ci appare così ricco di tesori da tutelare e, talvolta, da riscoprire. Per farlo non bisogna andare poi così lontano. Vi sono tanti luoghi meritevoli di attenzione. Uno di questi è una chiesetta di origini bizantine poco conosciuta e abbandonata, immersa in un querceto quasi fiabesco. Si tratta della Cuba di Santo Stefano, situata a Santa Venerina (CT), a sud-ovest della frazione di Dagala del Re e a nord-est di Bongiardo.

La Cuba di Santo Stefano: cenni storici

L’antica chiesetta di origini bizantine dell’Eremo di Santo Stefano, anche denominata «cella trichora», per la sua forma perfetta di basilica a trifoglio, e «cuba», richiamo alla cupola schiacciata che sormontava l’edificio, è uno dei rari esempi, come dimostra la perfezione strutturale del naos, di arte bizantina in Sicilia. Ripercorrendo il fenomeno dell’insediamento cristiano, tra l’Alto e il Basso Medioevo, la struttura originale fu edificata tra il V-VI secolo d.C. Essa venne edificata sud-ovest della frazione di Dagala del Re e a nord-est del quartiere di Bongiardo, a valle di un imponente querceto.

Lì sorgeva anche un monastero benedettino (o basiliano) di lingua greca ma fedele al papa di Roma, dove avevano trovato rifugio monaci provenienti dai paesi che avevano subito le incursioni di Vandali, Goti e Arabi. La conquista araba in particolare e la conseguente influenza islamica sul territorio non avevano tuttavia fermato la fervente attività cristiana della chiesetta. Dopo la conquista normanna i benedettini ampliarono l’uso del monastero di Santo Stefano a cui venne aggiunta, oltre all’impegno religioso, anche lo sviluppo dei lavori agricoli. L’opera dei monaci fu interrotta dalla colata lavica del 1284-85 che arrivò fino all’eremo salvando però la chiesa. Da quel momento in poi la chiesa conobbe un lungo periodo di abbandono cui seguì un nuovo interesse a partire dal secolo scorso.

LA CUBA DI SANTO STEFANO

La Cuba di Santo Stefano: architettura

La Chiesa era costituita da una cella trichora a pianta centrale quadrata con tre grandi absidi, o abside triconca. La Chiesa era munita di finestre bifore e di un avancorpo, detto nartece, suddiviso in tre ampi ambienti che comprendevano quello che l’architetto Lojacono definì “un pozzetto formato da pietre laviche disposto a quadrato coperto da intonaco che doveva servire per il battesimo dei neofiti”. L’avancorpo, come dimostra la struttura, sembra sia stato edificato in un secondo momento. Altri elementi degni di nota, che ne hanno reso possibile la collocazione cronologica sono la semplicità e povertà decorativa e la copertura a cupola del vano centrale.

La Cuba di Santo Stefano: problemi e valorizzazione

Nonostante l’importante storia che la Cuba di Santo Stefano ha alle spalle, questo esempio di arte bizantina non sembra ancora valorizzato come meriterebbe. E’ quasi completamente sconosciuto non solo ai turisti che ne potrebbero beneficiare, ma anche agli stessi abitanti del paese. Chi ne è a conoscenza riscontra diversi problemi che rendono difficile ed impraticabile il percorso per raggiungerla. Una delle maggiori criticità è costituita dal terreno stesso su cui si trova la Chiesa di Santo Stefano. Pur essendo aperto a tutti, non è presente alcuna segnaletica necessaria ad indicare la presenza del sito e la sua posizione. A ciò si aggiunge anche l’ingresso reso difficoltoso da un cancello in cui non vi è alcuna insegna. Si trova adiacente ad un secondo cancello che conduce a dei locali privati in disuso, portando a credere, erroneamente, che anche il bosco sia inaccessibile.

La Cuba di Santo Stefano: opere di valorizzazione

Lo stato di semi abbandono della Cuba ha portato, più volte nel corso degli anni, il comune di Santa Venerina a pensare a diverse proposte di valorizzazione. L’obiettivo sarebbe rendere noto il sito a un numero sempre più vasto di cittadini, italiani e no. Il fine è potenziare una così interessante risorsa. I progetti presentati non hanno mai raggiunto una soluzione che desse una svolta definitiva alla riqualificazione, in quanto non hanno mai riscontrato un vero e proprio risvolto nell’atto pratico. Solo adesso, nel 2022, per la Cuba sembra iniziare a prospettarsi un nuovo futuro. Il mese di aprile ha visto consegnare al Comune direttamente dal presidente del GAL “Terre dell’Etna e dell’Alcantara” il decreto di finanziamento di 100mila euro dedicato alla realizzazione di un ingresso alla Trichora bizantina.

Riprendendo le parole rilasciate ai colleghi di REI Tv dal sindaco del Comune di Santa Venerina, Salvo Greco, “Il finanziamento che abbiamo ottenuto dal GAL ci consente oggi di realizzare un’accessibilità e una fruibilità del sito oggi assenti e quindi, dopo il primo passo di intervento di messa in sicurezza e conservazione delle strutture, finanziato dall’assessorato ai beni culturali, questo secondo passo segna un momento importante verso la valorizzazione completa del sito che speriamo di realizzare il prima possibile”.

Michela Foti e Claudia Patanè

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