Come di consueto, nella settimana che precede la prima domenica di settembre, il Santuario di Vena è teatro dei festeggiamenti in onore della Madonna. Festa che quest’anno ha visto momenti di fervida preghiera comunitaria il sabato, giorno di vigilia, in occasione della Messa presieduta dal cardinale Paolo Romeo. E anche la domenica, giorno di festa, in occasione della Messa vespertina.
Entrambe arricchite dal coro degli ex militari della Brigata Alpina Tridentina, applauditi in due concerti molto apprezzati, susseguiti alle celebrazioni. Il loro ritorno a Vena dopo due anni ripropone la suggestione dei canti alpini con sfondo il mare Jonio. Su questo e sulla loro mission abbiamo raccolto alcune considerazioni del direttore, Angelo Oldoni.
Direttore Oldoni, come è scaturita l’occasione di conoscere, visitare e persino animare un Santuario così distante dal punto di vista logistico e ambientale dai più abituali scenari alpini?
Nasce da una Messa al Santuario nel 2019. Io e il mio commilitone Luca eravamo ospiti del resort Jacaranda per una vacanza con le famiglie. Myriam Pagliani, titolare del resort, nostra amica e grande devota del Santuario di Vena, ci presentò il rettore don Carmelo La Rosa. Quale organista, mi proposi di animare la messa con Luca e durante la celebrazione ci venne l’intuizione di cantare a cappella l’Ave Maria di Bepi de Marzi.
Da ciò la lungimiranza di Myriam e di don Carmelo hanno dato il la all’idea di animare la festa del Santuario con le nostre voci. Cosa resa possibile dalla grande generosità di Myriam che ha sostenuto i costi della permanenza al resort: per me e Luca Campini da Bergamo, Mario Camnasio e Paolo Corti da Como, Giacomo Biasolo da Varese, Cristiano Orlandelli da Mantova e Fabrizio Calos da Firenze.
Animati da trentennale amicizia nata durante il servizio militare, dall’amore per il canto alpino e dallo spirito di servizio che da sempre ci distinguono, viviamo con entusiasmo un’esperienza che già dal 2020 ci restituisce l’affetto e apprezzamento degli amici siciliani e la benedizione della Madonna di Vena che da allora ci accompagna.
Lo spirito del vostro coro, che annovera militari in congedo della Brigata Alpina Tridentina, vuole traslare l’amore per il canto, nell’amore per i gesti del bene e così per il bene degli altri. Direttore Oldoni, tale intento come si realizza nella vostra attività e come questa si articola proprio a tale fine?
Il Corpo degli Alpini è da sempre conosciuto in Italia e all’estero non solo per i valori che trasmette ma pure per le innumerevoli opere di bene sostenute nella più totale gratuità in decenni di attività. Ogni alpino con i propri talenti dà un contributo per il bene della società. E poi tutti insieme con le voci e il canto nella diffusione dei valori della storia alpina. Cioè la libertà, valore quanto mai scontato per le nuove generazioni, ma frutto di chi ha dato la vita per essa. Lo spirito di vera unità nei momenti difficili; il sacrificio; la fede in Dio che tutto vede e tutto sa, l’affetto per la Vergine che ci guida e ci protegge.
Il vostro ensemble rinverdisce l’eredità vocale del Coro della Brigata Alpina Tridentina. Direttore Oldoni, quanto può risultare impegnativo, coniugare la gioia dell’armonia musicale con la tristezza del ricordo di chi ha pagato anche con la vita le gesta eroiche spesso narrate nei vostri canti?
Riprendo una celeberrima frase del Vangelo «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). L’amore di chi (come diciamo noi alpini) è andato avanti, si è concretizzato in questo immenso dono, di una vita libera per le generazioni successive.
E’ vero che sia impegnativo per noi rendere tutto ciò nel canto: celebrare questo amore incondizionato con le nostre voci richiede rispetto, dedizione, credere in ogni singola nota e frase che si canta. Ciò perché il nostro messaggio canoro, per quanto triste possa essere il ricordo, tocchi e smuova l’animo di chi ascolta e apra alla speranza. L’amore unito al sacrificio porta sempre al Bene con la “B” maiuscola.
Gli alpini, per tradizione, ma in senso lato, le comunità montane, conservano il rispetto verso il sacro e così il senso religioso della vita. Direttore Oldoni, è un ossimoro sostenere che la profonda spiritualità che si effonde coi vostri canti promana anche dalla capacità di saper coltivare il silenzio?
Non è un ossimoro, anzi: il silenzio è necessariamente propedeutico e intrinsecamente legato alla spiritualità. Nel silenzio si prega; si riflette; nel silenzio entriamo in noi stessi per leggere le nostre più intime sofferenze, ma anche per riscoprire le nostre gioie più grandi. Ritengo che la montagna sia il luogo per eccellenza dove il silenzio si crea naturalmente. Dove ci sentiamo tutti più elevati ad una dimensione spiritualmente più alta e dove ogni credente si sente più vicino al Signore della Vita.
Credo che la conferma si possa leggere anche nel famosissimo brano Signore delle Cime, da noi eseguito in ognuna delle nostre esibizioni, in cui l’autore Bepi de Marzi ricorda chi è “andato avanti” e prega il Signore: lascialo andare per le tue montagne.
Una chiosa conclusiva non può che essere riservata a don Carmelo La Rosa, il rettore del Santuario. A lui chiediamo di tratteggiare in sintesi il lascito umano di questa rinnovata presenza degli alpini.
Don Carmelo, cosa resterà della visita del coro degli alpini a Vena e cosa ne porteranno con sé?
Fin dall’inizio mi sono proposto di riportare la festa ai termini religiosi, cioè una festa della Madonna e per la Madonna e solo per noi. Proporre qualcosa che sia utile allo spirito, qualcosa di educativo. Quindi quanto mai opportuna la proposta degli alpini, che hanno educato schiere di persone all’amore alla natura, alle creature e al Creatore.
Anche loro sono educatori alla preghiera, alla spiritualità e alla fede. Ci lasciano un senso di elevazione, di trascendenza e ci spingono a volare alto con la vita.
A noi non resta altro che rievocare, nel comune auspicio, il vecchio adagio… Non c’è due senza tre!
Giuseppe Longo