Santuario di Loreto: lavori urgenti, ma non ci sono soldi

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Per il piccolo Santuario dedicato alla Madonna, venerata come vergine di Loreto, sito in Acireale,  ricorre quest’anno l’anniversario dei 461 anni dalla sua fondazione, stimata intorno al 1550, e i 45 anni dalla sua istituzione a parrocchia. Due eventi certamente importanti, avvalorati da cifre significative, che rischiano di rappresentare, però, solo una magra consolazione per quel secolare luogo di culto, che sorge su una collinetta che degrada dolcemente verso Acireale e che un tempo dominava l’esteso Bosco di Aci.

Infatti, dopo aver fornito sicuro riparo a viandanti e pellegrini dal temuto assalto dei briganti prima, ed essere divenuto meta fissa di processioni penitenziali e pellegrinaggi da tutte le parti della Sicilia poi, assiste, oggi, inerme, al lento ed inesorabile attacco di tre insospettabili nemici: tempo, umidità e incuria. In pochi sanno che l’edificazione del Santuario si deve all’eremita Giovanni Maccarrone, il quale, a proprie spese, fece costruire un ambiente che riproduceva le stesse dimensioni della Santa casa di Nazareth, nelle Marche, nel luogo dove sorgeva un altarino dedicato alla Vergine lauretana, da lui fatto costruire, precedentemente, ai margini del Bosco di Aci.

Nel tempo, grazie alle generose offerte dei pellegrini, il Santuario fu abbellito, trasformandosi, così, in un inno pittorico di gloria alla Madonna, grazie agli affreschi sapientemente riprodotti dagli artisti dell’epoca: P.P.Vasta, A.Vasta e Mario Ragonisi. Purtroppo, però, dei fasti di un tempo e della meraviglia pittorica degli affreschi,  rimane, oggi, ben poca traccia. Il logorio del tempo e l’umidità, infatti, non hanno risparmiato i grandi affreschi del Ragonisi, raffiguranti Maria bambina tra sant’Anna e san Gioacchino e san Giuseppe rassicurato in sogno da un angelo, che è possibile ammirare, oggi, solo sui libri e le riviste del tempo. Difficile per i tanti devoti, i  parrocchiani, gli amatori dell’arte in genere, assistere, impotenti, al degrado di un luogo che, oltre ad essere un’oasi di pace che induce alla preghiera silenziosa, rappresenta anche una parte di storia della nostra città. Buone notizie si profilano, forse, all’orizzonte, pare infatti, che dopo svariati appelli da parte del parroco don  Gianpaolo Bonanno, la Soprintendenza per i Beni culturali ed ambientali, accertate le condizioni pessime del sito, abbia sposato la causa, riconoscendo l’urgenza dei lavori, ma a mancare, stavolta, non è la volontà, ma i finanziamenti.

In attesa di subire la metamorfosi da brutto anatroccolo a cigno, il Santuario mariano rimane, così, ancora in attesa, un piccolo punto fermo fra la montagna e il mare, un angolo di paradiso dimenticato, sospeso tra terra e cielo.

                                                                    Daniela Leone