Scrive San Paolo, a termine dell’inno sulla carità in 1 Cor 13 , che “la carità non avrai mai fine”. Ovunque ci sia una comunità presente ai più bisognosi o un cristiano che serve o ama il prossimo come se stesso …proprio li c’è il cuore “pulsante” della Chiesa: unita dall’Eucarestia, nel nome e dal messaggio di Gesù si impegna nella carità e nelle opere di misericordia spirituali e corporali…. proprio li la carità non avrà mai fine…perché la carità vera non ha “scadenze” a differenza del cibo o dei contratti giuridici.
Il Santo Padre ultimamente parla spesso della misericordia che è il più grande messaggio e sconvolgente del vangelo. Avere questi comportamenti di Misericordia significa prodigarsi con amore e cura come Gesù Buon Samaritano su quell’uomo sventurato che scendeva da Gerusalemme a Gerico (Lc 10, 25-37). In questa carità si impegnano le suore Figlie di San Camillo presenti da molti anni nella casa di riposo Villa Serena a Sant’Alfio. Questa casa è stata voluta da mons. Francesco Pelluzza, il quale rifiutò molte proposte per fare carriera ecclesiastica, che considerò come le suore trattavano i bambini e gli anziani nella casa di Roma e visto che erano presenti nell’ospedale di Acireale chiese a loro di poter gestire un piccolo asilo intitolato a “mons. Nicotra”. Quando fu aperto l’asilo le suore alloggiavano in via Marconi. Successivamente esse giunsero ad avere una piccola degenza per anziani (siamo già intorno al ‘58-60). La spiritualità camilliana di assistenza agli ammalati ed agli infermi si armonizza perfettamente con il fine che Villa Serena oggi si propone: accogliere e curare l’anziano. San Camillo raccomandava spesso ai suoi figli di aver un amore quasi materno per l’infermo, di non chiede pazienza all’ammalato ma piuttosto di offrirla, di avere il cuore nelle mani. A padre Camillo non piaceva la pietà che “tagliava le mani alla carità”.
Oggi Villa Serena è un luogo di amorevole attenzione all’anziano, dove si convive con la gioia, la pace e la serenità. Sei suore, insieme ai collaboratori, sono instancabili nel continuare l’opera di questa casa di assistenza e di cura alla terza età. Quando relazione tra assistente e malato si configura come incontro con il povero e con il bisognoso allora il rapporto con il malato può divenire luogo di comunione, di amore e di responsabilità. Le suore nel farsi presenti all’altro nel suo dolore, ovvero ai tanti anziani e malati da loro assistiti, lo aiutano: questa è opera d’amore che rende la situazione del malato una situazione di alterità, cioè di incontro fra le persone.
Riccardo Naty